Bob Marshall, l’uomo dai quaranta passaporti, torna a casa
26 Gennaio 2010
Bob Marshall torna a casa. L’uomo dai quaranta passaporti, ricercato da Cia e Interpol da decenni, lascia l’Indonesia, dove è stato arrestato nel gennaio 2008 per una banalità burocratica, per ritrovare i vecchi amici di Langley che, stando alle versioni ufficiali, rinnegò nel lontano 1974.
Una figura misteriosa e al centro di mille trame in ogni parte del mondo, quella del sessantunenne americano, coinvolto in numerose operazioni coperte, tra colpi di stato, traffici d’armi e valigette cariche di dollari.
Nel 1978, la spia senza volto riuscì ad evadere da un carcere degli Stati Uniti; nel 1984, i migliori agenti della polizia londinese si misero alle sue calcagna; dagli inizi degli anni novanta, un lungo pellegrinaggio sui più impervi sentieri asiatici.
L’Intelligence di Jakarta si chiede ancora se Marshall sia giunto nel Sudest asiatico per caso, braccato da anziani colleghi e sicari, o per qualche ragione speciale.
L’unica certezza apparente è costituita dalla meta precedente, la Malaysia.
In Indonesia, dopo la pubblicazione del libro del giornalista Tim Weiner "Legacy of Ashes: The history of CIA", che segnala l’ex vicepresidente Adam Malik come uomo al servizio degl’interessi di Washington, deputato, tra l’altro, a sorvegliare da vicino il famoso leader Sukarno, l’attenzione sulle mosse dello spionaggio statunitense si è fatta sempre più alta, così come la voglia di scavare sulle molte operazioni straniere sul territorio nazionale.
Ricordiamo come fin dal 1958, il segretario di stato americano John Foster Dulles individuò l’area indonesiana come una delle tre maggiori zone di crisi del globo, insieme ad Algeria e Medioriente. La presenza d’un forte partito comunista, il Pki, consigliò le diverse amministrazioni Usa che si son susseguite negli anni d’investire grandi risorse sul monitoraggio di Jakarta e dintorni.
Difficile, a sensazione, che il sulfureo Marshall possa fornire dettagli su fatti e misfatti di cui è stato protagonista.
Il bagaglio invisibile che si trascina appresso, forse, costituisce una discreta arma di negoziazione.