Se i lavoratori Alitalia tengono sotto scacco i lavoratori italiani

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Se i lavoratori Alitalia tengono sotto scacco i lavoratori italiani

11 Novembre 2008

“A causa delle agitazioni iniziate ieri l’Alitalia anche oggi sarà costretta a cancellazioni e ritardi, con ripercussioni su molti passeggeri che subiranno forti disagi e lunghe attese”. È un  comunicato della compagnia di bandiera che spiega anche come “il personale Alitalia di Fiumicino e degli scali che di riflesso risentono di tali problemi operativi, stia fornendo tutto il supporto necessario ai propri clienti”. Magra, incerta e fumosa consolazione.  Ma del resto, come sia possibile che un’assemblea di 200 persone paralizzi un’intero Paese è un mistero tutto italiano.

Ieri migliaia di cittadini hanno assistito al diniego di un basilare diritto – viaggiare dopo aver acquistato un biglietto –  con rassegnazione e più di qualche puntina di collera. Deve aver pensato ai lavoratori italiani tenuti sotto scacco dai lavoratori Alitalia, il ministro Sacconi quando stamani ha detto: “Abbiamo bisogno di realizzare un migliore equilibrio tra tutela del diritto di sciopero e tutela dei diritti degli utenti dei servizi essenziali”.

Stesso copione oggi: la rivoltina sindacale durerà fino alle 18 ma l’onda dei disagi sta già travolgendo il Paese (sono già 25 i voli cancellati in partenza da Fiumicino), l’ennesima farsa che fa capo a una compagnia di bandiera di cui probabilmente davvero non si vorrebbe più sentir parlare. Con o senza Cai. Forse perché stavolta si è raggiunto il limite: cancellare oltre 100 voli ritardando la partenza di tutti gli altri nel giorno in cui lo sciopero del trasporto pubblico paralizzava il Paese è un attentato alla democrazia che come dice Franco Locatelli sul Sole 24 ore di oggi ha ben poco a che vedere con una normale e salutare dialettica sindacale.

Il Governo tiene comunque la linea dura. “Ora c’è un problema di rispetto delle regole, delle leggi. Non è possibile che minoranze paralizzino il nostro sistema aeroportuale”, ha detto il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, secondo cui “la precettazione deve essere rispettata e le sanzioni devono essere effettivamente applicate”. Per questo sarebbe  necessaria una legge che regolamenti gli scioperi. “Ieri – ha detto il ministro – sono stati compiuti degli atti illegali, come realizzare un picchetto davanti all’accesso del personale di volo, quindi è necessaria anche una legge, di cui abbiamo già discusso in Consiglio dei ministri, e sulla quale consulteremo le parti sociali, per poi davvero iniziare l’iter parlamentare”.

La domanda però resta: a cosa è servito ieri, e serve oggi,  tanto rumore? Ebbene, se l’intento era di intaccare il Piano Fenice, il risultato è a dir poco misero. Sull’iter del progetto di Colaninno&C. non ci sarà nessuna conseguenza: a breve si assisterà alla messa in mobilità di tutti i dipendenti che rifiuteranno la proposta di assunzione in base agli accordi già presi. Per la prima volta in un’operazione di queste dimensioni sarà avviata la procedura di selezione nominativa, ovvero ogni  lavoratori dell’ex Alitalia sarà chiamato a firmare il nuovo contratto di lavoro (quello accettato da quattro sindacati ma non dalle sigle autonome). Intanto la Cai dovrebbe partire i primi di dicembre ma sulle rotte regna ancora il silenzio; l’ingresso del partner è un imperativo categorico ma sulla scelta ci sono ancora solo voci (e neppure tanto attendibili); le modalità per risarcire azionisti e obbligazionisti italiani (attraverso un fondo alimentati dai conto dormienti) appare perlopiù fumoso; ancora: sugli slot (finestre di tempo entro il quale un aeromobile ha il permesso al decollo, la vera ricchezza di Alitalia) è guerra d’idee; il calo di passeggeri continuerà perché l’affidabilità è uno dei pochi principi a cui ancora ci si raccomanda (a ottobre pare che la compagnia abbia perso il 30% rispetto allo stesso mese delo scorso anno). Eccetera, eccetera, eccetera.