Abolire l’Irap non è semplice ma le soluzioni per farlo si possono trovare
23 Ottobre 2009
L’Irap, imposta regionale sulle attività produttive, nacque nel 1997 durante il primo Governo Prodi. Fin dall’inizio non ebbe vita facile ma, passando gli anni, fu anche peggio. Sono pochissimi ormai quelli con validi argomenti a difesa di una delle imposte più inique mai inventate.
L’intento iniziale era apprezzabile: abolire tante imposte e tasse – la tassa sulla salute, l’Iciap, l’Ilor, i contributi sanitari e altre minori – e sostituirle con un’unica imposta destinata a finanziare la spesa sanitaria delle regioni. Il risultato fu un disastro.
L’Irap divenne imposta sul reddito pur non essendo calcolata sul reddito ma sul valore delle attività produttive, vale dire sul costo del lavoro, sul costo del capitale e sul profitto. Quindi più alto è il costo del lavoro o più un’impresa è indebitata più Irap si paga.
Il risultato, di per se iniquo ma aberrante in anni di crisi come questo, è che imprese in perdita, quindi con reddito negativo, devono quasi sempre pagare l’Irap, con evidente aggravio della posizione finanziaria, spesso di questi tempi molto pesante.
In quanto considerata imposta sul reddito, l’Irap non è deducibile dalle imposte sul reddito ma dato che non è, di fatto, un’imposta sul reddito (ma bensì un ibrido tra un’imposta una tassa e un contributo) dovrebbe essere deducibile dal reddito, se prevalessero ragioni di equità fiscale e non di gettito.
Negli anni l’Irap è stata oggetto di attacchi da fronti diversi. Si è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Ue, la Corte Costituzionale, il Parlamento è intervenuto diverse volte per mitigarne gli effetti perversi. Oggi, pur avendo perso pezzi per strada – una fetta dei lavoratori autonomi è esclusa, il cuneo fiscale ha ridotto l’incidenza del’Irap sul costo del lavoro, le piccole imprese hanno una franchigia – garantisce ancora allo Stato, anzi alle Regioni, circa 40 miliardi di euro di gettito.
Il dibattito sulla riforma dell’Irap: riduzione, deducibilità dal reddito, abolizione è tornato alla ribalta con la dichiarazione di Berlusconi ("pronti al taglio graduale dell’imposta", ha detto ieri il Presidente del Consiglio). Ma alcuni attenti osservatori, primo fra tutti il Prof Guido Tabellini, Rettore della Bocconi, indicano l’Irap come imposta sulla quale agire come leva per favorire la competitività delle imprese italiane.
Il problema di come sbarazzarsi dell’Irap è però molto complesso: il bilancio dello Stato non è in grado di perdere 40 miliardi di euro di gettito in tempi rapidi.
Come allora sostituire il gettito Irap con altre entrate oppure con minori spese o con un mix delle due? Questo è un problema innanzitutto politico ma anche di politica economica. Le variabili economiche e sociali in gioco sono molteplici, ma se esiste una forte volontà politica le soluzioni tecniche si trovano.