Zapatero liberalizza e taglia la spesa: extrema ratio o pura strategia?
03 Dicembre 2010
Finalmente uno spiraglio di speranza nella ripresa spagnola dopo uno dei periodi più neri per l’economia iberica. Nel giorno in cui la disoccupazione è aumentata nuovamente – superando la soglia dei 4,6 milioni di senza lavoro (20,7%) – il premier Zapatero annuncia a sorpresa un nuovo pacchetto di misure dal sapore liberale che, si spera, sia un boccone d’aria fresca per un sistema logorato da 3 anni di crisi.
Dal prossimo febbraio spariranno i sussidi a pioggia per i disoccupati (pari a 426 euro), una misura che permetterà di risparmiare sulla spesa pubblica, mentre per incentivare la ripresa dell’economia il governo punterà alla riduzione delle imposte che gravano sulle piccole e medie imprese, un provvedimento che interessa 40mila aziende già colpite dall’aumento dell’IVA negli scorsi mesi. Per di più, l’esecutivo socialista di Madrid ha aperto alla privatizzazione del settore delle lotterie, promettendo la vendita di almeno il 30% delle società, e a quello della gestione degli aeroporti fino al 49% del capitale.
Pressato nuovamente dalle istituzioni e dai mercati internazionali, Zapatero si scopre così un liberale “dell’ultima ora” che taglia la spesa sociale, privatizza il settore pubblico e abbassa le imposte agli imprenditori autonomi: proprio quanto è stato costantemente invitato a fare dall’opposizione negli ultimi 3 anni di crisi per evitare di finire nel baratro. Intanto, però, per aver chiesto la riduzione fiscale alle PMI il leader dei popolari è stato più volte accusato dai socialisti d’essere “antisociale” e “antipatriota”. Neanche un mese fa il portavoce del PSOE alla Camera, lanciava l’allarme ricordando come (dal suo punto di vista) il capo del PP volesse “smontare lo Stato di benessere e privatizzare i servizi pubblici”, solo per aver proposto di liberalizzare aeroporti e ferrovie. E ancora: lo scorso 20 febbraio, in seguito a un incontro con l’allora premier britannico Gordon Brown, è stato proprio Zapatero ad affermare: “Non cadremo mai nella trappola delle idee di coloro che hanno provocato la crisi”. Eppure qualcosa sembra essere cambiato nella mente del leader socialista.
Quella che verrà annunciata oggi in conferenza stampa, è una mossa inattesa: fino a qualche giorno fa, infatti, Zapatero e i suoi ministri hanno continuato a negare la necessità di una manovra correttiva per mantenere la promessa di ridurre il deficit pubblico al 6% del Pil nel 2011 dall’attuale 9,3%. A pesare su questa decisione, prima la disfatta elettorale in Catalogna del PSOE (che si è visto sfumare dalle mani il controllo della sua roccaforte più potente economicamente) e poi la riunione dell’Eurogruppo e dell’Ecofin del lunedì scorso. Dopo aver approvato il prestito da 85 miliardi per salvare l’Irlanda e dopo l’ulteriore caduta dei credit default swaps, l’Europa ha messo sotto accusa il governo di Madrid e di Lisbona e per di più da Berlino è giunto il monito che non ci sono più soldi per aiutare altri Paesi.
Nonostante prospettive future poco rosee, Zapatero non ha mai perso il suo caratteristico ottimismo e ieri, in un’intervista al canale finanziario americano CNBC, ha assicurato agli investitori che entro un anno la Spagna crescerà di nuovo, azzardando che nel 2012 o 2013 otterrà “il maggior tasso di crescita dell’Ue”. Se è vero che l’annuncio delle riforme è stato accolto discretamente dai mercati spagnoli (il Tesoro Pubblico è riuscito a collocare 2.468 milioni di titoli a 3 anni a interesse del 3,797%, rispetto a quello del 2,55% della precedente asta del 7 ottobre scorso, quando collocò titoli per 4 miliardi di euro) non è abbastanza per bilanciare il fatto che la Spagna ha il più alto livello al mondo di indebitamento del settore privato.
Per molti analisti il pacchetto di misure annunciato ieri non è sufficiente a recuperare la fiducia delle piazze. “Zapatero continua a giocare con Bruxelles, con la BCE e con i mercati e, in realtà, non è disposto a prendere nessuna decisione fino a quando la situazione diventa insostenibile”, scrive Emilio J. González su Libertad Digital ricordando che non è la prima volta che il premier spagnolo promette grandi riforme che poi non mantiene, come quella delle pensioni. Per l’economista la strategia del premier spagnolo è quella di tirar fuori il coniglio dal cappello al momento giusto, cioè “quando l’economia si trova al bordo del precipizio in modo da poter guadagnare sempre più tempo”. Insomma, si tratterebbe dell’ennesima strategia politica di Zapatero per conquistare voti in vista delle elezioni regionali dei prossimi mesi e di quelle generali del 2012. Molti esperti si domandano, infatti, perché non sono state applicate molto prima che l’economia spagnola si trovasse ad un passo dal collasso.
Da “La Gaceta”, il quotidiano del canale Intereconomia, giunge poi la richiesta urgente di dare più attenzione alla de-burocratizzazione e privatizzazione dell’amministrazione pubblica, proponendo anche di collegare gli stipendi dei funzionari all’efficienza del loro lavoro. Un progetto che se è stato accolto con favore dal ministro della Funzione Pubblica, d’altro canto è stato subito bocciato da sindacati e dal ministro del Lavoro, che lo ha definito “una vera e propria provocazione”.
Ma le vere riforme che metteranno a prova la credibilità di Zapatero ancora non sono state approvate. La ristrutturazione del sistema pensionistico, un cambio delle politiche sul lavoro, un taglio drastico e consistente alla spesa pubblica (tra l’altro, questa stessa settimana il governo ha gettato via altri 25 milioni di euro per programmi di sostegno ai gay peruviani), la liberalizzazione del mercato energetico e soprattutto una riorganizzazione del sistema finanziario e bancario (specialmente per quanto riguarda le casse di risparmio, responsabili della bolla immobiliare spagnola), sono i veri ostacoli della corsa spagnola contro il tempo.