Zimbabwe: il trio Bush Brown e Sarkò prova a ripensare il colonialismo

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Zimbabwe: il trio Bush Brown e Sarkò prova a ripensare il colonialismo

10 Dicembre 2008

"Enough is enough", quando troppo è troppo. Il primo ministro inglese Gordon Brown perde il suo classico aplomb e si esprime senza mezzi termini sulla situazione politica dello Zimbabwe: "C’è un governo macchiato di sangue e la comunità internazionale deve dire basta". Questo il duro attacco del premier britannico, che ricorda anche come la carenza di scorte alimentari e l’epidemia di colera che ha ucciso centinaia di persone sia diventata "una emergenza internazionale, non solo dello Zimbabwe". Brown non cita direttamente il presidente dello stato africano, Robert Mugabe, in carica da 28 anni, ma sottolinea che “questa situazione deve finire”.

La posizione di Brown è condivisa anche dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che condanna il leader africano e chiede le sue dimissioni: "Abbiamo cercato tutto il dialogo possibile, ma arriva un momento in cui i dittatori non ascoltano, non comprendono. Allora i capi di Stato e di governo devono smettere di dialogare. E’ arrivato il momento di dire: Mugabe ha preso in ostaggio il suo popolo, lo Zimbabwe ha diritto alla sicurezza, al rispetto, alla libertà. Mugabe deve andarsene".

Sarkozy, che parla anche in veste di presidente di turno della Ue, chiede la fine di una dittatura che dura dal 1987 e che si è esasperata negli ultimi tempi a causa dell’impasse politica tra Mugabe e il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai. Dopo mesi di scontri tra i due, le elezioni hanno decretato la vittoria politica di Tsvangirai, ma non c’è ancora stata una spartizione delle cariche istituzionali, nonostante gli accordi per un governo di unità nazionale. Concordano con Brown e Sarkozy anche Bush, il segretario di stato americano uscente Condoleezza Rice, e l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Javier Solana.

L’elemento che ha scatenato questa offensiva corale contro Mugabe è l’epidemia di colera che ha investito il paese africano, già stremato economicamente, e che in un primo momento è stata negata dal governo locale. Il tasso di inflazione dell’ex Rhodesia è sempre più alto e l’avanzata del colera ha già fatto oltre 600 morti e più di 12.500 contagiati. Per questo Brown teme che la situazione possa degenerare diventando una "crisi internazionale". Il responsabile è proprio il presidente dello Zimbabwe, accusato di aver portato sul lastrico un paese, un tempo florido, che ora è colpito da una triplice crisi politica, economica e umanitaria.

Le parole provenienti dall’Inghilterra non potevano lascare indifferente il diretto interessato. Il paese africano, infatti, è una ex colonia del Regno Unito e Mugabe è al potere da quando lo  Zimbabwe raggiunse l’indipendenza. Il presidente attribuisce i problemi del Paese alle sanzioni occidentali, mentre i suoi oppositori lo accusano di esercitare un ruolo sempre più autoritario. Così il suo portavoce, George Charamba, se n’è uscito con la storia che l’Occidente sta usando l’epidemia di colera per sostenere un’invasione dello Zimbabwe nel tentativo di cacciare Mugabe.

I malumori nei confronti dello stato africano non arrivano solo dall’Europa ma anche dagli altri paesi africani: le dimissioni di Mugabe sono state chieste dal primo ministro kenyano Raila Odinga, dal ministro degli Esteri del Botswana Phandu Skelemani e dall’arcivescovo sudafricano e premio Nobel per la pace nel 1984 Desmond Tutu.

Bruxelles ha intensificato le sanzioni contro il regime dello Zimbabwe, aggiungendo undici nomi alla lista dei funzionari che non possono entrare nella Ue. Lo ha comunicato il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner. Gli undici, descritti dal segretario agli Esteri britannico Miliband come “membri della classe media del regime”, andranno a sommarsi alle 168 persone non gradite a cui è vietato l’ingresso nell’Unione Europea. Le sanzioni avevano già previsto il divieto per il presidente Robert Mugabe e a sua moglie Grace.

L’UE però non pensa a sanzioni economiche supplementari, che rischierebbero di colpire soprattutto la popolazione, già piegata dalla gravissima crisi economica e dall’epidemia di colera. Come ha spiegato Solana: "E’ stato fatto tutto quanto si poteva fare, ora la cosa importante è la pressione politica".