Yemen: il nuovo crocevia del terrorismo islamico

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Yemen: il nuovo crocevia del terrorismo islamico

26 Novembre 2010

Ufficiali dell’esercito yemenita hanno rivelato al britannico Telegraph che membri del gruppo terrorista somalo al-Shabaab sono stati arrestati in un campo profughi allestito dal governo di Sana’a. Il pericolo per lo Yemen è l’infiltrazione di cellule terroristiche legate ad al Qaeda insediatesi in Somalia. “I campi profughi come quello di Al-Kharaz, che oggi ospita 18.000 rifugiati somali, potrebbero diventare il terreno di reclutamento per radicali islamici. Per le strade di Aden, ormai, è facile incontrare gente Shabaab", ha aggiunto un altro ufficiale.

Per il governo del presidente Abdullah Saleh quello dei profughi sta diventando una spina nel fianco. Siamo in un paese dove già si contano ottocentomila rifugiati e il 70% arriva dalla Somalia: in otto ore si traversa il Golfo di Aden e si lascia la brutale guerra civile del loro paese. Sulle coste yemenite, però, oltre alle vittime arrivano anche i carnefici. Per arginare l’infiltrazione dei terroristi dial-Shabaab, Sana’à renderà più difficile ai rifugiati di chiedere asilo: si sta esaminando una proposta di legge per abrogare automaticamente lo status di rifugiato a chiunque arrivi dalla Somalia mentre si cerca il sostegno della comunità internazionale. Una decisione che ha trovato dura opposizione da parte delle associazioni umanitarie ma che per ora sembra essere l’unica arma a disposizione del presidente Saleh  per tagliare le teste all’Idra del terrorismo islamico.

Lo Yemen è la nazione che “ospita” Anwar Awlaki: il ricco emiro, cittadino statunitense, deus ex machina della strage di Fort Hood, del tentato attentato al volo Amsterdam-New York e dei pacchi bomba destinati agli USA; e parlare di Yemen significa anche parlare della nuova base operativa della campagna terroristica di al Qaeda, quasi orfano di Kabul(o almeno fino al 2013, da poco fissato come anno di resurrezione ). Nella lotta ad Al Qaeda, però, il governo di Sana’a ha trovato due importanti alleati negli Stati Uniti (i droni – non le colombe – di Obama sono ormai ospiti fissi del cielo sopra Sana’a) e nell’Arabia Saudita sempre più coinvolta nello Yemen (un miliardo di dollari di aiuti nel 2009) da dove sono venute minacce dirette alla famiglia reale, come il tentativo di assassinare il ministro degli Interni, il principe Mohammed bin Naif, capo dell’antiterrorismo.

Lo Yemen, inoltre, sia per al Qaeda che per Ryiad è un feudo da controllare soprattutto per lo stretto di mare conosciuto come Bāb el-Mandeb, o Porta delle Lacrime, dove passa il 40% del petrolio e congiunge il Mar Rosso, il Golfo di Aden e quindi l’Oceano Indiano. Un’enclave che fa gola particolarmente ai parenti serpenti dell’Iran intervenuti più volte a sostegno dei separatisti (discendenti di uno dei più antichi regni sciiti) ora guidati da Abdul-Malik al-Houthi come strumento di pressione nei confronti dell’Arabia Saudita. E’ dal 2004 che ribelli sciiti e truppe governative si combattono, da quando i ribelli contestano al governo di volere ristabilire il governo religioso rovesciato dalla rivoluzione del 1962 che portò alla fondazione della repubblica yemenita. Così, da più di sei anni Teheran fornisce ai ribelli denaro, sistemi di comunicazione, mitragliatrici e missili a corto raggio, in perfetto stile Libano.

Uno stile che va oltre le mode, come quella di abbattere il grande e il piccolo satana, visto che le guerre tra sciiti e sunniti risalgono a prima della scoperta dell’America e alla fondazione dello Stato d’Israele che comunque restano il nemico comune. Un concetto che tra un anno potrebbe essere ribadito ufficialmente a tutto il mondo proprio grazie al masochista governo yemenita, che nonostante l’ interno inestricabile ginepraio appena visto, si è fatto promotore di una mozione indirizzata all’ONU per convocare l’ennesima assemblea antisemita che chiameremo Durban Tre.