Zapatero inaugura l’austerity tagliando gli stipendi pubblici e gli investimenti
12 Maggio 2010
Dopo il declassamento delle società di rating e la telefonata del presidente americano Barack Obama che è sceso in campo per pretendere finalmente “azioni risolutive” da parte dell’esecutivo iberico, Zapatero ha deciso di scendere a compromessi. In un discorso al Congreso, ha preso atto dell’ultimatum dato dall’Ue (in primis, la cancelliera Merkel) sulla stretta necessaria e ha annunciato il primo, vero, piano di austerità.
Taglio del 5 per cento degli stipendi dei dipendenti pubblici (e il loro congelamento nel 2011) per un totale di oltre 4 miliardi di euro (è la prima volta nella storia spagnola che un presidente riduce gli stipendi pubblici); riduzione delle retribuzioni del governo del 15 per cento (in media 700-800 euro al mese); sospensione della rivalutazione delle pensioni nel prossimo anno, colpendo 5 milioni di pensionati; eliminazione del “cheque-bebé” (l’assegno di 2.500 euro concesso a tutti i cittadini – senza distinzione di reddito – che avevano un figlio). Ancora: una sforbiciata agli aiuti allo sviluppo, a cui verranno decurtati 600 milioni di euro, e agli investimenti pubblici, ridotti di più di 6 miliardi nel 2010 e 2011. Ma anche l’eliminazione della retroattività degli aiuti previsti dalla legge per l’assistenza alle persone non autosufficienti e che si acceleri l’iter per l’approvazione dei solleciti in modo da snellire le procedure (risparmio previsto: 700 milioni). Il taglio di altri 1,2 miliardi di euro da parte delle regioni e oltre 13mila posti in meno nel settore pubblico. Sono solo alcune delle misure che saranno adottate dal governo per rispondere alle richieste dell’Ue in seguito all’approvazione del provvedimento salva-Stati, il pacchetto di misure adottate per gestire la crisi del debito (750 miliardi di euro per sostenere le economie deboli all’interno del mercato comune europeo).
Considerata insieme al Portogallo il Paese più a rischio di crack finanziario, alla Spagna è stato chiesto dall’Ue di affrontare definitivamente – e senza promesse a metà – la crisi economica mettendo a dura prova l’esecutivo di Madrid. L’Eurogruppo ha infatti preteso una sforbiciata ai bilanci pubblici spagnoli, con un ulteriore taglio di 15 miliardi di euro per ridurre più velocemente il deficit che, nel frattempo, ha già raggiunto il 11,4 per cento nel 2009. La mission è riuscire a centrare l’obiettivo di una riduzione del disavanzo al 6% del Pil il prossimo anno, ma la sensazione è che gli sforzi previsti non siano sufficienti.
Si tratta di un pacchetto di misure drastiche che d’ora in poi cambierà anche il modo di fare politica di Zapatero, che finora aveva centrato l’azione di governo proprio nelle politiche sociali che ora sarà il settore piú colpito. I provvedimenti approvati, infatti, danneggeranno principalmente i lavoratori e i pensionati, e per di più fanno presagire un ulteriore aumento delle tasse per l’anno prossimo (nel 2009, il governo socialista approvò un incremento fiscale del 1,5 per cento, il maggiore aumento da quando la Spagna è democratica). I sindacati hanno già minacciato che, se il presidente del Gobierno approverà la misura, tutte le forze sociali mobiliteranno la piazza, ravvivando il conflitto sociale in un clima già reso incandescente dalla crisi: 2,6 milioni di funzionari e circa 6 milioni di pensionati sono infatti pronti a scendere in piazza per rivendicare i propri diritti. Il premier spagnolo è intanto corso ai ripari e ha convocato oggi stesso i vertici sindacali, con i quali è in corso peraltro un delicato negoziato su un progetto di riforma del lavoro che i tagli non faranno che ostacolare. Per di più, le fasce più a sinistra del PSOE non condividono la misura e non capiscono perché siano i funzionari, i pensionati e le madri a pagare “le velleità del mercato”.E Rosa Díez, leader del partito indipendente Unión Progreso y Democracia (UPyD) ha rincarato la dose e ha chiesto al presidente del Gobierno di “essere un compatriota” e convochi immediatamente le elezioni.
“Pagheremo tutti per l’incompetenza di Zapatero”, afferma il leader dell’opposizione, Mariano Rajoy, che sottolinea come tale manovra dovrebbe essere stata approvata già nel gennaio del 2009, quando il leader socialista riconobbe pubblicamente per la prima volta che l’economia spagnola era in recessione. Per incominciare, scrive Juan T. Delgado, responsabile economico del quotidiano El Mundo, in un articolo titolato “Y Zapatero despertò” (“E finalmente Zapatero si sveglia”, ndr) se il leader socialista avesse affrontato in tempo la crisi sarebbe stata evitata l’emorragia di perdite di posti di lavoro (ormai oltre la soglia del 20 per cento). “Se avessimo aggiustato la spesa pubblica qualche anno fa avremmo risparmiato 150miliardi di euro e staremmo già generando ricchezza” aggiunge Juan Ramón Rallo, capo economico del quotidiano online Libertad digital. Ma c’è ancora di peggio: l’incapacità di Zapatero di gestire la crisi, sostiene Rajoy, ha creato una perdita di prestigio e di credibilità internazionale che sarà difficile da rimediare nei prossimi anni. Non è un caso che sia dovuto intervenire anche il presidente Obama. Secondo il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, la chiamata è avvenuta “perché la Spagna soffre alcuni problemi sui quali è necessario adottare riforme per assicurarsi che non si estendano” e nelle quali “il primo ministro ha cominciato a lavorare”.
Intanto è partita tra gli economisti la girandola di previsioni sui settori che saranno interessati dal taglio della spesa pubblica. C’è chi assicura che il governo punterà sull’aumento diretto dell’Irpef o che verranno ritoccati i redditi da lavoro; alcuni ritengono che verranno create altre imposte speciali o individuate nuove figure tributarie; altri ancora prevedono che potrebbe essere riapplicata la tassa sul patrimonio o un ulteriore aumento dell’IVA.
Al premier socialista rimangono altri 2 anni di governo in cui dovrà gestire la situazione avendo l’intera società e le forze sociali contro. Ma già molti esponenti politici sostengono che l’unica carta da giocare per salvare la Spagna sono le dimissioni di Zapatero.