Nelle registrazioni “scoop” della escort c’è solo la sconfitta di una ricattatrice
22 Luglio 2009
La partita sarebbe chiusa anche a volersi mettere sullo stesso piano di Repubblica: ieri Giuseppe D’Avanzo – l’unico che, dagli articoli che scrive, sicuramente non sta bene – ha scritto un’altra articolessa rococò in cui ha citato Dürrenmatt e Jankélévitch prima di tirare finalmente «qualche conclusione» come fa regolarmente da aprile scorso. Ieri ha concluso questo: «Berlusconi sapeva che Patrizia era una prostituta… I documenti sonori dell’Espresso sono la risposta inoppugnabile all’interrogativo». Vediamolo allora il primo inoppugnabile documento sonoro dell’Espresso. È l’ottobre 2008 e Giampaolo Tarantini dice alla prostituta Patrizia D’Addario: «Berlusconi non ti prende come escort, capito? Lui ti prende come un’amica mia che ho portato». Se questo è l’inoppugnabile, come sarà l’oppugnabile?
Ma rispondere a questa domanda implicherebbe il mettersi appunto sullo stesso piano di Repubblica: e non è il caso, così come non è il caso che la linea dell’avvocato Ghedini venga equiparata a una linea politica o editoriale. A ciascuno il suo mestiere: questo è un giornale e allora diamo anzitutto tutte le «notizie», perché è questo che separa la democrazia dalla dittatura, giusto? Un paese civile e democratico, cioè, è un paese che sbatta in apertura del Tg1 alcune registrazioni che si limitano a cercar di sfregiare un presidente del Consiglio che non ha commesso nessun reato e non è indagato in nessun procedimento: registrazioni, oltretutto, coperte da segreto istruttorio al cento per cento. È questo, un paese libero: dunque eccoci, stiamo al gioco.
Da capo: l’Espresso, ieri, ha diffuso la sbobinatura integrale di presunte conversazioni private intercorse tra la signora D’Addario e i signori Berlusconi e Tarantini. Che cosa rivelano? In una prima registrazione di metà ottobre 2008 c’è la signora D’Addario che si sta recando dal dottor Berlusconi e c’è il signor Tarantini, al telefono con lei, che rispolvera alcune regole di etichetta: le dice «mille già te li ho già dati» dopodiché il dialogo vira sull’uso del preservativo: se lo giudicate essenziale per la democrazia andatevelo a vedere sul sito di Repubblica, almeno per questo ci teniamo la dittatura.
Poi. Una seconda registrazione riporta un dialogo mattutino tra la signora D’Addario e il signor Berlusconi: dopo aver discusso se prendere caffè o tè o una tisana al miele – troppo zuccherata – ecco il colpo di scena istituzionalmente dirompente: «Che dolore, all’inizio mi hai fatto un dolore pazzesco»; «ma dài, non è vero»; «Ti giuro, un dolore pazzesco all’inizio». Nell’attesa di un’edizione speciale di Micromega, si procede con una terza registrazione anche se per il consolidamento della democrazia pare invero trascurabile: non si parla dei dolori vaginali della signora D’Addario e neppure dell’adozione o no dei cosiddetti goldoni (s. m. volg. – Dispositivo antifecondativo consistente in una sottile guaina di gomma naturale o sintetica). C’è soltanto Berlusconi che parla del G8 e del G14 e del G16 davanti a vari ospiti tra i quali la signora D’Addario e il signor Tarantini; il premier si vanta un po’ com’è sua tipica abitudine («io sono l’unico al mondo che l’ha presieduto due volte, nel 1994 e nel 2002») e una voce femminile, significativamente, risponde così: «Eeeehhh».
Ed eccoci alla quarta e ultima registrazione: il dottor Berlusconi parla con la signora D’Addario di – delusione – chiese finlandesi: «Noi qui abbiamo quarantamila parchi storici con tutti i tesori dentro, 3.500 chiese, 2.500 siti archeologici, pari al 52 per cento di tutte le opere d’arte catalogate al mondo». E alla signora D’Addario non le fa male niente.
Fine delle registrazioni, almeno per oggi: ne seguiranno di sicuro delle altre e magari chissà, anche delle foto, perlomeno dei disegni, secondo indiscrezioni circola un calco del pene. Il tutto sarà comunque centellinato come esige un corretto equilibrio tra poteri. La stampa estera, che da un paio di mesi non ha evidentemente un tubo da fare, a dire di Repubblica ci monitora attentamente. Anche Dürrenmatt e Jankélévitch, da qualche parte, osservano perplessi.
Dopo di che, scusate, c’è un fatto che è sotto gli occhi anche di un cieco: questa non è la storia di una prostituta che scaglia la sua vendetta sul ricco e sul potente, è la storia di una ricattatrice che incidentalmente fa la prostituta. È la storia, dapprima tristanzuola, di una escort che giunta al tramonto della carriera per sopraggiunti limiti di età cerca comprensibilmente di riciclarsi, di inventarsi un colpaccio: e piano piano s’inventa il padre italoamericano di Chicago – in realtà, a quanto pare, un «prosseneta», anche detto ricottaro, anche detto magnaccia – e poi, sempre più mestamente, s’inventa pure un fratello ballerino negli Stati Uniti (risulta morto 7 anni fa) e cerca insomma di emendarsi da una storia poco edificante con un ex marito protettore chiamato «Spaghetto» che lei aveva denunciato a una onlus che si chiamava «Giraffa»; una donna che, secondo l’amica Barbara Monteleone, e rendetevi conto, ambiva a diventare «famosa come Noemi».
E partiva col suo piano: puntava a palazzo Grazioli – grazie all’amico Tarantini – e conservava le ricevute dei biglietti aerei, e annotava i nomi delle ragazze che condividevano le sue esperienze, e gli hotel, tutto: questo prima – assai prima – di inventarsi che «Berlusconi mi aveva promesso che avrebbe mandato due persone di sua fiducia a Bari per sbloccare la mia pratica, ma non ha mantenuto i patti»: ciò che disse, cioè, nella sua prima intervista rilasciata al Corriere della Sera il 17 giugno scorso.
Si parla di una pratica, oltretutto, che allo stato non risulta neppure esistere. L’opera di spionaggio era cominciata già da un pezzo: ben prima di verificare le sue piccole e prevedibilissime delusioni – che non l’abbiano candidata alle Europee, per esempio – e ben prima di accorgersi che Berlusconi, cui non aveva neppure detto che mestiere realmente faceva – si era spacciata per agente immobiliare – non andasse oltre a delle piccole attenzioni dopo che avevano passato una notte assieme. Quando poi il premier venne in visita a Bari per tirare la volata elettorale ai candidati Pdl, in pubblico lui si limitò a stringerle la mano; e quando poi la D’Addario cercò di entrare all’hotel Palace per la successiva conferenza stampa, nessuno le chiese che mestiere faceva: ma per non farla entrare bastò appurare che non faceva la giornalista. Capì che era il momento di diventare famosa come Noemi, chissà, forse di più. Era pronta: aveva già annotato, registrato, fotografato e pianificato.
Ci sono vari modi per dividere un Paese, detto questo. A una parte progressista di questo Paese pare interessare essenzialmente che lei sia una volgare prostituta che ha «incastrato» Berlusconi. A un’altra parte conservatrice dello stesso Paese pare interessare che sia una sostanziale ricattatrice che di riflesso ridiventa allora una volgare battona. Alla parte prevalente del Paese, assai probabilmente, interessa semplicemente davvero poco o nulla di tutto questo.