Ci vorrebbe un ologramma di Sgarbi per capire gli artisti italiani a Venezia
05 Giugno 2011
di Carlo Zasio
Vittorio Sgarbi per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia che cade nella ricorrenza dei 150 dell’Unità ha scelto di non scegliere, affidando a oltre 200 intellettuali italiani la decisione di segnalare un artista vivente meritevole di essere esposto.
Il risultato è un’esposizione di opere di 260 tra pittori e scultori che ricorda una quadreria della nobiltà romana, una wunderkammer rinascimentale o un salon di fine Ottocento, con opere affastellate su tre ordini in spazi raddoppiati rispetto alla Biennale del 2009 con una commistione di generi, tendenze e correnti in cui l’alto convive con il basso, l’eccellenza con la mediocrità e la fama con l’anonimato.
L’impatto per lo spettatore è disorientante. Se da un lato questo ha permesso a moltissimi artisti altrimenti destinati all’oblio di avere una vetrina, dall’altro lato ciò appiattisce e svilisce una delle pochissime occasioni in cui i nostri artisti hanno modo di presentarsi sulla scena internazionale perché alla fine è difficile districarsi in un’offerta eccessiva, pletorica e ridondante.
Ciononostante gran parte dei maggior artisti italiani che avevano annunciato la loro rinuncia al Padiglione non sono voluti mancare: tra gli altri sono presenti Mimmo Jodice, Jannis Kounellis, Gaetano Pesce, Vanessa Beecroft. Importante anche il Museo della Mafia di Cesare Inzerillo voluto da Sgarbi a Salemi e lodato dal Presidente Napolitano: una parte significativa dell’allestimento è presente anch’essa nel Padiglione, inverandone il titolo “L’arte non è cosa nostra”.
Resta un forte limite: le tre sale e il giardino in cui sono esposte le opere si animano e sono comprensibili solo nel momento in cui Sgarbi ne illustra i nessi in una narrazione senza dubbio affascinante ma difficilmente riproducibile per i sei mesi di mostra. A meno di prevedere un ologramma sonoro, una metainstallazione che guidi il pubblico, quasi moderno Virgilio, negli oltre 6.000 metri quadri di esposizione.