Nella partita delle nomine Eni, Enel e Finmeccanica vince il merito
05 Aprile 2011
Una volta c’era la lottizzazione delle cariche nelle imprese pubbliche e quando la scelta toccava al governo di centrosinistra c’è stata l’abitudine di optare per tecnici d’area. I governi Berlusconi, invece, non hanno mai operato secondo tali logiche e quanto è accaduto ieri in Consiglio dei Ministri per Eni, Enel , Finmeccanica e Poste lo dimostra pienamente.
Sicché, quando il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini, non potendo usare altri argomenti, sostiene che le nomine, essendo in gran parte delle riconferme, danno la sensazione di un governo che vive alla giornata e non è capace di rinnovare il Paese, sbaglia di grosso. In realtà le modifiche ci sono state eccome, sia in Eni, che in Enel e Finmeccanica, mentre sono stati riconfermati tutti gli amministratori delegati di Eni, Enel e Poste (rispettivamente Paolo Scaroni, Fulvio Conti e Massimo Sarmi). Le riconferme sono avvenute sulla base degli eccellenti risultati della gestione di queste imprese e in base al principio del merito. Un principio che, nonostante l’opposizione della Cgil, il ministro Renato Brunetta e l’amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne stanno concretizzando rispettivamente nella Pubblica amministrazione e in Fiat.
Per Finmeccanica è stata fatta un’eccezione. Pierfrancesco Guarguaglini è ora solo presidente, mentre prima ricopriva anche la carica di amministratore delegato. Ciò è avvenuto nonostante i brillanti risultati conseguiti, poiché è indiziato in un complicato procedimento penale – un processo ancora alle prime battute nonostante le lunghissime indagini a carico suo e della moglie – presso il Tribunale di Roma con l’accusa di avere dato tangenti per avere commesse all’estero. Ad amministratore delegato è stato invece nominato Giuseppe Orsi, ad di AgustaWestland, la società del gruppo che ha avuto maggior successo.
Pertanto la tesi dell’Italia dei Valori, che molto probabilmente sarà adottata da altri partiti del centrosinistra, secondo la quale si è fatta una lottizzazione secondo la migliore tradizione italiana, no ha alcun senso. Non c’è stata alcuna spartizione delle poltrone fra Pdl, Lega Nord e “Responsabili”. Infatti non è andata in porto la richiesta della Lega di assegnare un posto di ad e uno di presidente rispettivamente al viceministro delle infrastrutture Roberto Castelli e a Gianfranco Tosi, nonostante entrambi avessero entrambi i requisiti tecnici per aggiudicarsi tali responsabilità.
Così hanno proceduto Berlusconi e Tremonti per altre nomine come quella di Mario Draghi (già direttore generale del Tesoro) a governatore della Banca d’Italia e quella di Enrico Giovanni (già direttore dei servizi statistici dell’Ocse) a presidente dell’Istat. Draghi e Giovanni sono entrambi liberali di sinistra, già allevati alla Scuola di Economia della Facoltà di Economia dell’Università di Roma La Sapienza e rispettivamente professori ordinari di economia e di statistica. Discorso analogo va fatto per l’ingegner Mauro Moretti, ad di Ferrovie dello Stato. Questo era stato nominato dal governo Prodi, al quale era molto vicino, perché aveva operato bene. Un criterio seguito anche dal governo Berlusconi.
I due nuovi presidenti dell’Eni e dell’Enel Paolo Emilio Colombo e Giuseppe Recchi sono uno stimato commercialista di Milano, vicino a Giulio Tremonti, e un ex amministratore delegato di General Electric per il Sud di Europa. C’è solo un presidente tecnico d’area, in quanto collegato a Tremonti, che sostituisce Paolo Gnudi, amico di Prodi, dottore commercialista anche lui come Colombo e anche lui con esperienza in varie importanti società.
In conclusione si tratta di buone nomine, basate su criteri di adeguata e accertata professionalità, fatte sulla base del criterio della continuità delle gestioni e con qualche rinnovo, in entrambi i casi basate sui risultati conseguiti. E in esse non è entrato alcun gioco politico, bensì il solo principio del merito, quello che seguono i cosiddetti “cacciatori di teste” che cercano i vertici manageriali per le imprese private.
E Berlusconi, leader politico anomalo che viene dal mondo delle imprese private in cui ha operato con quei criteri, non si è smentito per le nomine di vertice delle poche imprese pubbliche che il governo italiano ha. Ci si augura che le Regioni e gli enti locali seguano lo stesso criterio per le loro società, moltissime per azioni.