Medvedev parla di libertà, ma in Russia non ci sarà un nuovo corso
20 Giugno 2008
Eravamo studenti del corso di laurea di storia dell’Università di Leningrado, una trentina in tutto. L’atmosfera di fratellanza, di sincerità e di grande amicizia giovanile regnava nel gruppo che viveva secondo la parola d’ordine dei moschettieri di Dumas – “uno per tutti e tutti per uno”.
Facevo anche parte di un altro gruppetto di studenti che sapevano parlare il tedesco ed erano scelti come accompagnatori degli ospiti tedeschi. In preparazione alla visita di una importante delegazione tedesca siamo stati invitati al colloquio con il Segretario del partito di Leningrado per ricevere istruzioni. Il Segretario per la propaganda ci ha fatto aspettare in una enorme sala di ricevimento nel bellissimo palazzo costruito da Bartolomeo Rastrelli. Nessuno di noi era mai stato in contatto con una persona di livello così in alto nella scala gerarchica. Aspettavamo almeno da un’ora. Eravamo intimiditi e non osavamo neanche parlare.
A un certo momento nella sala entrò un giovane con un mazzo di chiavi in cui ho riconosciuto un compagno del corso. Era tra gli studenti più diligenti che frequentava non solo le lezioni e i seminari, ma anche tutti i dibattiti. Non parlava mai, ma prendeva tanti appunti. Senza notarmi, il compagno del corso controllò tutti gli scaffali lungo i muri e chiuse con la chiave quelli che erano aperti. Dopo avermi riconosciuto mi strinse la mano amichevolmente e uscì. L’incontro con il segretario per la propaganda fu molto cordiale, così che alla fine osai chiedergli che cosa stava facendo il mio collega. “E’ un collaboratore degli organi e da noi si occupa della sicurezza” mi spiegò il segretario. “Ma lui è uno studente a tempo pieno come tutti noi”- obbiettai sorpreso. Il segretario sorrise, divertito dalla mia ingenuità: “Ma proprio essere studente a tempo pieno è il suo compito nel KGB”.
Ho ricordato questo episodio leggendo il curriculum di un generale a quattro stelle appena nominato consigliere del Presidente Medvedev. Nato nel 1954, aveva studiato all’Università di Leningrado e nel 1974 a vent’anni d’età entrò nel KGB dove avrebbe lavorato, crescendo di rango, fino alla fine di questa memorabile organizzazione. A metà degli anni novanta entrò in Gazprom diventandone il capo del servizio di sicurezza. Ora farà il consigliere del Presidente insieme con un altro autorevole consigliere che nel periodo di Putin faceva il ministro delle comunicazioni e che, secondo le voci, è riuscito ad entrare nel novero degli oligarchi russi minori.
Con consiglieri del genere è prematuro aspettare l’inizio di un “nuovo corso” con Medvedev. Infatti, il Presidente, già soprannominato a Mosca il “giurista sul trono”, denuncia ad alta voce il “nichilismo giuridico” russo e fa proposte altisonanti come quella di trasformare il rublo in una valuta di riserva internazionale da affiancare al dollaro, oppure fa tanti richiami alla comunità internazionale per accelerare l’entrata russa nell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Quando si tratta di passare dalle proposte ai fatti, però, Medvedev rimane molto prudente nell’indicare misure concrete. Come si può utilizzare il rublo come valuta di riserva quando l’inflazione ufficialmente supera il 12% e ufficiosamente arriva verso il 20%? Il Presidente non ha ancora presentato alcun piano concreto per una drastica riduzione dell’inflazione, una precondizione necessaria perché il rublo possa aspirare a diventare una valuta internazionale di riserva.
Per accelerare l’entrata nella WTO Medvedev avrebbe potuto semplicemente abolire il decreto del suo predecessore Putin, che solo due mesi fa ha autorizzato sia le aziende statali che quelle private ad avviare rapporti commerciali diretti con le repubbliche autonome di Abkhazia e Ossezia del Sud che fanno parte della Georgia indipendente. La Georgia vede giustamente il decreto come un tentativo di “annessione strisciante” delle repubbliche autonome alla Federazione Russa, e facendo già parte della WTO si oppone con tutte le forze all’ingresso della Russia in questa organizzazione.
Certo, l’affermazione di Medvedev secondo cui la Russia è ancora un paese dove vige il nichilismo legale, non fa altro che incoraggiare i tentativi dei giganti petroliferi statali russi di costringere la British Petroleum a vendergli sottocosto le sue partecipazioni ai depositi petroliferi russi. La tattica dell’allontanamento del concorrente con l’utilizzo dell’agenzia delle entrate o quella della protezione ecologica è stata già sperimentata nei casi Yukos e Shell. Vedremo se Medvedev saprà opporsi almeno a questo ultimo e clamoroso caso di nichilismo giuridico russo.