
‘Zapatero 2’ gioca la carta del femminismo

17 Aprile 2008
Zapatero ama far parlare di sé, tanto in Spagna quanto
all’estero. Sin dal 2004 i colpi di scena hanno caratterizzato le sue scelte
politiche. Questa volta i riflettori internazionali sono puntati sulla
formazione del suo secondo esecutivo. Anche nel nostro paese la stampa ha già
ampiamente reso noto che per la prima
volta si tratterà di un governo a
maggioranza femminile.
“Troppo rosa” lo definisce Silvio Berlusconi ed impazza la
polemica. Elena Valenciano, segretaria per le relazioni internazionali del PSOE
risponde che ci sono in Italia, come in Spagna, tante donne qualificate e
intelligenti in grado di guidare ministeri o assumere altri impegni di governo.
Non credo il leader del Pdl volesse sottovalutare le capacità femminili di
assumere incarichi politici rilevanti e la probabile assegnazione nel nuovo
governo italiano di quattro ministeri a donne, che già da tempo occupano posti
politicamente rilevanti all’interno dei loro rispettivi partiti, ne è la prova
più evidente. Ma al di là delle battute e delle polemiche suscitate la notizia del
primo “esecutivo a maggioranza rosa” merita di essere analizzata con attenzione.
La nuova squadra di Zapatero a prima vista colpisce non solo
per la presenza femminile, quanto perché sembra voler erodere la prassi
consolidata in alcune democrazie occidentali dell’assegnazione dei dicasteri in
base al peso politico dei partiti o dei rapporti di forza interni al partito a
vocazione maggioritaria (come il PSOE) che determinano l’esito elettorale. Purtroppo
tale cambiamento di tendenza non è stata introdotto con l’obiettivo di
privilegiare le competenze del candidato prescelto per ogni dicastero, ma ha sostituito
il sistema del primato dei rapporti di forza interni al partito di maggioranza a
vantaggio del peso politico delle Comunità Autonome che formano la nazione
spagnola.
Detto in altri termini quanto a prima vista sembrava una
innovazione non è stata altro che un trasferimento su scala locale di quanto
fino ad ora era avvenuto a livello nazionale. A ciò si aggiunga che le scelte del premier non sembrano aver tenuto
conto delle valutazioni dell’opinione pubblica per quanto riguarda alcuni
previsti rinnovi degli incarichi né l’esperienza politica per quanto riguarda
le nuove figure.
A parte la conferma del nucleo duro dell’esecutivo della
scorsa legislatura, ovvero le due vicepresidenze rispettivamente a Fernandez de
Solbes, il ministero degli Interni a Perez Rubalcaba, gli Affari Esteri a
Moratinos e
a Fernandez Bermejo, chi segue più da vicino la politica iberica si domanda in
questi giorni come mai non sia stato rinnovato il mandato ministeriale al
Lavoro e agli Affari Sociali a Jesus Caldera, la cui politica sociale e
sull’immigrazione aveva riscosso notevoli consensi nell’opinione pubblica e
nella classe politica non solo socialista, mentre Magdalena Alvarez, nonostante le critiche dei
socialisti catalani e dei mezzi di comunicazione nella scorsa legislatura, è
stata confermata alla guida del ministero delle Infrastrutture.
Per quanto riguarda le figure emergenti, particolare
scetticismo suscitano anche Miguel Sebastian, ex candidato socialista alla
sindacatura della Comunidad di Madrid nell’ottobre 2006 (battuto da Ruiz
Gallardon del PP), nominato alla guida del ministero dell’Industria e Cristina Garmendia
-senza alcuna esperienza di militanza politica – alla guida di un ministero
appena creato per
e l’Innovazione. Molto scalpore ha fatto inoltre la notizia della nomina alla
guida del ministero della Difesa di Carme Chacón, trentasettenne al settimo
mese di gravidanza. Hanno lasciato perplessi gli osservatori anche la nomina
della giovanissima Bibiana Aido (31 anni) all’altro ministero di nuova
creazione per le Pari Opportunità, così come l’assegnazione al ministero per le
Politiche Abitative della quasi sconosciuta Beatriz Corredor.
Sebbene il nucleo duro conferisca un’impronta fortemente
continuista all’esecutivo, i nuovi ministri riflettono un’immagine di debolezza
complessiva e più che a un disegno coerente di fondo, sembrano rispondere alla logica della
rappresentanza di “tutti gli uomini del
presidente”.