I nuovi idoli di certa sinistra: Cina comunista e finanza islamica

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I nuovi idoli di certa sinistra: Cina comunista e finanza islamica

13 Giugno 2010

All’inizio del XX secolo, uno scrittore oggi dimenticato, pur se molto in voga nella Germania di Weimar, Arthur Moeller van den Bruck, l’uomo che inventò il mito del Terzo Reich, di cui Hitler si appropriò con ben altra fortuna, vedeva nel futuro immediato l’emergere di popoli giovani e determinati, provenienti dall’Est. Lì, diceva, c’era abbondanza di contadini, e visto che l’Occidente ne era sprovvisto, il centro del mondo si sarebbe spostato verso Est. Più o meno un secolo dopo Loretta Napoleoni, tra un seminario di alta dottrina economica a Londra, una comparsata a “Ballarò”, un articolo per “L’Internazionale” e uno per “la Repubblica”, arriva più o meno alle stesse conclusioni.

Nella sua ultima fatica saggistica, sorretta da una prosa limpida ed efficace, “Maonomics” (Rizzoli, p. 375, 19,50 euro), l’economista esperta di terrorismo sponsorizzata da Giulietto Chiesa (e già questo dettaglio è sufficiente per capire di che tipo di “esperienza” si tratta), non ha dubbi: l’Occidente sta crollando, strangolato dalla finta democrazia svuotata da élite finanziarie sempre più spregiudicate e spietate. Un mostro uscito da un’opera di fantascienza di Ridley Scott, fusione di un calamaro gigante e un vampiro, perennemente appeso al corpo degli occidentali, ai quali succhia ogni giorno le residue riserve di sangue. Come uscire da questo incubo? Naturalmente volgendo lo sguardo ad Est. E in una direzione precisa: la Cina.

Qui non siamo alle farneticazione maoiste e parigine anni Settanta dell’indimenticabile Maria Antonietta Macciocchi. L’infatuazione per la “rivoluzione culturale” del “grande timoniere” a rileggerla oggi, nelle prolissità di “Della Cina” (Feltrinelli, 1977), suscita un misto di fastidio e ilarità. Com’era bello cantare le lodi del maoismo, all’uscita di un seminario alla Sorbona in compagnia di Bernardo Bertolucci e Jean-Luc Godard, sorvolando su un dettaglio: le centinaia, le migliaia, le centinaia di migliaia di morti. E i campi di rieducazione, l’odio di classe, la sistematica distruzione. Anche in quel contesto si dava per certo, in nome della vera e autentica applicazione della lezione di Marx messa in piedi da Mao, che l’Occidente stava esalando l’ultimo respiro, e il vento di cambiamento soffiava dall’Est. E se volevi capire il futuro dovevi saper guardare nel fondo degli occhi a mandorla.

Bene. Addentriamoci nel nuovo invito a scoprire la Cina al di là della propaganda e della limitazione dello sguardo di occidentalisti impenitenti. Tutto parte, per Loretta Napoleoni, dal 1989. Crolla il muro di Berlino. Crollano mura ovunque nella galassia sovietica. Una sola isola resiste. Come ha sempre fatto il comunismo. Mandando i carri armati. A Tiananmen va in scena l’ennesima difesa dei bastioni grazie ai cingolati. Ma i “carristi” non ci sono più. Anche la stridula voce di Occhetto, l’ultimo segretario del Pci, inveisce contro la repressione a cavallo dei Panzer del “fascista” Deng. La fine è davvero arrivata. Ma Deng Xiaoping, segretario del Pcc, non è un comunista? Sorvoliamo sui dettagli. La storia della rimozione della memoria alle Botteghe Oscure è già in atto, pronta a sciogliersi nell’album delle figurine Panini e nelle Giovannone dalle cosce lunghe del “negazionismo veltroniano” (mai stati comunisti, diamine!).

Siamo nel 1989. La Guerra fredda è finita. La Storia stessa è finita. Macché, ci ricorda Loretta Napoleoni: è l’Occidente, crollato il muro, bello e finito. Invece i carri armati in piazza Tiananmen non solo tengono in vita il comunismo nella versione cinese, ma tracciano in maniera impercettibile il passo radioso del futuro. Negli anni che ci separano dallo schianto sovietico ad oggi, cosa è successo all’Occidente trionfante? Il disastro. La democrazia è diventata un guscio vuoto. La vita economica si è trasformata in una sequela di rapine finanziarie ai danni degli inermi cittadini, depredati di risparmi, ricchezze, dimore, lavoro e, per concludere, futuro. Sono rimaste le libere elezioni: ma che si vota a fare se tra destra e sinistra non c’è più differenza? E poi le libertà formali, sono appunto formalità prive di sostanza. Invece i cingolati cinesi hanno fatto il miracolo.

Quindi abbiamo sbagliato tutto. Dovevamo mandare un esercito di difesa del muro di Berlino, pronti a ricacciare indietro i tedeschi dell’Est, così il Pil sarebbe stato salvo. Per farla breve: ma chi l’ha detto che Marx è lo sconfitto della storia? Marx aveva ragione, e la Cina dell’impensabile binomio capitalismo-comunismo lo conferma. Lasciamo stare i dettagli di pena di morte, rispetto dei diritti umani, e corruzioni, frodi, violenze, contraffazioni, inquinamenti ambientali riguardanti la Cina. Cosa fa l’Occidente di tanto diverso? Badiamo al sodo. La Cina va «avanti e migliora giorno dopo giorno. Ma secondo i nostri parametri non è democratica». Per l’economista è un palese equivoco concettuale, tipico della confusione occidentale. Deng è stato il vero interprete di Marx. Solo lui ha capito come coniugare comunismo e capitalismo. L’ha fatto in assenza della democrazia, delle elezioni e tutto quello che ne consegue.

I cinesi non hanno nessuna voglia di votare: vogliono arricchirsi. Facciamoli dunque arricchire. Ma con moderazione, altrimenti finisce come in Occidente, con le azioni in calo e il consumo di Prozac in perenne rialzo. La paura, l’infelicità, l’angoscia, le pulsioni suicide, le massicce dosi di tranquillanti, l’insulsa e compulsiva ansia causata dallo shopping, malattie croniche degli occidentali, hanno solo un rimedio: l’amara medicina cinese. Insomma, per Loretta Napoleoni c’è bisogno di una svolta radicale. In Cina, se non lo sappiamo, c’è il più alto tasso di felicità. Dopo Tianamenn imprenditori esteri hanno dislocato in Cina le loro fabbriche. Lo hanno fatto perché la manodopera era numerosa, docile, a costi irrisori. E se gli operai bruciavano nelle fabbriche chissenefrega: il progresso avrà pure un  costo. Così è nato il “miracolo cinese”. Crescita paurosa, ricchezze paurose. Gli occidentali pensavano di aver fregato gli orientali: invece si sono fregati loro stessi.

I cinesi considerano la democrazia occidentale un chiaro segno di disordine. Quindi quanti avevano legato la sviluppo del capitale a quello della libertà si sbagliavano, come Deng vero esegeta di Marx ha dimostrato. Anche i partiti occidentali debbono apprendere dall’unico partito cinese, al tempo stesso comunista e capitalista, la capacità di autocritica, rinnovamento e dirittura morale. In Occidente hanno sbagliato tutti. I mostri veri sono stati i monetaristi di Chicago al servizio di Pinochet, e poi di Reagan e della Thatcher. Ma anche Tony Blair non si salva. Figuriamoci Silvio Berlusconi. Hanno imbrogliato i governati facendoli spendere, prosciugando il loro   risparmio, depredando i beni dello Stato e favorendo gli esclusivi circoli bancari e finanziari. Poi c’è stata la sciagura di Bush e la scemenza della guerra al terrore, che neppure Obama è in grado di bloccare. I cinesi intanto risparmiano. Poi sono arrivati i rapinatori in doppiopetto di Wall Street, i criminali della Enrom e i Madoff, i consigli di amministrazioni di banche, assicurazioni, agenzie di controllo e istituzioni governative, che hanno reciso la giugulare dell’Occidente.

Ecco l’ultima splendida considerazione di Loretta Napoleoni: «Le ideologie arcinemiche del Novecento, capitalismo occidentale e comunismo sovietico, nascondono realtà e strutture economiche simili. E i medesimi errori. Allora dove bisogna andare per trovare modelli realmente alternativi? A Oriente. Alla scoperta della finanza islamica e del marxismo cinese». Se non lo avevate capito: il capitalismo è il nemico del Novecento, né più né meno del comunismo sovietico. Reagan e Stalin rappresentano le due facce della stessa medaglia. Che l’Occidente stia vivendo una crisi preoccupante è sotto gli occhi di tutti. Ma non è cominciata con il 1989. Prendiamo la recente storia dell’Inghilterra, alla quale Loretta Napoleoni dedica svariate analisi, imputando il collasso prima all’opera dell’odiata Thatcher, completata dallo scaltro Blair. 

Il processo di “desocializzazione” è cominciato con l’arrivo del benessere diffuso e il trionfo della società dei consumi. La “swinging London”, canzoni dei Beatles e gonne corte di Mary Quant, ha marcato un passaggio epocale. Ne è seguita una profonda crisi culturale, responsabile del trionfo del relativismo e della scristianizzazione (soprattutto anglicana), del politicamente corretto e del multiculturalismo. La Gran Bretagna ha smarrito la propria anima. L’accettazione incondizionata della modernità ha fatto sparire dai mitici “cabs” (i vecchi taxi) la Croce di San Giorgio (lo stesso stemma di Milano: croce rossa in campo bianco), così come è sparita da ospedali, aeroporti e veicoli dei pompieri, perché offende la sensibilità dei musulmani. Le Corti islamiche (dove si segue la legge della Sharia) in Gran Bretagna aumentano a vista d’occhio, mentre le chiese anglicane chiudono i battenti.

La tradizione inglese è andata in mille pezzi: tutto ciò che è negativo negli ultimi tre decenni nel Regno Unito si è impennato. Consumo di alcolici, droghe, tranquillanti; numero di aborti, divorzi, abusi sessuali, criminalità e violenza giovanili. La disaffezione degli inglesi verso la politica, l’associazionismo, la filantropia ha raggiunto picchi preoccupanti. La famiglia e la scuola non hanno retto l’urto, e la chiesa anglicana ha abdicato in ogni spazio sociale, pur se ha aperto a tutte le richieste della contemporaneità, compreso il sacerdozio femminile e l’omosessualità. Nelle grandi aree urbane, come il distretto di Londra, più del cinquanta per cento della popolazione scolastica non parla inglese come prima lingua. La lettura della Bibbia è stata rimpiazzata da quella di Harry Potter; le malattie più diffuse negli adolescenti sono la bulimia e l’anoressia. Qualcuno insegna più la Bibbia e la religione anglicana nelle scuole dell’Inghilterra? Nessuno. E il crocifisso nelle aule? Sparito.

Le origini di questa catastrofe vanno individuate nella crisi spirituale del popolo britannico, nell’abbandonando della fede anglicana e nel depotenziamento dei suoi insegnamenti morali. La democrazia e il capitalismo sono andati in crisi non perché, come sostiene Loretta Napoleoni, nel 1989 è crollato il muro di Berlino. La crisi è stata determinata da un indebolimento dell’etica occidentale, più diffusa nel contesto europeo che in quello  nord-americano. Le colpe del governo della Thatcher non vanno ricercate nel modello economico liberista e nelle privatizzazioni, ma nell’incapacità della “lady di ferro” di suscitare forti tensioni morali nel popolo britannico. Si può discutere se sia stato un bene o meno vendere ai privati la compagnia aerea di bandiera e le ferrovie. La resa all’etica postmoderna si poteva contrastare, e Margaret Thatcher non lo ha fatto. Anzi, nei suoi anni è dilagata. E la resa al postmodernismo, per tornare al saggio di Loretta Napoleoni, produce questo tipo di pensiero. Una totale resa alle ragioni della cultura islamica e orientale. Un’ammirazione del marxismo in salsa cinese. Questa è la vera tragedia.