
Zingaretti si trasforma in Renzi: la paura di perdere fa miracoli!

24 Giugno 2020
Le regionali si avvicinano e la paura di perdere fa miracoli. Toscana, Campania, Puglia, Marche, Liguria, Veneto a fine settembre andranno al voto e mentre il centrodestra si presenta unito dopo la difficile sintesi raggiunta tra gli alleati nella individuazione dei candidati, l’asse della maggioranza di Governo Pd-5Stelle appare spaccato con diverse candidature autonome. Una spaccatura che potrebbe costare cara al Pd il cui segretario Zingaretti, infatti, ieri è corso ai ripari invocando l’ormai logora metafora della sindrome di Tafazzi.
“Da oggi le destre combattono unite in tutte le Regioni, invece tra le forze politiche unite a sostegno del Governo Conte prevalgono i no, i ma, i se, i forse, le divisioni – ha detto Zingaretti -. Il motivo è ridicolo: si può Governare insieme 4 anni l’Italia ma non una Regione o un Comune perchè questo significherebbe “alleanza strategica”. Ridicolo. Io che invoco, pratico e costruisco unità sarei il matto, ma continuerò. Tafazzi non è stato inventato per caso. Questa è la verità”.
Discorso avveduto e realista, quasi convincente se non fosse che a pronunciarlo è lo stesso Zingaretti che poco più di un anno fa in occasione della Convenzione nazionale del Pd giurò e spergiurò che mai avrebbe fatto una alleanza coi 5 Stelle. “Lo dico davanti a tutti e lo dirò per sempre – disse il leader Pd quasi commuovendosi e asciugandosi il sudore dalla fronte – mi sono stancato di dire che non intendo favorire nessuna alleanza o accordo con i Cinquestelle, i 5 stelle li ho sconfitti due volte e non governo con loro, imparassero a sconfiggerli pure loro quelli che mi accusano di questo”.
E’ vero, nel tempo trascorso tra queste due dichiarazioni antitetiche c’è stato il sì al Governo Conte bis, ma ricordiamo bene come quel sì fosse stato quasi estorto a Zingaretti dall’ala renziana. Un sì pronunciato controvoglia che ora nella mente di Zingaretti diventa sì convinto e programma di governo anche per le Regioni. Il ragionamento politico del resto è chiaro: scampato il pericolo in Emilia Romagna dove i 5Stelle si sono presentati a ranghi ridotti, il Pd deve fare di tutto per sfidare nuovamente la sorte in altre regioni rosse e se il prezzo da pagare è l’alleanza strutturale coi grillini, pazienza. Si paga.
Il problema è che la moneta che Zingaretti è disposto ad usare è la più preziosa in politica. Il governatore del Lazio ha gettato sul tavolo verde della politica la fiche della credibilità, trasformandosi in un Renzi qualunque, esibendosi davanti alla sua gente in una promessa e dopo un anno pronunciando parole diametralmente opposte. Con quale credibilità un partito può presentarsi agli elettori a queste condizioni? Ma in fondo, come si diceva all’inizio, la paura di perdere è miracolosa e il motto latino ‘Primum vivere, deinde philosophari’ resta una pietra miliare. E oggi per il Pd è proprio una questione di sopravvivenza. Per la filosofia c’è tempo. E anche per i valori.