Venezuela, non a tutti piace l’alleanza di Chavez con Cuba

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Venezuela, non a tutti piace l’alleanza di Chavez con Cuba

01 Maggio 2010

Vivendo in un continuo stato di allerta, come se il “nemico (immaginario) fosse perennemente alle porte”, il Presidente Chávez è riuscito ad ottenere un ampio consenso per il rafforzamento del proprio braccio armato, sia da un punto di vista economico e finanziario così come operativo e armamentistico. Il concetto di sicurezza dello Stato è quindi divenuto oggigiorno il dictat dell’agenda politica venezuelana, grazie anche al supporto della vicina Cuba e della sua dirigenza politica castrista. L’accordo strategico siglato nel 2003 tra Cuba e Venezuela ha suggellato ufficialmente il matrimonio politico tra questi due paesi, che sono stati ridenominati dallo stesso Fidel Castro Vencuba.

Il governo venezuelano ha preferito orientare le proprie spese di bilancio negli ultimi diciotto anni verso il settore energetico e militare, a discapito di una creazione di una strategia di investimenti nei servizi pubblici. Tale azione si è concretizzata nell’acquisto di nuovi armamenti dalla Russia e dalla Cina, determinando un incremento notevole del budget per il Ministero della Difesa, a discapito di altri Ministeri. Inoltre, la promozione e la valorizzazione del personale militare è passata tanto attraverso il rafforzamento dei poteri affidatigli quanto in specifici incentivi economici. Ultimo tassello è stato l’annuncio del 25 aprile di Hugo Chávez, nel consueto programma domenicale Aló, presidente, dell’incremento del 40% del salario di tutto il personale militare, con effetto retroattivo a partire dal 1° di aprile.

Ultimo atto di questa preoccupante commedia politica; manovra evidentemente di ispirazione populista e ideologica, se si pensa che la notizia è stata accolta dalla truppa al grido di “Patria socialista o muerte”. Una maniera per tenere sempre più vicini a sè le frange delle Forze armate, suo principale strumento di potere, che negli ultimi due anni hanno visto incrementare prestigio e competenze, tanto da aver creato una nuova truppa volontaria di teen-agers per la promozione della vera cultura, in contrapposizione alle “menzogne mediatiche” del funesto mondo cibernetico “controllato” dagli Stati Uniti. Nondimeno, il populismo di Chávez era esploso anche a gennaio con il decreto che aumentava di circa il 25% il salario minimo di tutti i lavoratori venezuelani, sicché si possono definire a onor del vero azioni populiste, indifferenti rispetto allo stato di crisi della finanza pubblica venezuelana.

La crescita salariale del corpo militare deve anche essere letta come risposta politica alle accuse mosse al presidente Chávez da parte del generale in congedo ed ex-direttore generale del servizio di protezione civile, Antonio Rivero. Questi ha dichiarato che ormai il Venezuela vede influenti infiltrazioni cubane nella dirigenza militare e di intelligence, come dimostrato dall’arrivo del Generale Valdés a Caracas, così come il fatto che il primo consigliere dell’accademia nazionale di polizia è un cubano. A ciò si aggiunga che il concetto strategico della Difesa venezuelana è improntato perfettamente su quello cubano di “guerra di tutti i popoli”. L’arrivo del Generale Valdés a Caracas e la sua “opera di supporto al compañero Hugo” si configurano, inoltre, come l’asso nella manica di Chávez per garantirsi la vittoria elettorale per la campagna che si terrà questo settembre.

Una circostanza di fatto, più che uno scoop, ma non di meno irritante per Hugo Chávez, che da sempre ha mal sopportato qualunque tipo di critica o appunto venisse mosso al suo governo o alla sua gestione dello stato. Un’opera di “cubanizzazione” della vita politica del Venezuela, realizzata grazie anche al beneplacito e al supporto della dittatura cubana, che vede in Caracas il proprio avamposto antimperialista nel continente latinoamericano. Uno sposalizo ormai consolidato quello tra i Castro e Chávez, che si sono indissolubilmente legati nei destini politici.

La salita ufficiale al potere di Raul Castro nel febbraio 2008 aveva determinato un cambio di strategia politica, grazie ad una contorta riforma economica secondo il modello vietnamita, una combinazione di capitalismo e controllo politico comunista con un rinnovamento della classe dirigenziale. Il ritorno sulla scena politica del fratello Fidel ha interrotto bruscamente questa strategia, che fino ad oggi è de facto congelata. La decisione di rivolgere il proprio sguardo verso Caracas e creare dei legami indissolubili con questa, soprattutto nel settore energetico e militare, sono il risultato del predominio della volontà fidelista rispetto a quella rauliana. Una colonizzazione de facto che ha portato a termine, senza neanche un colpo di cannone, la volontà espansionistica in Venezuela di Fidel Castro, che da tempi immemori vuole porre la prorpia bandiera sulle coste venezuelane.