Cile, per i 33 minatori la luce è sempre più vicina
24 Settembre 2010
Trentadue cileni ed un boliviano sono intrappolati dal 6 agosto di quest’anno a più di 700 metri sotto terra, nella miniera San José vicino Copiapó, a circa 900 chilometri dalla capitale Santiago. Dopo lo scoppio di una mina e il crollo di una parete dei cunicoli sotterranei, i 33 minatori si sono riparati in un rifugio delle gallerie, dove hanno trovato alcune provviste di cibo, ma soprattutto ossigeno ed elettricità. Una fatalità che gli ha permesso di sopravvivere fino ad oggi, affrontando sbalzi termici incredibili e condizioni psicologiche a dir poco stressanti. Intuita la gravità dell’accaduto, le autorità politiche locali e nazionali si sono mobilitate da subito per stabilire una linea di azione per tirarli fuori dalla miniera. Lo stesso presidente Piñera si è voluto recare immediatamente presso la miniera, per valutare la situazione, ritornando con anticipo dalla Colombia, dove era andato per presenziare all’insediamento del presidente Santos.
Diffusasi oltre il Cile la notizia dell’incidente, la solidarietà internazionale non ha tardato ad arrivare. Gli Stati Uniti hanno messo a disposizione la migliore tecnologia della NASA per accelerare le procedure di estrazione degli uomini, che da subito sono apparse complesse e non prive di pericoli. Istituita una task force per coordinare gli aiuti, infatti, ci si è preoccupati di attivare una sonda, capace di portare minatori è cibo e acqua: le priorità dei soccorritori, infatti, sono state, e continuano ad essere, sostenerli fisicamente e psicologicamente.
I lavori per estrarre i 33 uomini hanno preso il via il 24 agosto: una macchina perforatrice, modello Strata 950 dal peso di 33 tonnellate, è stata inizialmente predisposta per scavare. Data la lentezza con cui procedevano i lavori si è deciso di passare al c.d. Plan B, che prevedeva l’utilizzo di una Schram T-130, la milagrosa, come la chiamano i minatori, più veloce nella trivellazione. Neanche la rottura di uno dei suoi martelli, il 14 settembre, ha permesso alla disperazione di prendere il sopravvento: le autorità hanno fatto aggiustare la macchina per proseguire i lavori di trivella il giorno seguente. Un giorno fortunato, quello, soprattutto per Ariel Ticona, macchinista intrappolato nella miniera, che ha potuto assistere alla nascita di sua figlia, Esperanza, grazie al video realizzato da suo fratello (presente al parto) e fattogli recapitare tramite la sonda.
Se in principio si pensava di poterli tirare fuori non prima di Natale, come detto da Andres Sougarret, l’ingegnere che guida il team dei soccorritori, oggi si stima di poter ridurre i tempi. Pablo Ramirez, responsabile della squadra di soccorso della società San Esteban, proprietaria della miniera di San José, ha annunciato il 18 settembre che una delle tre perforatrici ha raggiunto i 630 metri di profondità. Una notizia che ha fatto gioire le famiglie dei minatori e commuovere tutti cileni, che in questi giorni festeggiano (anche se sommessamente) il bicentenario della liberazione dalla dominazione spagnola. La stessa felicità che contagiò tutti i presenti a Copiapó, quando Piñera mostrò entusiasta il 23 agosto un biglietto scritto da uno dei minatori in cui si diceva: Estamos bien en el refugio los 33. “Un messaggio di speranza dalle più profonde viscere della terra”, come affermato da Piñera mentre i familiari si lasciavano andare in abbracci e lacrime di gioia.
Questa vicenda ha mostrato, però, come il Cile debba ancora superare le proprie contraddizioni sociali, strutturali ed economiche. Già nel 2007, un incidente dalla dinamica quasi identica si verificò nella miniera San José e un uomo perse la vita. Le autorità decisero in quel caso di decretare la chiusura della cava per un anno. Anche il terremoto del 27 febbraio 2010 aveva mostrato tragicamente la fragilità di questo Paese latinoamericano, che a livello regionale si era proposto sotto il comando della presidente Bachelet come faro di progresso economico. Il tema della sicurezza sul lavoro e della tutela delle classi sociali più deboli è un impegno trans-partitico in Cile. Santiago oggi deve fare i conti con un divario sociale importante tra città e periferia, nord e sud, sia in termini salariali che di condizioni di vita. La vicenda dei 33 minatori lo ha tragicamente ricordato.