In tempi di protezionismo sono curiosi i toni entusiastici su Fiat-Chrysler
06 Maggio 2009
Caro direttore,
il settore dell’auto e’ stato fra i primi ad avvertire gli effetti della contrazione del credito al consumo, e in generale di quegli schemi di pagamento che lo avevamo lubrificato negli anni scorsi, in America ed altrove. Da questo punto di vista, come ricordava anche Francesco Forte su queste colonne, in esso si presenta – in piccolo – cio’ che deve avvenire anche altrove nell’economia mondiale. C’e’ una necessita’ di aggiustamento, di correzione di rotta, perche’ vi e’ una capacita’ produttiva in eccesso.
Se il problema (per sintetizzare un po’ brutalmente) e’ che facciamo troppe macchine, bisognera’ farne di meno. Fiat in questo quadro si sta muovendo con straordinaria abilita’. Colpiscono in particolar modo tre cose. La ricerca di sinergie, nel tentativo di fare massa e sfruttare le economie di scala del settore dell’auto. L’intuizione di fare arbitraggio fra le diverse strategie di sostegno al settore. La disponibilita’ degli Agnelli a diluirsi in un gruppo piu’ grande, edificato attorno a Fiat ma di cui Torino non e’ l’alfa e l’omega.
L’entusiasmo dei giornali italiani ha pero’ ragioni che affondano altrove. La prima e’ la proprieta’ dei maggiori quotidiani, direttamente (Corriere e Stampa) o indirettamente (Sole) se non controllati fortemente influenzati da Fiat. Si tratta dei tre quarti della stampa “importante” del Paese – punto d’approdo ideale della carriera di ogni giornalista, che e’ incentivato a modulare le proprie riflessioni di conseguenza. La seconda e’ l’utilita’ di questo deal rispetto alla strategia di comunicazione del governo: l’attivismo di Fiat viene esibito come prova della solidita’ del sistema Italia.
E’ curioso che ci sia tanto entusiasmo per un’operazione all’estero, in momenti di protezionismo strisciante come quello che stiamo vivendo. E che tiene banco ancora fra i sindacati, che non a caso vorrebbero utilizzare lo strumento della rottamazione per vincolare in Italia gli investimenti di Fiat. E’ la vecchia logica del mercantilismo che non muore mai: esportare e’ bello, “conquistare” mercati e’ positivo, aprire i propri e “lasciarsi colonizzare” invece e’ male. L’economia come il gioco del risiko. L’opinione pubblica continua a ragionare in quest’ottica, dimenticando che il mercato e’ un incastro tra domanda e offerta, con scarsa considerazione delle barriere nazionali.