Zapatero attacca “El País” ma nessuno firma appelli per la libertà di stampa

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Zapatero attacca “El País” ma nessuno firma appelli per la libertà di stampa

28 Settembre 2009

Nei giorni scorsi il premier Zapatero ha accusato El País, il principale quotidiano socialista della Spagna, di “mettere in atto un vero e proprio ricatto” contro di lui, esercitando una pressione insostenibile e minatoria per fargli perdere il consenso popolare e far cadere il governo. Insomma un vero e proprio complotto. L’Italia non sembra essere il solo Paese attraversato dalle polemiche sugli attacchi rivolti dal governo contro la stampa. Mentre però le pagine dei giornali europei sono piene delle denunce lanciate dal presidente del Consiglio Berlusconi contro la stampa italiana, lo stesso trattamento non è stato riservato al leader del PSOE. E’ sempre più chiaro quindi come uno stesso caso venga pesato con la ormai solita doppia misura. 

José Luis Rodríguez Zapatero ha denunciato l’attacco mediatico invitando “chiunque voglia comandare in Spagna a presentarsi alle prossime elezioni” e lanciando un chiaro messaggio non solo al gruppo editoriale di El País (Grupo Prisa) ma anche a quei vecchi esponenti del PSOE (vicini all’ex premier Felipe González) che, da sempre, lo hanno disprezzato. Quella che sta emergendo in Spagna è una trama politica – che si incrocia con immensi interessi economici legati a uno dei maggiori pilastri mediatico-bancari del Paese – degna dei migliori romanzi cospirazionisti nella quale Zapatero ha il ruolo di protagonista.

Per capire che, da un giorno all’altro, c’è stato un sorprendente strappo tra il premier spagnolo e El País basta guardare a una caricatura pubblicata lo scorso 13 settembre in cui Zapatero appare al timone di una Spagna “alla deriva” che affonda in un mare solcato dalle pinne di squali che rappresentano la disoccupazione, il Pil e il deficit. La situazione economico-finanziaria che sta spingendo la Spagna sul bordo di un precipizio pesa sicuramente sull’elettorato socialista (proprio come avvenne nel 1996 quando il PP sconfisse Felipe González dopo 13 anni ininterrotti di governo): la disoccupazione sfiora il 19 per cento, il deficit è vicino al 10 per cento del Pil e certe scelte impopolari, come il recente aumento delle imposte, non aiutano. Tutte questioni attuali e scottanti che però non giustificano il voltafaccia di El País. Un giornale che, nei suoi 30 anni di vita, è sempre stato al fianco dei socialisti spagnoli. La vera questione gira intorno agli interessi economici e politici di un binomio formato da un grande gruppo mediatico e dai “poteri forti” all’interno di un partito – quello socialista – che mirano a far cadere un premier diventato troppo scomodo.

Controllo mediatico. La strategia contro Zapatero è iniziata nell’aprile di quest’anno quando il governo spagnolo, varando la “Ley de Audiovisuales” (Legge sulle Comunicazioni, ndt), ha dovuto cedere alle richieste del Grupo Prisa rimandando la legge sul TDT (ossia il nostro digitale terrestre). Prisa, il maggior colosso della comunicazione – che, insieme a diversi quotidiani tra cui El País, controlla vari canali televisivi, i maggiori canali radio e grandi collane editoriali del Paese – dalla fine degli anni ’80 (e grazie ad una legge ad hoc varata dal governo socialista di González) aveva l’unica licenza per realizzare la televisione satellitare a pagamento, il “Digital+”. Dopo numerosi richiami da parte degli organi comunitari, quest’anno il governo Zapatero ha dovuto avviare una riforma per l’accesso alla rete digitale terrestre, colpendo gli interessi di Sogecable, la filiale televisiva di Prisa, che fino ad allora si trovava in una comoda situazione di monopolio.

C’è di più. Negli ultimi tre anni, Sogecable ha perso i diritti televisivi delle partite di calcio giocate dei maggiori club spagnoli contribuendo a mandare in crisi l’azienda, a creare un buco finanziario di oltre 5 miliardi e a far crollare il valore delle sue azioni del l’80 per cento. Il rinvio della legge sul TDT (annunciato in piene vacanze di Pasqua per non suscitare troppo rumore) aveva avuto come unico obiettivo quello di favorire alle migliori condizioni la vendita di “Digital+” (per un valore di circa 2 miliardi) o almeno di chiudere un’intesa con la principale concorrente Mediapro per la condivisione dei diritti, prima che venisse liberalizzata la piattaforma digitale.

Ad agosto di quest’anno, le prospettive di vendita dei canali del gruppo Prisa non si sono concretizzate e, per di più, Sogecable ha perso i diritti di trasmissione degli incontri della UEFA Champions League (per un giro d’affari di oltre 5 miliardi di euro) che ora sono in mano a Mediapro attraverso il canale calcistico “Gol Tv”. Non è una coincidenza quindi se proprio ad agosto il governo Zapatero ha varato con un decreto d’urgenza (strumento sul quale il Consiglio di Stato spagnolo si era opposto con un parere) la legge per liberalizzare il digitale terrestre favorendo Mediapro e colpendo duramente Sogecable. E non è neanche un caso se, sempre ad agosto, l’attacco di El País ha iniziato ad inasprirsi, arrivando ad accusare il premier spagnolo di “governare per capriccio” e insinuando che all’interno del PSOE molti esponenti non appoggino più il leader del partito.

“Si tratta di un intervento del governo mirato a piegare i mezzi e a colpire i mezzi indipendenti  spagnoli” ha dichiarato il 20 agosto l’amministratore delegato del gruppo Prisa ed ex direttore del quotidiano socialista Juan Luis Cebrián commentando l’approvazione della legge sul TDT e aggiungendo: “Mi preoccupa la qualità democratica dell’informazione in Spagna”. Parole che ricordano quelle sistematicamente sbandierate sui titoli delle prime pagine del quotidiano di Ezio Mauro. Strano però che il direttore di El País Javier Moreno trovi il tempo di firmare l’appello sulla libertà di stampa in Italia.

Questione politica. Dell’interesse tra media e politica ne sa qualcosa anche la Spagna. Lo dimostra la lunga luna di miele del Grupo Prisa/El País con il partito socialista. Iniziata nel periodo della Transizione spagnola, e ratificato con il rapporto personale tra l’allora presidente di Prisa, Jesús de Polanco, e il premier Felipe González, con una media di 400 mila copie giornaliere il quotidiano è divenuto il principale veicolo mediatico del partito. Ma anche un utile alleato economico: con la vittoria del Partido Popular nel 1996, molti esponenti vicini a González iniziarono a rifugiarsi nel mondo dei media entrando in Prisa come direttori o consulenti dell’azienda.

“El País non ha mai avuto lo stesso rapporto con Zapatero come quello avuto con Felipe González”, ha dichiarato José Antonio Martínez Soler, noto ex giornalista del quotidiano socialista. Secondo le malelingue, i rapporti iniziarono a incrinarsi quando, durante la formazione del suo secondo governo, Zapatero si rifiutò di mettere a capo del ministero delle Comunicazioni i candidati proposti da Prisa (e sostenitori della linea “felipista”). Quando nel 2007 muore Polanco e la direzione del colosso mediatico ricade su Juan Luis Cebrián i rapporti sono particolarmente tesi: “Un gruppo di amici di Zapatero infiamma il conflitto sul calcio”, titolava un articolo apparso sul El País già nel settembre del 2007, appena 6 mesi dopo dalla sua investitura.

Gli amici di Zapatero sarebbero i dirigenti di Mediapro: proprio in quei mesi il principale gruppo concorrente di Prisa si espandeva nel settore televisivo acquistando tutti i diritti calcistici delle principali squadre spagnole. Pur essendo anch’esso vincolato al PSOE, Mediapro ha messo fine al monopolio di Prisa come l’unica offerta progressista e socialista. Tra le altre accuse che l’amministratore delegato Cebrián ha lanciato negli ultimi giorni contro Zapatero, infatti, si legge anche che il Gruppo Prisa cerca di opporsi a un governo che “determina un favoritismo imprenditoriale”.
Questa trama economico-mediatica s’intreccia con gli interessi dei grandi colossi bancari spagnoli, tra i più potenti al mondo. Non è un segreto che Polanco (il patriarca ormai defunto di Prisa) e Emilio Botín (capo supremo del Banco Santander Central Hispano, BSCH) sono sempre andati mano nella mano, con obiettivi comuni e quasi sempre a fianco del governo socialista di turno. La comparsa del gruppo Mediapro, che controlla mezzi di comunicazione concorrenti a quelli di Prisa, ha fatto vacillare quest’alleanza politica. I soldi sono i soldi.

C’è da domandarsi a questo punto dove siano finiti i grandi intellettuali e giornalisti che si ergono come paladini della libertà di stampa in Europa. Gli stessi che firmano gli appelli su Repubblica contro il minaccioso attacco della politica ai media, organizzano manifestazioni di protesta contro il despota Berlusconi che attacca la stampa, ma che poi non si scandalizzano se Zapatero fa lo stesso. Il fatto che secondo un sondaggio di El Mundo la grande maggioranza degli spagnoli diano ragione al loro premier e ritengano che Prisa stia effettivamente ricattando il governo dovrebbe farci riflettere che, in fondo, un premier che attacca i poteri forti e mediatici potrebbe persino star dicendo le cose come stanno.