Dalla Fiat alle banche, la grande metamorfosi di Torino

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Dalla Fiat alle banche, la grande metamorfosi di Torino

21 Aprile 2010

È tempo di rivoluzioni a Torino. Se ne va Mercedes Bresso dalla Regione sostituita da uno del "contado" Roberto Cota, uno di Novara, dunque un "lombardo" l’ha definito l’ex presidentessa specialista in polemiche ineleganti.

Gianluigi Gabetti, grande vecchio della Fiat, ha lasciato l’accomandita della "famiglia", al di là dell’età del protagonista un segnale che faceva prevedere novità, manifestatosi con la grazia tipica degli ambienti cittadini. Meno cortese appare invece la lotta per la prossima presidenza del consiglio di gestione di Intesa SanPaolo, banca dall’anima lombarda e piemontese (e veneta), dove il socio di maggioranza relativa (circa il 10%), la Compagnia di San Paolo, espressione del territorio piemontese, indica 2 possibili successori per Enrico Salza, Andrea Beltratti e Domenico Siniscalco (quest’ultimo è quello con più chance) ma il vecchio banchiere oggi presidente, resiste. Mentre Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo e d’intesa con Giovanni Bazoli, grande king maker di Intesa Sanpaolo, cerca di defilarsi dagli scontri.

Infine ieri la Fiat ha annunciato la sostituzione di Luca Cordero di Montezemolo da presidente della Fiat, incarico coperto per 7 anni, con John Elkann: scelta letta come anticipazione della separazione delle attività automobilistiche del gruppo (sempre più sotto la guida di Sergio Marchionne) da quelle della famiglia Agnelli, che si articoleranno su vari fronti. E in prospettiva sono aperti i giochi per il Comune dove il sindaco Sergio Chiamparino non potrà ripresentarsi e per sostituirlo scalpitano "a sinistra" Eveline Christillin, da sempre legata alla famiglia Agnelli e alla Fiat, e Piero Fassino, con in prospettiva un forte sfidante del centrodestra come Enzo Ghigo.

Altro uomo del "contado" sempre più influente è Fabrizio Palenzona, uomo forte della Fondazione Cassa di risparmio di Torino ma anche in Unicredit, Generali, nelle autostrade, nel gruppo Gavio e così via. Direttamente Palenzona ha ispirato la formazione di una banca che opererà a Torino e paraggi formata dalla sua Crt e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Genova. Indirettamente si vede il suo profilo dietro all’acquisto della Bim, già controllata dalla prestigiosa famiglia torinese dei Segre (storici alleati di Carlo De Benedetti) e ora largamente partecipata da quella Veneto Banca dove opera la Ferak, holding finanziaria che spesso si accompagna alla Crt.

Il turbinio di cambiamenti nella politica e nella finanza torinese, sommariamente richiamati, hanno il loro epicentro in quel che avviene nella Fiat: è la tendenziale trasformazione della compagnia di automobili in una vera società multinazionale con un quasi inevitabile destino da public company (cioè non più controllata da "una" famiglia) che modifica il quadro generale. È da qui che deriva la scossa agli altri livelli del potere anche politico (e pure sindacale: molti dei problemi della Cgil nascono oggi dalla fine del rapporto privilegiato tra Guglielmo Epifani e Montezemolo che tanti guai ha provocato all’Italia specie sotto il governo Prodi).

In realtà Fiat e famiglia Agnelli sono stati più di un’industria e di una dinastia borghese: in una nazione che aveva "il cuore" in Piemonte e poi aveva subito il fallimento dei Savoia, gli Agnelli erano stati quasi un surrogato a una funzione monarchica, un punto di intersezione di equilibri, il centro di un establishment spesso di qualità ma anche tendenzialmente chiuso. Con la fine della protezione alla politica e all’economia italiane determinata dall’esaurirsi della guerra fredda, è finito anche la funzione surrogatrice degli Agnelli e della Fiat. Torino resta luogo tra i più energici culturalmente, laboriosamente e tecnologicamente d’Italia ma perde una funzione "centrale". Diventa "una", non "la" capitale nascosta di un’Italia tendenzialmente sempre più federale. Finisce la funzione degli "ambasciatori" di un potere non esplicito, autorevoli come Salza o mondani come Montezemolo, è l’ora di uomini nuovi, talvolta cresciuti in un "contado" particolarmente vivace.

Tratto da Il Giornale.