Bloccando la ricerca sugli Ogm si colpisce tutto l’agroalimentare

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Bloccando la ricerca sugli Ogm si colpisce tutto l’agroalimentare

12 Novembre 2009

L’Italia ha da molti anni un ruolo importante nella filiera agro-alimentare, ma rischia di perderlo, se continuerà a prevalere nel nostro Paese la chiusura incondizionata ed ideologica allo sviluppo di una sana agricoltura ogm.

“I nostri prodotti tradizionali sono sempre più deperiti, ogni anno ne perdiamo qualcuno. Gli agricoltori sono costretti ad usare sempre più pesticidi, a causa di parassiti continuamente più attivi e resistenti. Non è un caso se negli ultimi anni l’uso di prodotti chimici in agricoltura sia aumentato del 15 per cento in Europa, mentre nel continente americano si è ridotto del 15 per cento”. La denuncia è di Francesco Sala, docente di biotecnologie all’Università di Milano (una mente libera, prima che un ottimo ricercatore), durante la conferenza stampa che Benedetto Della Vedova e l’associazione Libertiamo hanno organizzato per illustrare i contenuti di un’interrogazione parlamentare sul tema della ricerca ogm al ministro Zaia. “Alcuni prodotti della terra – ha aggiunto Sala – sono ormai a rischio estinzione: pensiamo al pomodoro San Marzano o all’ottimo riso Roncarolo… L’unica soluzione sono delle sane e controllate applicazioni ogm. Gli ogm sono il vero cibo biologico”.

Fino al 2001 l’Italia era all’avanguardia nella ricerca biotecnologica pubblica, erano in corso oltre 250 sperimentazioni di altissima qualità, relative soprattutto a prodotti tipici della nostra agricoltura, che non interessavano (né interessano) le fantomatiche multinazionali. Sala dirigeva uno staff di dodici giovani ricercatori, tra cui “due cinesi, due cubani ed un inglese” che avevano scelto l’Italia per la qualità della sua ricerca nel campo e, probabilmente, anche per la qualità della vita del Belpaese. E poi? Poi la mannaia di Pecoraro Scanio si abbatté sui fondi della ricerca pubblica in materia di ogm e i ricercatori hanno giustamente cercato e trovato altri lidi. L’allora ministro delle Politiche Agricole tolse le risorse ai ricercatori biotecnologi, invitandoli ad appassionarsi ad altro nella vita.

Se questo è lo stato della ricerca pubblica, la ricerca privata è di fatto bloccata dalla mancata autorizzazione da parte dell’attuale ministro, il leghista Luca Zaia, del “rilascio nell’ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall’immissione sul mercato”. Secondo un decreto del 2005, per ogni specie geneticamente modificata su cui si vuole effettuare la ricerca sul campo è opportuno un protocollo, che prima di approdare alla scrivania del Ministro ha bisogno del parere favorevole di uno speciale Comitato tecnico di coordinamento, composto da rappresentanti ministeriali e da delegati della Conferenza Stato-Regioni. Dal 20 novembre del 2008 vi sono ben nove protocolli che hanno ricevuto il parere favorevole del Comitato (riguardano agrumi, kiwi, fragola, ciliegio dolce, mais, olivo, melanzana, pomodoro, vite) e che aspettano solo la firma del ministro leghista. Ma Zaia non firma: per quali motivi, a distanza di dodici mesi dal parere favorevole espresso dal Comitato tecnico di coordinamento, il ministro non autorizza i protocolli con proprio decreto? “Il perdurare del vuoto regolatorio – si legge nell’interrogazione di Della Vedova – rispetto alla sperimentazione di sementi geneticamente modificate inibisce lo sviluppo in Italia di un importante filone di ricerca scientifica, impedendo al nostro Paese di restare al passo con i maggiori competitori internazionali sul fronte dello sviluppo delle biotecnologie”. Non si tratta di coltivare e commercializzare questo o quel prodotto ogm, ma di avviare un percorso rigoroso di ricerca, per poi scegliere appunto cosa coltivare e cosa no. Altri Paesi europei, timidi quanto l’Italia nell’apertura del mercato alla coltivazione ed al commercio di ogm (pensiamo alla Francia) non limitano, ma promuovono la ricerca scientifica, perché sanno che è proprio attraverso la sperimentazione e le attività di controllo che si potranno dare risposte adeguate ai tanti interrogativi che l’opinione pubblica solleva.

“Rinunciare alla ricerca – ha commentato Della Vedova – può far guadagnare qualche consenso oggi, come accade quando si fa leva sulla paura, ma cosa accadrà in prospettiva?”. L’ostruzionismo di Zaia e della Lega solleva molti mugugni nel centrodestra. In una lettera inviata all’associazione Futuragra, l’assessore lombardo all’agricoltura, Luca Daniel Ferrazzi, ha sottolineato come la Lombardia abbia ormai completato tutto l’iter autorizzativo per i siti che dovranno ospitare quell’attività di ricerca – “tanto auspicata”, scrive Ferrazzi – ma che la mancata emanazione del decreto ministeriale sospende ogni ulteriore passo in avanti.

Il governo Berlusconi sta dimostrando un approccio molto pragmatico nei confronti dell’ambiente: lo confermano la presa di posizione sul protocollo di Kyoto e l’apertura all’energia nucleare. Eppure, sugli ogm, prevale una forte ambiguità: da un lato, sia il premier che i ministri sponda Pdl hanno mostrato più di un’apertura in sede europea, rompendo con la consueta miopia degli ambientalisti militanti; dall’altro lato c’è Zaia, che pur sottolineando come la sua posizione non sia quella ufficiale del Governo, tiene irresponsabilmente in scacco un settore strategico per il futuro del Paese.

Non regge la dicotomia "ogm/non ogm" che Zaia e molti altri hanno imposto alla discussione pubblica: come i prodotti che oggi consideriamo tradizionali sono il frutto del buon lavoro, nei decenni, dei genetisti italiani (il grano duro che oggi mangiamo è il frutto di una radiazione nucleare), così l’Italia potrà continuare a migliorare la qualità e la sicurezza dei propri alimenti solo attraverso le nuove biotecnologie. Le quali consentono, è bene sottolinearlo, controlli rigorosi che nel passato erano semplicemente impossibili.