Da Benedetto un nuovo sguardo sulla realtà e sulla vita

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Da Benedetto un nuovo sguardo sulla realtà e sulla vita

Da Benedetto un nuovo sguardo sulla realtà e sulla vita

16 Aprile 2007

Nella concezione cristiana, il tempo è redento e reso da Dio proscenio della verità. Ogni frammento della nostra vita, ogni scampolo di memoria attinge alla verità del Signore della storia, che, come Giovanni Paolo II affermò solennemente nella sua prima enciclica, la Redemptor hominis, non lascia solo l’uomo, nel suo percorso di homo viator, ma, al contrario, lo segue e lo incalza con il suo amore. Ecco, questa teologia della storia ha edificato l’animo profondamente spirituale di Benedetto XVI, fin dai tempi della sua riflessione teologica accademica, fin da quando, studiando San Bonaventura, comprese che la vicenda umana si intreccia, nella storia come nel quotidiano, necessariamente con l’azione di Dio.

Gli ottant’anni di Benedetto XVI sono l’occasione per far nostro questo punto di vista, considerandolo lo spunto magistrale di un mutamento di sguardo sulla realtà e sulla vita. Da ogni discorso di questo mistico Papa, da ogni suo intervento, da ogni dichiarazione in qualsivoglia consesso, scaturisce una novità che ha il sapore dell’eterno. Questa cifra inedita dell’essere Papa è il vero scandalo contemporaneo. Scandalo significa, nel lessico evangelico, pietra d’inciampo e, infatti, in molti inciampano nel soglio di Pietro, quasi desiderando di richiamare alla nostra memoria il complesso anti-romano di cui anni fa un insigne teologo parlò, da par suo: Roma è il Papa. La nostra fede, oggi, è il Papa.

Questo Papa scuote le nostre coscienze e le strappa dal vortice caotico della banalizzazione elevata a sistema di vita, invitando l’uomo al pensiero e all’anelito dell’infinito. Così desidero leggere, in filigrana e con timore e tremore, la vicenda di un uomo che dona a tutti noi, impastati di peccato e di polvere, la misura di una missione più grande, legata all’infinita fatica di essere uomini. L’apostasia dell’uomo da Cristo diventa inevitabilmente l’apostasia dell’uomo da se stesso: questa verità, oggi confermata ad ogni angolo del mondo, è, a mio avviso, la chiave del pontificato di Benedetto XVI. Ed è, paradossalmente, la chiave del suo impegno, così insistito e incisivo, nell’agone pubblico, nell’agorà, un modo di testimoniare la fede assolutamente moderno, laico e carico di mistica coinvolgente.

Queste le radici della forza evangelica e pubblica del discorso del Pontefice su Dio e su Cristo: il fatto, in fondo, che non di un discorso intellettuale si tratti, ma di un avvenimento incontrato e testimoniato. Il suo libro su Gesù di Nazareth è appunto un avvenimento, un evento di incontro e di ricerca, un’avventura di scoperta, umana e spirituale, del Salvatore, di Colui che, anche oggi, dà fastidio a tutti i farisei del nostro tempo, incrina le loro certezze senza verità. L’annuncio libero e coraggioso di Cristo libera il cuore dell’uomo, lo rende capace di stare al passo con i desideri del proprio cuore; rende, infine, l’uomo più umano e attento ai bisogni di chi soffre e avanza nella vita, con la candela in mano, debole, tremante, sempre nostro fratello. I

l discorso pubblico sostanziato da una fede che non può che farsi testimonianza pubblica, universale, si salda alla ricerca personale di Cristo e rende l’oggi un momento finalmente carico di ulteriorità inedita, di attese nuove, di ricerca vera. Buon compleanno, Santità, da chi, come chi scrive, cerca e spera Colui che viene, e grazie per l’unica esperienza da salvare in questi anni affollati e tormentati: la testimonianza del Pastore che reca certa pace al cuore e conforto incessante alla vita.