D’Alema e Amato parlano di clandestini con la solita retorica comunista

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D’Alema e Amato parlano di clandestini con la solita retorica comunista

27 Maggio 2009

Giuliano Amato e Massimo D’Alema hanno scritto un compitino in prima pagina del Corriere della Sera di sabato scorso che invitiamo tutti a  leggere. E’ infatti la più convincente – quasi scientifica spiegazione – del perché il loro schieramento si stia dannando per riuscire ad acciuffare il 25 per cento dei consensi elettorali, e stia rotolando scompostamente verso il disastro.

Il tema era azzeccato: l’immigrazione clandestina. Lo svolgimento era un classico della retorica comunista e post comunista. I due, iniziano con la demonizzazione e lo stravolgimento della posizione dell’avversario politico, lasciando intendere – ma senza affermarlo direttamente, questo è lo stile della disinformatzja – che il Pdl e i governo vogliano eliminare dall’Italia i milioni di immigrati regolari che vi lavorano.

Facile dimostrare che sarebbe un disastro. Indi, breve spazio alle doti sante progressive del multiculturalismo a cui segue la raffica di statistiche sul fallimento della politica di contrasto dell’immigrazione clandestina da parte del governo Berlusconi, l’illustrazione delle cose fantastiche fatte dai due all’epoca del glorioso governo Prodi di cui hanno fatto parte e infine, dopo la solita, lunghissima, pars destruens, la piccola, pazzesca, proposta: la chiave di soluzione del problema è tutta negli accordi di riammissione che l’Italia, seguendo il loro esempio, deve stipulare con i paesi di provenienza dei clandestini.

Tutto bene, tutto ottimo, fantastiche le righe dedicate allo sdegno per la violazione del diritto d’asilo da parte di Maroni con i suoi respingimenti… Salvo il fatto che tutto questo lungo parlar bene di se stessi ha un piccolo difetto: non ha nulla a che fare con la situazione reale. E’ questa la caratteristica più spaventosa della crisi della sinistra: demonizza gli avversari, si sborda di lodi a se stessa e al suo operato e non ha il minimo senso dei problemi reali che il paese ha di fronte, evitati accuratamente perché, se affrontati di petto immediatamente si coglierebbe la necessità di una risposta dura e decisa, appunto quella che la sinistra vuole evitare (sulla lotta al terrorismo, questa sindrome dà i suoi peggiori risultati).

Il problema reale che Amato e D’Alema eludono, infatti è la caratteristica del flusso migratorio clandestino: la portentosa organizzazione criminale semischiavistica che la supporta e addirittura la crea, la sollecita, la enfatizza. Questo è il punto. Le cifre della massa dei clandestini sono bibliche: un milione in Libia, in attesa di imbarchi, milioni in viaggio via terra dall’Africa sub-sahariana alle coste mediterranee, decine di milioni in incubazione. E questo, non a causa di carestie o nuove guerre o disastri economici, ma semplicemente perché un’immensa rete di organizzazioni criminali ha steso il suo reticolo in Africa e Asia e ha creato l’abnorme struttura che trasporta questi semi schiavi.

Una rete che sa di potere vendere il miraggio dell’ingresso in Europa a causa della permeabilità dei suoi confini marittimi. Ma Amato e D’Alema nulla propongono per distruggere questa rete, la loro proposta è semplicemente – al solito – di lasciare che il fenomeno deviato e criminale funzioni, salvo poi intervenire per di più con una proposta burocratica e inefficace – con questi loro accordi di riammissione che dovrebbero servire a riportare alla stazione di partenza i clandestini. Ma è proprio questo che non funziona, è proprio questo che la realtà – che i due non sanno e non vogliono vedere – il punto debole.

I centri di accoglienza dei clandestini non riescono a funzionare, sono dei colabrodo, perché tutto il loro raffinato ragionar sottile ha un punto debole: basta che i clandestini non abbiano documenti e si rifiutino di dichiarare il paese di provenienza – o ne dichiarino uno falso – e non c’è accordo di riammissione che tenga: restano in Italia e non si sa dove rimandarli. Proprio per questo il governo ha iniziato la politica dei respingimenti. Per stroncare alla radice il vero fenomeno pericoloso – la enorme rete dei mercanti dei barconi – e per comunicare a questa enorme massa che preme la semplice, dura, notizia: in Italia non si entra. Punto.