Zimbabwe, armi cinesi a sostegno di Mugabe
22 Aprile 2008
di Anna Bono
Si aggrava in Zimbabwe
la crisi post elettorale apertasi all’indomani del voto del 29 marzo. La
sconfitta del presidente in carica Robert Mugabe, o almeno il fatto che né lui
né il leader dell’opposizione Morgan Tvangirai abbiano vinto le presidenziali
al primo turno, è confermata dal persistente rifiuto della Commissione
elettorale di annunciare il nome del vincitore: un rifiuto ora legittimato
dalla Corte Suprema che ha ordinato il riconteggio delle schede in 23 circoscrizioni
in seguito alle richieste del partito di governo, lo Zanu-Pf, il quale ha
ritorto contro l’Mdc, il Movimento per il cambiamento democratico guidato da
Tvangirai, le accuse di brogli elettorali.
Il nuovo scrutinio è
iniziato il 19 aprile dopo il fallimento dello sciopero generale indetto
dall’Mdc per protesta contro la sentenza della Corte: la popolazione dello
Zimbabwe è troppo sfinita di stenti e troppo impaurita per scendere in piazza,
tutti sanno che Mugabe è pronto a tutto e non perdona. Secondo il segretario
generale dell’Mdc, Tendai Biti, dal 29 marzo dieci militanti dell’opposizione
sono stati uccisi dai sostenitori del presidente e circa 500 sono stati
arrestati e si trovano tuttora in carcere. Può essere l’inizio di una
repressione cruenta.
Lo stesso Tsvangirai,
arrestato più volte nel corso degli anni, ha scelto prudentemente di rimanere
in Sud Africa dove si era recato nei giorni scorsi per conferire con presidente
sudafricano Thabo Mbeki, mediatore ufficiale nella crisi politica zimbabwana, e
non è l’unico ad aver lasciato il paese temendo per la propria incolumità:
sembra che almeno 3.000 famiglie di oppositori abbiano già scelto l’esilio
volontario. È certo che le notizie dal mondo non incoraggiano gli zimbabwani
alla rivolta. Il vertice straordinario della Sadc, l’organismo economico che
riunisce gli stati africani australi, si è concluso con un’inutile esortazione
alle autorità di Harare a pubblicare al più presto i risultati elettorali e a
rispettare la volontà popolare e con l’invito a Mbeki a proseguire l’opera di
mediazione nonostante che l’Mdc ne abbia chiesto la sostituzione non
ritenendolo imparziale dopo la sua dichiarazione che quello in corso nell’ex
Rhodesia sarebbe un normale processo post elettorale.
Ancora più deludente è la
posizione dell’Unione Africana, che ancora non ha preso iniziative concrete, né
si può dire le Nazioni Unite abbiano fatto di meglio. Il caso Zimbabwe infatti
non era in agenda neppure alla riunione straordinaria del Consiglio di
Sicurezza aperta ai leader africani, svoltasi il 17 aprile, dove a sollevare la
questione sono stati, come sempre, Stati Uniti e Gran Bretagna. Quanto
all’Unione Europea, il suo ambiguo atteggiamento nei confronti di Mugabe si è
rivelato in occasione del vertice euro-africano svoltosi a Lisbona lo scorso
dicembre quando, malgrado le proteste britanniche, lo ha invitato e accolto con
onore violando le proprie stesse risoluzioni che vietano al leader di
soggiornare nei paesi membri dell’UE: risoluzioni che furono decise dopo i brogli
elettorali che alle elezioni generali del 2002 gli attribuirono la vittoria.
Mentre procede il
riconteggio che, opportunamente manipolato, potrebbe attribuire la vittoria al
governo, una nave cinese è intanto approdata al porto sudafricano di Durban%2C carica
di armi e munizioni destinate al Ministro della difesa di Harare. Pechino è da
tempo il maggior fornitore di armi dello Zimbawe, così come di altri regimi
africani, dal Sudan all’Eritrea. Ma il carico in questione non fa parte del
traffico d’armi ordinario tra i due paesi. Quelle trasportate sono armi
leggere, adatte alle operazioni anti sommossa e l’ordine di spedizione è datato
1° aprile, tre giorni dopo l’inizio della crisi politica.
Per questo il Sud Africa, che in
un primo tempo aveva affermato di non volerne impedire il trasporto attraverso
il proprio territorio trattandosi di un normale carico commerciale, ha negato
il permesso transito e d’altra parte nel frattempo gli scaricatori del porto avevano
rifiutato di scaricare la nave. Dopo quattro giorni di attesa, quindi, il cargo
ha lasciato Durban. Al momento non si sa dove sia diretto, forse verso un porto
del Mozambico.