Qualcuno abbia pietà di Contrada

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Qualcuno abbia pietà di Contrada

07 Luglio 2008

 

Stanno uccidendo un essere umano. Nel Paese dove i cortei arcobaleno sfilano contro Guantanamo e le anime belle radical-chic, con l’aperativo in mano, firmano appelli per “Nessuno tocchi Caino”, un essere umano, sfibrato dalla malattia e dalla privazione, sta morendo in carcere.

Non ci sono ex di Lotta Continua a perorare la sua causa, non ci sono ex compagni, ora direttori di giornali che ne prendono le difese, non tiene conferenze o scrive libri da filosofo del riflusso; è un uomo solo, che tra le quattro mura anguste della cella, vede ogni sera il buio della morte.

Perché questo uomo sta morendo in cella? Per un reato che neppure esiste nel codice penale, il concorso esterno in associazione mafiosa: un obrobrio giuridico, un’impalpabile accusa, fatta di si dice, si mormora, nella terra dell’omertà. Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere. Ma potrebbe toccare anche a voi, cari lettori, se per caso passeggiando per le vie di Palermo incrociaste gli sguardi di qualche piccolo pesce appartenente a Cosa Nostra, a voi totalmente sconosciuto (non è necessario baciarlo, come dissero successe ad Andreotti qualche anno fa), ebbene, state pur certi, potrebbe non mancare qualche giudice zelante, che ve ne chiederà conto.

Perché questo uomo sta morendo in cella? I “si dice” di cui sopra provengno dai mafiosi che ha arrestato e combattuto per tutta la vita, una vita al servizio dello Stato, con umiltà e senso del dovere. 

Perché questo uomo sta morendo in cella? C’è un tribunale di sorveglianza che ha così sentenziato in relazione alla richiesta di differimento della pena: “Non è sufficiente che l’infermità fisica menomi in misura rilevante la salute del soggetto in espiazione della pena, ma è necessario che la stessa raggiunga un livello tale da rendere incompatibile il senso di umanità”.

La menomazione fisica deve “superare il limite della umana tollerabilità”. Cosi sentenzia un tribunale della Repubblica Italiana, della nostra tanto sbandierata democrazia, in un mondo dove anche i diritti degli scimpanze sono ormai tutelati per legge, in questo nostro mondo d’Occidente, ci sono giudici che si arrogano il diritto di stabilire il limite dell’umana tollerabiltà e di ciarlare a proposito del senso di  umanità. Ho terrore di questi rappresentanti dello Stato, che si credono, e purtroppo sono, nel   caso di quest’uomo morente in cella, onnipotenti. Ho terrore perché un giorno uno di questi tribuni, nel nome della Repubblica Italiana, potrebbe rubarmi per esserne padrone, il mio proprio senso di umanità, quel confine intimo che divide ciascuno di noi uomini, dagli animali. 

Liberate Bruno Contrada, liberatelo, ha 77 anni e sta morendo in carcere.