Violenza psicologica, l’arma in più del terrorismo palestinese

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Violenza psicologica, l’arma in più del terrorismo palestinese

09 Ottobre 2009

Le espressioni “Grande Medio Oriente” o “Medio Oriente allargato” stanno sempre di più diventando di uso corrente. Adesso l’area che abbiamo conosciuto come Asia Minore è solo un ricordo. Una serie di eventi impressionanti, dalla rivoluzione iraniana alla fine della guerra fredda, dalla guerra tra Iraq e Iran alla guerra del Golfo in conseguenza dell’11 settembre, fanno sì che crisi tra loro diverse e lontane migliaia di chilometri – dalla Palestina fino al Kashmir – si siano andate a connettersi, a inscatolarsi l’una con l’altra, creando un groviglio di difficile soluzione. Non a caso, il documento del generale McChrystal, comandante delle truppe NATO e statunitensi in Afghanistan, si riferisce all’influenza che tre paesi come India, Cina e Iran hanno sull’andamento. 

Non stupisce per niente quindi che uno dei principali think thank indiani di Nuova Delhi, l’Institute for Peace and Conflict Studies dedichi grande attenzione alla situazione afghana. Infatti, bisogna sempre ricordare che i talebani sono frutto principalmente dei servizi segreti pakistani, sponsorizzati con una duplice funzione, anti indiana e poi anti iraniana. Non a caso il governo di Karzai riceve oggi il sostegno dell’India, nemica giurata degli studenti coranici, con il risultato di irritare e non poco il Pakistan. Ma data la gravità della situazione che vede il rischio che anche il Pakistan con le sue bombe atomiche cada in una guerra civile, “è imperativo per i suoi vicini, specialmente India e Pakistan, impegnarsi in modo costruttivo per stabilizzare l’Afghanistan”. Per gli osservatori asiatici, questa volta da Singapore, la situazione pakistana è quasi disperata e il paese viene spesso dipinto come sull’orlo del caos. 

Interessante è anche l’analisi dell’impegno americano contro la guerriglia sempre da parte degli analisti della National University of Singapore, con un preoccupante, e condivisibile, monito agli USA. “Se una lezione deve essere imparata dall’esperienza americana in Vietnam … è che combattere un’insorgenza in collaborazione con una leadership corrotta è straordinariamente difficile. L’altra lezione è che le morti di civili rendono più facile il compito per gli insorti di reclutare truppe fresche. Entrambe le condizioni stanno minando gli sforzi americani in Afghanistan. I Talebani stanno cambiando la loro tattica, imparando dall’esperienza dei militanti di altre parti del mondo … L’Iraq è stato il maggior laboratorio da cui trarre lezioni”. La conclusione è di buon senso, ma non semplice da perseguirsi nella pratica: “Il problema afghano non può essere trattato in modo isolato … ma in connessione con Pakistan e India”. 

Tratto da un sito greco importante, RIEAS (Research Institute for American and European Studies), questo notevole studio di provenienza israeliana sul ruolo svolto dalla dimensione psicologica e mediatica nel terrorismo. “Psychological Victory. The Palestinian Terror Organization’s Media Strategy” è il titolo del report. “Una nuova arma strategica è usata oggigiorno dalle organizzazioni terroristiche palestinesi. Questa arma è dentro le nostre case e può essere vista da chiunque attorno al globo ed è molto più potente di qualsiasi altra bomba. Quest’arma strategica può raggiungere la vittoria senza sparare un singolo colpo e può reclutare migliaia di soldati semplicemente diffondendo i suoi obiettivi attraverso cavi, linee, fibre. Questa nuova arma strategica sono i mass media. Questa ricerca vuole esaminare le origini dell’uso dei media da parte dei terroristi e le tecniche da loro usate per raggiungere la pubblica attenzione”. 

E’ uno studio da leggere, perché analizza una situazione esemplare, il conflitto israelo-palestinese. Anche noi italiani ne sappiamo qualcosa di terrorismo, sei soldati uccisi da un ordigno devastante, quattro giorni di attenzione nazionale, una discussione ai massimi livelli su “ritiro sì o no” sono un risultato incredibile raggiunto da una banda di montanari semi analfabeti come i talebani. “Il 6 settembre 1970, membri di un’organizzazione terroristica denominata “Fronte Popolare di Liberazione della Palestina” dirottavano quattro aerei passeggeri. Tre di questi aerei atterravano in un aeroporto vicino alla capitale giordana di Amman sotto l’occhio di televisioni viste da tutto il mondo. Questo fu il punto di partenza del coinvolgimento dei media nelle attività delle organizzazioni del terrore palestinese. Da quel giorno, i media sono diventati un’arma strategica nelle mani di terroristi e un fattore significativo per l’opinione pubblica mondiale”. 

Sempre dello stesso centro si veda anche questo saggio dal titolo promettente “Alla ricerca di giustizia e salvezza: il fondamentalismo islamico come sfida all’ordine internazionale occidentale centrico. Il caso di Al Qaida”. Dopo aver riconosciuto la novità rappresentata da Al Qaida come organizzazione di insorgenza globale, afferma “le attività terroristiche di Al Qaida possono essere viste come minacciose dell’idea di società internazionale in tre modi distinti e correlati. In primo luogo, mirano alla distruzione di una definita e unitaria società internazionale e degli stessi stati che vogliono rimpiazzare con un altro differente tipo di entità politica; in secondo luogo … vogliono un altro ordine internazionale e in ultimo minano alle basi alcune delle istituti fondamentali della società internazionale dai modi di combattere alla legge internazionale alla diplomazia”.

La NATO dopo la fine della guerra fredda è stata costretta a cambiare la propria mission, a rivedere il proprio ruolo e quindi anche la propria strategia, costretta a rifocalizzarsi non più su di un nemico preciso, l’URSS e il Patto di Varsavia, e su di un altrettanto determinata regione geografica, il centro Europa. Evoluzione non indolore e ancora in corso. Ecco allora un’utile riflessione su motivazioni, principi e modalità d’azione della stessa Alleanza Atlantica, messa più in volte in discussione da un’interpretazione un po’ troppo relativistica e soggettiva da parte dei suoi aderenti.

http://leonardotirabassi.blogspot.com/