Ricordo di Giovanni Spadolini, il riformista per tutte le Repubbliche
04 Agosto 2009
Questo articolo apparve su “il Riformista” il 4 agosto 2004, a dieci anni dalla scomparsa di Giovanni Spadolini. Ripubblicarlo oggi vuole essere un omaggio allo statista e alla sua sensibilità per i temi istituzionali, che ancora oggi discutiamo e proponiamo.
Spadolini riformista? Il quesito rampolla da un dubbio, si potrebbe dire da una riluttanza, che è quella di collocare il suo nome e la sua politica oltre la mediazione, il compromesso, la ricerca di un equilibrio. Oggi, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, si può e si deve provare a leggere lo Spadolini uomo e uomo di governo come colui che volle e seppe gettare le basi per una politica di riforme, in materia istituzionale specialmente. Lo Spadolini mediatore, invece, appartiene ad un modo di pensarlo condizionato dal suo modo di essere bonario e ragionevole, e dal fatto che divenne leader di un partito che aveva intorno al 3 per cento di consensi elettorali (ma con lui superò il 5 per cento), e quindi privo di una concreta forza propositiva e riformistica ma piuttosto avviluppato nel bisogno di compromesso. E’ questo un modo di pensare Spadolini – e con lui la politica del partito repubblicano – non solo inesatto, ma che stride e confligge con quello che è stato l’impegno politico e istituzionale. Anche i richiami, talvolta un po’ abusati, che si fanno alle sue parole d’ordine, che sono poi titoli di alcuni dei suoi numerosissimi libri, quale “L’Italia della ragione” e “L’Italia di minoranza”, lasciano immaginare, nella vulgata, un modo di essere e di pensare non tanto riformistico quanto tradizionale, elitario e risorgimentale. Se adesso proviamo a tirare fuori lo Spadolini riformista, non è per svolgere un esercizio di revisionismo storico ma piuttosto per spolverare un pezzetto di storia istituzionale restituendole così il giusto colore. Con una precisazione. Qui si parlerà soltanto di Spadolini riformista delle (e nelle) istituzioni, in particolare della sua visione del ruolo dell’istituzione governo nella democrazia italiana. “Riformismo, il riformismo dei riformatori – scrive Spadolini nel libro intervista di Laterza – significa interpretare lo spirito profondo delle istituzioni, quale ci è stato consegnato dai padri fondatori della Costituzione, e renderlo esplicito nella storia del nostro tempo, al confronto con le esigenze nuove della società civile”.
A rileggere il mandato di Spadolini quale presidente del Consiglio (da giugno 1981 a novembre 1982, con la crisi di 16 giorni d’agosto dell’82, superati i quali si ebbe lo Spadolini bis), non si può non rimarcare l’esperimento che egli volle fare per costruire, sebbene a Costituzione invariata, un “regime del primo ministro”: un’anticipazione di modello di premierato, oggi possiamo dire, che esalti il ruolo guida del governo e del suo presidente in un sistema parlamentare parimenti forte. Capovolgendo così l’illusione ottocentesca, che la forza dei parlamenti fosse nella debolezza dei governi e viceversa. Come diceva Spadolini presidente del Consiglio: “A un governo istituzionalmente forte corrisponde un parlamento forte, a un governo debole corrisponde un parlamento debole”. I passaggi del “premierato” spadoliniano emergono chiaramente nelle scelte che vennero fatte e nelle proposte che furono avanzate durante il governo Spadolini. E non mi riferisco solo al famoso decalogo istituzionale. Innanzitutto, la convinzione che il governo debba essere sostenuto dai partiti senza essere dei partiti e neppure delle delegazioni dei partiti; quando si forma un governo si esce dall’articolo 49 della costituzione e si entra nell’articolo 94, cioè in un’area istituzionale più vasta estranea alla partitocrazia. Quindi, l’obiettivo è quello di creare la zona di distacco tra governo e partiti nel coagulo dei poteri di scelta, di direzione unitaria e di coordinamento attivo, per capacità di impulso proprio, del presidente del consiglio. Mettere al centro il presidente del consiglio vuol dire creare nell’istituzione governo il luogo delle responsabilità ministeriali; vuole altresì dire dotare la presidenza di istituti e procedure volte a dare sostanza ai poteri da esercitare: come avvenne con i decreti del 12 settembre 1981 e 29 aprile 1982 con i quali si crearono una serie di strutture di supporto alla presidenza. E poi, si sottolinea un altro proposito tipico del modello di premierato, che venne pubblicamente manifestato in un discorso in Parlamento: “Reputo necessario che si formi una prassi costituzionale tale per cui il presidente del Consiglio possa proporre al presidente della repubblica la revoca dei ministri e dei sottosegretari”. Ancora, la proposta di avocare al Consiglio dei ministri affari deferiti a comitati interministeriali, così come l’assunzione di diretta responsabilità del presidente per il settore dei servizi segreti. E poi c’è il decalogo istituzionale.
Dieci punti di revisione istituzionale sui quali venne data investitura ad un governo, fatto questo non solo inedito ma assai significativo. Non li elenco, ma li sintetizzo nella formula del “governo in parlamento”: e quindi riforme dei regolamenti parlamentari sul voto segreto, sulla legge finanziaria, e per garantire al governo “i tempi della decisione parlamentare sulle proprie iniziative programmatiche” (evitando così l’abuso dei decreti legge); e poi, riforma della presidenza del consiglio e dell’organizzazione ministeriale “su modelli europei”, riforma delle autonomie locali in grado di dare una nuova configurazione ai poteri locali. Insomma, un decalogo istituzionale certo non timido per allora, ma che portava in sé una grande riforma: quella dell’autonomia dei poteri di direzione e di promozione del premier, che rappresentava una novità dopo il tentativo De Gasperi, e che offrirà le condizioni politico-istituzionali, pochi anni dopo, a Bettino Craxi per poter governare a lungo e con piglio decisionista.
Spadolini riformista delle istituzioni? La risposta è si. Avvalorata da una specificazione tutta spadoliniana: in democrazia non si va al potere ma al governo. E con le valigie pronte.