2/ Con Mussi muore la libertà d’insegnamento e l’autonomia dell’Università

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2/ Con Mussi muore la libertà d’insegnamento e l’autonomia dell’Università

29 Agosto 2007

 

Dopo aver dato il meglio con la proposta di reclutamento straordinario dei ricercatori, il Ministro Mussi ha pensato bene di metter mano agli ordinamenti didattici dei corsi di laurea e di laurea magistrale. Dopo oltre un quinquennio di sperimentazione del cosiddetto 3+2 (tre anni per la laurea ordinaria due per quella magistrale), se ne avvertiva effettivamente il bisogno. Alla prova, la riforma è risultata rigida e burocratica: un fallimento accettato da tutti. In molti casi, si è limitata a diluire in cinque anni corsi che prima si concludevano in quattro. Ha poi prodotto, da un canto, corsi di laurea esotici; dall’altro ha invece rinchiuso l’autonomia delle singole sedi in gabbie di esami obbligatori e semi-obbligatori assai spesso prive di ogni senso comune. Inoltre, il legame tra primo e secondo ciclo di studi ha penalizzato fortemente quegli studenti che, ricercando la qualità, avrebbero voluto cambiare sede universitaria dopo il triennio. Il calcolo dei crediti li avrebbe penalizzati, proteggendo così le sedi universitarie che avevano “catturato” lo studente agli inizi del corso di studi da ogni concorrenza esterna. Il malcapitato studente che intende seguire una proposta didattica più qualificata o più attinente alla sua vocazione, oggi paga il suo ardire caro e amaro. Tradotto in soldoni: deve sostenere molti esami in più.

Quest’analisi sembra condivisa dalle premesse al documento del Ministero che espone le linee guida della riforma. In esse si parla “di un netto aumento degli spazi d’autonomia nella progettazione dei curricula” e poi ancora “di “un sistema più libero e meno burocratizzato”, di “differenziazione delle offerte didattiche”, di “sperimentazioni innovative”, di “flessibilità dei percorsi”. Al loro cospetto, mi sarei aspettato una semplice proposta di smaltimento delle classi di laurea con la fissazione, per ognuna di esse, di un numero minimo d’esami indispensabili. Tutto il resto avrei sperato che fosse devoluto all’autonomia dei diversi atenei; alla loro volontà di concorrere e differenziarsi con proposte innovative e docenti di chiara fama. E, al più, a una valutazione ex post che premi i virtuosi e penalizzi i mediocri.

 Potete comprendere, cari lettori, la mia delusione. Perché nelle pagine successive del documento la declinazione di quelle incoraggianti premesse descrive, se è possibile, un’università ancora più dirigista, burocratizzata, complessa e insensata di quella attuale. Iniziando dal linguaggio prescelto: assolutamente iniziatico, con riferimenti a documenti dell’Unione Europea citati così come la Chiesa si riferisce ai Vangeli. Il linguaggio è un indizio importante. Quanto più si fa specialistico tanto più si deve sospettare che esso copra una scarsa chiarezza d’idee. Ma, pur di avere nell’università un po’ più di libertà, concorrenza e meritocrazia mi sono disposto a sviscerare anche le formule più astruse.

Facendolo, però, ho scoperto che la questione non è di forma ma di sostanza. I divieti, i passaggi burocratici, i balzelli da pagare, infatti, se è possibile, rischiano d’aumentare. Per amore di patria e necessità di spazi, mi concentrerò su un solo aspetto: la libertà delle diverse sedi di organizzarsi la didattica. A esse viene concessa, ad esempio, la possibilità di creare dei percorsi formativi d’eccellenza a livello di laurea specialistica: di quelli, cioè, seguiti principalmente da quanti intendono restare nel mondo della ricerca. Il documento, però, si perita di specificare che l’adozione del numero chiuso – sia esplicitamente sia implicitamente – è vietato. Non pago, nega che la partecipazione a tali corsi possa costituire requisito per essere ammesso a specifici dottorati che, in teoria, hanno proprio la funzione di perfezionare la formazione del giovane ricercatore.

Per deprimere ulteriormente l’autonomia degli atenei, viene poi elargito loro un consiglio: di seguire, nella progettazione dei curricula, i consigli provenienti da specifici “tavoli tecnici%E2