Lavoro: la “disintermediazione” al tempo dei grillini
17 Aprile 2017
Disintermediazione grilline. “La presenza e l’iniziativa dei lavoratori nella governance delle proprie imprese va disintermediata” così Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera dell’11 aprile riporta una citazione dal blog del Movimento 5 stelle. Basta, dunque, coi sindacati, i lavoratori devono poter intervenire direttamente magari via internet sulla vita delle loro imprese, poi, dopo che saranno intervenuti, Beppe Grillo indicherà quale è la loro vera volontà e un qualche magistrato deciderà quale è la loro “vera” scelta.
Ma l’Europa è l’Unione europea? “Noi pensiamo che spetti soprattutto al ceto intellettuale riprendere tutti questi fili e porre con forza e illuminare il nodo dell’identità storico-culturale dell’Europa” scrivono Roberto Esposito ed Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 10 aprile. Il Corriere attraverso due intellettuali di prestigio lancia la proposta di un presidente europeo eletto direttamente. Di per sé questa è un’impresa quasi impossibile: fondare una nuova vera realtà statuale partendo dal tetto e non dal rapporto con la legittimità che – almeno finché si resta sul terreno liberaldemocratico – nasce dalla rappresentanza popolare è particolarmente spericolato. Se poi si confonde l’Europa con l’Unione europea non tenendo conto che la nostra è una civilizzazione che, da Cesare a Costantino fino a de Gaulle, ha le sue radici tra Atlantico e Urali, e non solo sul Reno, la missione diventa veramente suicida.
It’s the State’s crisis, stupid. “Nell’emergere essenzialmente di tre crisi congiunte: quella economica e del lavoro, quella migratoria, quella del terrorismo jihadista” scrive Ezio Mauro sulla Repubblica del 10 aprile, commentando un libro di Marco Revelli che spiega le radici del nuovo populismo. La scarsa attenzione alle questioni liberaldemocratiche in un pensatore estremista come Revelli si riflette su Mauro, facendogli dimenticare la causa essenziale del cosiddetto populismo europeo: la crisi della rappresentanza popolare alimentata dall’impasse degli Stati nazionali, dal non decollo del federalismo europeo, dal tentativo globalmente sviluppato di superare un assetto westafaliano delle relazioni internazionali senza però definire nuove forme di legittimazione del potere.
E la Sarzanini si ritrovò nella tipica situazione descritta da Buridano. “Un quadro talmente grave da riaprire lo scontro tra i due uffici giudiziari” scrive Fiorella Sarzanini sul Corriere della Sera del13 aprile. E’ ben comprensibile il dramma del giornalismo giustizialista: credere a Ielo o a Woodstock? E’ dai tempi di Buridano e del suo asino (sarebbe morto di fame perché non seppe scegliere tra i due secchi di fieno di pari quantità e qualità che gli erano stati posti a fianco a destra e sinistra) che non si presentavano dilemmi simili accompagnati da grida d’angoscia come quelle che, sempre sul Corriere del 13, lancia Gian Antonio Stella: “Come la mettiamo: ci sono giudici buoni e giudici cattivi?”.