Stiamo rischiando che a scegliere i candidati alle elezioni siano i giudici

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Stiamo rischiando che a scegliere i candidati alle elezioni siano i giudici

23 Febbraio 2010

Siamo entrati nella fase “candidati puliti”, versione anni duemila dello tsunami politico-giudiziario che vent’anni fa travolse persone e partiti (esclusi i comunisti e i cattolici di sinistra), che fu chiamata “mani pulite”,  e che aprì la strada alla seconda repubblica.

Siamo a un mese di elezioni regionali che, a prescindere dal fatto che abbia o meno ragione il presidente Berlusconi quando dice che avranno “valenza politica nazionale”, sicuramente avranno molta rilevanza. Se non altro sul piano numerico. Infatti, con l’eccezione di Lombardia e Veneto, le altre undici regioni chiamate al voto sono oggi governate dal centro-sinistra. Qualunque cambiamento segnerà inevitabilmente una svolta, un nuovo disegno dell’Italia, rilevante soprattutto nell’applicazione del federalismo.

La sinistra e i suoi alleati, comunque abbigliati, qualunque ruolo istituzionale rivestano, sono in fibrillazione, una volta fallito ogni tipo di pallottola ( dalle cattive signorine ai cattivi pentiti fino ai matti che tirano statuine ) mirata contro Silvio Berlusconi. Che cosa dunque di più opportuno della puntuale bella Grande Inchiesta giudiziaria sulla corruzione? Che cosa di più succulento di ventimila pagine di intercettazioni telefoniche?

Come al solito pochi si pongono il problema di sapere se i costi di due anni di intercettazioni siano valsi davvero a incidere un bubbone di malaffare. Quasi nessuno, tranne l’arrabbiatissimo procuratore della repubblica di Roma Giovanni Ferrara, si preoccupa di eventuali violazioni del codice di procedura sulle competenze territoriali da parte degli uffici di Firenze.Pare che oggi il problema principale, una volta assodato che la corruzione esiste, sia quello di fare l’analisi del sangue alle liste elettorali. Non a tutte, per carità, gli uomini della sinistra l’onestà ce l’hanno nel sangue, nel dna, le loro liste e i loro candidati sono “puliti” per fatto naturale. No, sono quelli del Pdl, quelli che, in quanto non puliti, puzzano. Quelli che devono essere controllati e corretti.

Così, accanto a un prudente Presidente del consiglio, che si limita a parlare di disonestà accertata come unico motivo di esclusione, sono tante le anime belle che si fanno megafono delle vociferazioni popolari ad arte propalate: le liste elettorali devono essere “pulite”. C’entrano qualcosa i candidati con l’arresto di pubblici funzionari e imprenditori? Assolutamente no, ma il complesso di essere sempre “in ordine” quando ci si deve presentare al cospetto di qualche padreterno nel giorno del giudizio ci sta sempre appiccicato addosso come se avessimo il signor Di Pietro pronto lì a spiarci e a lui dovessimo rendere conto.

Così per esempio accade a Milano, la città che un giorno fu definita “tangentopoli” da una mano creativa che modificò un cartello stradale, e che è ancor oggi ferita da due arresti, quello dell’assessore regionale Piergianni Prosperini e del consigliere comunale Milko Pennisi. Così accade che il cardinale Tettamanzi e il sindaco Letizia Moratti all’unisono facciano l’appello perché nelle liste elettorali della Lombardia ci siano “candidati puliti”. Che cosa significa? Che dobbiamo sottoporre le proposte alla procura della repubblica prima di formulare le candidature? Solo una voce, quella del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi si è levata a dissentire. Meno male che Lupi c’è. Ma grande è la preoccupazione. C’è in Italia una quarantina (non di più) di procuratori che ha arrogato a sé, spesso in spregio di qualunque regola e procedura, un ruolo politico che non le spetta. Vogliono dettare l’agenda, selezionare le persone, dare il bollino blu della nitidezza. Vogliamo consentire che siano loro a decidere anche chi deve sedere nei banchi dei consigli regionali?