Rimpiangere le ideologie  non aiuta a capire la realtà

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Rimpiangere le ideologie non aiuta a capire la realtà

23 Giugno 2008

Natalino Irti sostiene, in questo libretto breve ma denso, che oggi siamo presi in una tenaglia: quella alla quale allude il titolo. Prima di vedre di che cosa si tratta, bisogna fare un passo indietro: l’autore è convinto che la fine delle ideologie (verificatasi a suo parere con il 1989 e il crollo dei regimi comunisti) abbia abbassato la politica a pragmatismo: dalla politica sarebbero scomparse idee, cultura, filosofia, morale, concezioni del mondo, verità, ed essa si sarebbe ridotta a gestione della quotidianità. Dalla gestione della quotidianità priva di una linea direttrice al trasformismo il passo è breve: e l’autore accusa infatti la politica attuale di avere perduto un fondamento ed essere diventata leggera e volubile, legata unicamente al successo occasionale. Certo, si prendono decisioni, si elaborano programmi che vengono sottoposti agli elettori, ma un comportamento politico siffatto non ha basi solide: una filosofia, una concezione della vita, valori, fini, ideali che vadano oltre l’oggi. Usciamo da anni molto ideologizzati: prima la Guerra fredda, poi il Sessantotto, in seguito la stagione del terrorismo, dall’inizio della storia repubblicana due grandi partiti (DC e PCI) che incarnavano l’uno la posizione cattolica, l’altro quella derivante (seppure con molte correzioni) dal marxismo. A tutto questo ha posto fine una data simbolica: quella con la quale – nel 1989 – crollava il comunismo insieme al muro di Berlino. Rispetto a quel pieno ideologico fatto di convinzioni, fedi, visioni dello sviluppo storico, possiamo constatare un vuoto, e in quel vuoto si è sviluppata la tenaglia: “La politica, smarrita nella quotidianità, si trova stretta – direi accerchiata – fra economia e fede religiosa, fra tecno-crazia e clero-crazia, le due potenze che, almeno in Italia, riempiono il vuoto lasciato dalle ideologie. Ecco la tenaglia, che la preme e serra con inaudita violenza.”

Da una parte c’è il liberismo economico con il suo Dio mercato, dall’altra la religione con il suo Dio. Da una parte si trova il capitalismo mondiale che ha fatto tutt’uno con la tecnica: le sue ragioni sono quelle del mercato, il suo faro è l’economia, il suo raggio d’azione è il pianeta. Dall’altra parte c’è invece il potere, il peso, l’autorità della religione. I due poteri hanno alcune caratteristiche comuni: hanno una pretesa di verità (incarnata dal mercato o rivelata da Dio), sono universali, hanno bisogno di un piccolo nucleo di adepti (che siano élites competenti o maestri di fede) per affermarsi. Presa fra questi due poli, la politica, depauperata dalla sua separazione rispetto alla cultura, si è smarrita, ha perduto ancoraggi che le sono necessari per renderla qualcosa in più di uno squallido arrangiarsi, si è mostrata incapace di pensare sulla lunga distanza, di durare, di rappresentarsi un futuro, di orientare e muovere all’azione, di basarsi su qualcosa di diverso dai meri numeri e dagli interessi.

Quella che si legge in queste pagine, e che fin qui ho tentato di riassumere, è una condanna senza appello della politica contemporanea: vuota, opportunista, senza fondamenti, incapace di legarsi al passato e di guardare in avanti, la politica viene mostrata come un piccolo cabotaggio che cerca di navigare senza una bussola.

Ma è proprio così? Il panorama è davvero così disastrato come Irti mostra?

Il dubbio è che le categorie con le quali l’autore pensa la politica e l’ideologia siano in gran parte responsabili del quadro  allarmante che emerge dalle sue pagine. Lo scenario disegnato, infatti, è quello del nichilismo: il regno del nulla. Vediamo che cosa stava al posto del nulla odierno per l’autore: stavano convinzioni, certezze, fedi. Da quelle convinzioni, certezze, fedi, derivavano obbedienza e fedeltà. Questi sono, a suo parere, gli ingredienti di una politica fondata. In mancanza di questi, subentra il nulla: il vuoto, la mancanza di punti fermi, il navigare a vista. La convinzione principale che è caduta con l’89 è, come è noto, l’ideologia marxista nella sua realizzazione storica in Unione Sovietica. L’altra ideologia fondata che è stata travolta dagli eventi è quella che teneva in piedi la Democrazia Cristiana: non per una crisi ideologica ma per l’effetto di Mani Pulite. Una domanda che possiamo farci è: davvero ce la sentiamo di rimpiangere che queste due ideologie fondate non siano più presenti come un tempo? Davvero è da rimpiangere l’epoca in cui dettavano legge? Ci sentiamo svuotati rispetto a esse e diminuiti dalla loro assenza? E’ preferibile un ancoraggio religioso o filosofico alle nostre convinzioni rispetto alla mancanza di saldi presupposti che viene denunciata? Ma poi, a bene vedere, è davvero senza presupposti il modo di far politica attuale?

Ci sono in questo testo alcune tesi che indirizzano il giudizio. Prima di tutto, l’autore ritiene che le ideologie abbiano un legame forte con la verità: la verità della filosofia o della religione. Se si crede invece che le ideologie siano sistemi di credenze atti a mobilitare i cittadini, la prospettiva cambia molto. In secondo luogo, Irti pensa alle ideologie come corpi immutabili, fondati nel passato, che attraversano senza mutare la storia. Ma ideologie anche fortissime come il socialismo hanno compiuto giravolte a ripetizione, si sono ampliate includendo tesi che non erano le loro, sono state revisionate, riviste, amputate, capovolte perfino, sempre mantenendo lo stesso nome. Una terza tesi è che l’ideologia guidi la politica, e dunque che una politica priva di ideologia sia vuota. Senza negare che la crisi delle ideologie si è verificata, ci sarebbe tuttavia molto da discutere sul peso effettivo che le ideologie hanno avuto sull’azione politica anche in passato.

La coppia di categorie fra le quali si muove questo ragionamento è da un lato la verità e dall’altra la mancanza di fondamenti. Mentre la verità dovrebbe stare alla base delle ideologie, e dunque della politica, è il suo esatto contrario che si verificherebbe oggi: una mancanza di fondamenti che coincide con lo scetticismo, con una libertà fasulla, con il vagare da una parte e dall’altra senza un orientamento preciso. Non so se la politica abbia a che fare con la verità, la salvezza, l’orientamento della storia verso un esito conclusivo. Questi sembrano obiettivi e modi di procedere propri della filosofia e soprattutto della religione: territori rispetto ai quali la politica si differenzia notevolmente. Non si differenzia da essi la politica depauperata e ideologicamente debole di oggi: se ne differenzia qualunque politica. Se la politica deve avere visioni e orizzonti larghi, è anche sbagliato abbassare la quotidianità a insensatezza: è nella quotidianità che gli uomini, i cittadini, vivono. E’ forse illusorio sentirsi liberati dalla scomparsa della Dc e del PCI d’antan: ma è anche incomprensibile definire l’alleggerimento ideologico come un “generico e indistinto appello alla ‘libertà’”. Sarà pur vero che in giro si percepisce confusione e a volte smarrimento: ma è il caso di rimpiangere lo stalinismo da una parte e il legame con la Chiesa dall’altro? Il pragmatismo sarà anche filosoficamente povero (come Irti sostiene), eppure il suo nome nella storia della filosofia contemporanea è uno dei momenti più alti e più appassionanti.

Se la politica non si riempie di nuovo di contenuto, essa non saprà affrontare le sfide della tecnica, della globalizzazione, del mercato – sostiene Irti. Tecnica, globalizzazione, mercato: il compito della politica è quello di contrastarli in nome di una visione del mondo, di una verità? Oppure compito della politica è piuttosto quello di governarli? Le questioni della vita e della morte sono entrate di prepotenza nella politica: l’autore afferma che la politica può rispondere solo se possiede una concezione del mondo, una verità. Siamo sicuri? Di fronte a problemi emersi con forza negli ultimi anni – la manipolazione degli organismi viventi, i problemi planetari come quello dell’inquinamento, del riscaldamento terrestre, delle trasformazioni climatiche, dell’intervento nei confronti dell’ambiente – il possesso di un’ideologia servirebbe davvero a capire meglio e a essere all’altezza?

Il mondo si è fatto complicato, si è trasformato, problemi inediti sono emersi, e tutto questo mentre le vecchie certezze si sono incrinate: è certamente più faticoso rispondere, muoversi fra campi ideologici crollati, mischiati, riconfigurati, trovare un orientamento che non è automatico o prefissato. Questo nuovo non è migliore o peggiore del passato: è semplicemente diverso. E probabilmente la nostalgia non aiuta a capirlo.

N. IRTI, La tenaglia. In difesa dell’ideologia politica, Roma-Bari, Laterza, 2008