Yalom ci racconta due modi di decostruire la tradizione dell’ebraismo
10 Giugno 2012
Due realtà geografiche distinte – i Paesi Bassi e la Germania –, due contesti storici diversi – il Seicento e la prima metà del XX secolo –, due universi spirituali profondamente differenti – l’ebraismo e l’antiebraismo – fanno da sfondo a un romanzo apparso da pochi mesi, “Il problema Spinoza” – il cui autore è Irvin D. Yalom, psichiatra americano, già autore di biografie romanzate di alcuni tra i più noti filosofi del XIX secolo, Nietzsche e Schopenhauer –, che con sapiente maestria aggancia la vicenda esistenziale e il pensiero di Baruch Spinoza alla storia della Germania nazista.
Servendosi di una invenzione letteraria molto raffinata, Yalom intreccia, in una sorta di canone inverso, due ambienti diversissimi, raccontati con una solida competenza storiografica, che consente di approfondire il carattere di due mondi, quello della comunità ebraica dell’Olanda del Seicento e quello della Germania nazista, a partire da una serie di sollecitazioni teoriche fondate prevalentemente sul tema dei rapporti tra religione e politica. La complessa biografia intellettuale di Spinoza, infatti, animata e al contempo tormentata da un ambivalente rapporto con la tradizione ebraica, cui il filosofo apparteneva e che, tuttavia, contestava, per via, anzitutto, di un, a suo giudizio, affannoso e superstizioso ossequio dei precetti religiosi e di un’acritica lettura della Torah, rivive – costituendone un ideale controcanto – nella torbida e malata esistenza di Alfred Rosenberg, il teorico del nazionalsocialismo, nonché una delle anime dell’odio antisemita presente nella cultura tedesca del Novecento.
Facendo procedere parallelamente “verità e finzione”, Yalom scrive «un romanzo su quello che sarebbe potuto accadere» nella vita dei due protagonisti, Spinoza e Rosenberg, servendosi, intanto, della propria esperienza di psichiatra, alla ricerca della segreta ispirazione di universi interiori diversissimi, eppure legati da un sottilissimo filo; e, altresì, utilizzando uno strumento letterario di grande efficacia: il ricorso a due figure immaginarie, Franco Benitez e Friedrich Pfister, i più cari amici e confidenti, nonché i costanti punti di riferimento durante la elaborazione dei loro sistemi di pensiero, rispettivamente, di Spinoza e di Rosenberg.
Ne deriva una soluzione narrativa di grande respiro, alla cui base è possibile individuare lo sforzo spinoziano di definire teoreticamente un sistema fondato sull’autonomia della ragione, sulla potenza del costante esercizio di un pensiero libero, sganciato dalle ipoteche dell’appartenenza a un credo, in forza dell’auspicio che «una dedizione vitale alla ragione possa sradicare tutte le religioni, incluso il giudaismo»; e ancora, in maniera letterariamente molto efficace, un sistema fondato sulla possibilità di orientare le proprie scelte a partire dal fatto che «la ragione non può tenere testa alla passione, e […] l’unico modo che abbiamo per liberarci dalla passione è trasformare la ragione a sua volta in passione». D’altro canto, rivendicata dalla figura di Benitez, prende corpo in maniera parallela la dimostrazione del significato dell’appartenenza alla tradizione dell’ebraismo, la cui sostanza «ispira un senso di comunità […] e sviluppa una mitologia piena di storie e di eventi miracolosi», che costituisce la prova della potenza rassicurante del giudaismo, vissuto con il gioioso orgoglio di mantenere viva la memoria di storie, di fatti e di rituali simbolici che per millenni ne hanno costituito la forza.
La felice invenzione di Yalom, dunque, supera la, pur importante, ricostruzione di una fondamentale pagina della filosofia moderna e della storia del XX secolo, per attestarsi su un livello problematico ulteriore, che racconta e definisce due modi, del tutto antitetici, di decostruire la tradizione dell’ebraismo: uno, quello di Spinoza, profondo e autentico, animato dal criterio vivificante di una ragione presente e attiva; l’altro, quello di Rosenberg, cieco e spietato, fondato sulla disarmante e pericolosissima assenza della ragione, che ha condotto la Germania e l’Europa intera ad affrontare una delle pagine più buie della loro storia. E ancora, conferma, non già attraverso le ponderose pagine degli studi accademici, ma attraverso la “leggerezza pensosa” della letteratura, l’attualità e il valore di due classici della filosofia europea: l’”Etica” e il “Trattato teologico-politico” di Spinoza, manifesto di una rivoluzione teoretica, storica e politica che ha trasformato inesorabilmente la cultura europea.