
Terrore su Mosca ma Putin insegue nemici immaginari

23 Marzo 2024
Il criminale di guerra Putin non perde l’occasione per scaricare sugli ucraini l’eccidio del Crocus City Hall di Mosca, 130 morti e oltre 100 feriti. Ma è l’ISIS-K ad essersi attribuita la responsabilità del l’attacco nella sala da concerto, pubblicandone anche le foto. L’ISIS-K è il ramo afghano dello Stato islamico, Stato islamico del Khorasan, attivo dal 2014, uno dei gangli della internazionale nera che sogna di rimettere il Califfo al potere in Asia Centrale, dall’Afghanistan, al Pakistan e all’Iran.
In Iran a gennaio il gruppo ha effettuato due attentati che hanno ucciso quasi 100 persone. La brutalità e l’inclinazione ad azioni spettacolari sono caratteristiche del gruppo terrorista. Alla guida dei terroristi c’è Sanaullah Ghafari, alias Shahab al-Muhajir, il leader del gruppo: secondo il Dipartimento di Stato Usa, l’emiro è stato nominato nel giugno 2020.
Le ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan, sono tra gli obiettivi di ISIS-K. Putin può starnazzare quanto vuole contro Kiev ma il terrore islamico è una minaccia concreta per la Russia, che negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare le ribellioni islamiste nel Caucaso settentrionale e ha subito una lunga serie di sanguinosi attentati in diverse città del Paese. Tra questi, l’attentato del 2017 nella metropolitana di San Pietroburgo che uccise 15 persone e ne ferì 45.
Solo due settimane fa, i servizi d’intelligence russi hanno riferito di aver eliminato una cellula del Khorasan che pianificava un attacco contro una sinagoga proprio a Mosca. Da quando gli Stati Uniti hanno abbandonato l’Afghanistan nel 2021, l’ISIS-K ha concentrato la sua attenzione sulla Russia. L’attacco al Crocus City Hall di Mosca rappresenta una drammatica escalation nella guerra dichiarata dagli islamisti contro Putin, colpevole ai loro occhi di avee cambiato il corso della guerra civile siriana intervenendo nel 2015 a sostegno del presidente Bashar al-Assad contro lo Stato Islamico.
“Il gruppo accusa il Cremlino di avere sulle mani sangue musulmano, facendo riferimento agli interventi di Mosca in Afghanistan, Cecenia e Siria”, ha affermato Colin P. Clarke, analista antiterrorismo presso il Soufan Group di New York. Così, diventa chiaro come il Khorasan “si sia fissato con la Russia negli ultimi due anni”.
Le agenzie americane di intelligence nelle ultime due settimane avevano raccolto informazioni secondo cui l’ISI-S stava pianificando un attacco a Mosca e le avevano condivise di recente con la parte russa, ma Putin aveva definito quelle degli americani dichiarazioni “provocatorie”, “un vero e proprio ricatto” scaturito dall’intenzione di “intimidire e destabilizzare la nostra società”. Questo la dice lunga sulla natura del regime russo. Putin non è interessato a proteggere il popolo russo da minacce reali: il suo regime è più abile nel reprimere i dissidenti pacifici che i terroristi violenti.
Per Putin l’eccidio di ieri è uno smacco. Nonostante gli avvertimenti americani, le strutture della forza russe si sono fatte cogliere impreparate. Da qui l’ansia putiniana di cercare un colpevole e lo scarico di responsabilità sull’Ucraina.