L’islam in ordine sparso su Bin Laden. I ribelli libici: “Ora tocca a Gheddafi”
03 Maggio 2011
Questa notte si è dormito poco. Osama Bin Laden è morto e bisogna festeggiare. L’Occidente abbatte il suo peggior nemico dai tempi del nazifascismo, ripetono in molti. E come Hitler anche le sorti dello sceicco del terrore si macchiano di giallo. Immediatamente la notizia rimbalza sulla rete consumando commenti e voci contrastanti sulla veridicità dell’accaduto. Tra tesi cospirazioniste e analisi sul futuro della missione in Afghanistan, spiccano le ripercussioni che potrebbe avere l’accaduto nella più complessa lotta al fondamentalismo. Come reagirà l’islàm.
Le reazioni del mondo musulmano sono variegate. La prima questione riguarda la salma dello sceicco e la fine che le hanno fatto fare gli americani. “Gli Stati Uniti si stanno occupando del suo corpo rispettando le leggi della sharia” così interviene per telefono ad una conferenza governativa un ufficiale della Casa Bianca che preferisce rimanere anonimo. È ancora notte fonda e bisogna attendere qualche altra ora prima di una nuova dichiarazione. “È stato sepolto in mare” afferma ai microfoni della Cnn Peter Begen, analista della sicurezza nazionale USA. La tradizione mussulmana vuole che il cadavere venga trattato entro 24 ore e le forze americane impegnano affinché la pratica venga seguita correttamente.
Obama sarà ancora più esplicito: “la nostra guerra non è contro il mondo islamico”. Apparentemente tutto è nella norma. Il problema però non tarda ad emergere quando si viene a sapere che la dottrina musulmana ammette la sepoltura in mare eccezionalmente se il corpo si trova in una barca lontano dalla costa. Ecco il pretesto che i vertici del jihad mondiale attendevano e non conta se nessun Paese islamico abbia accettato di ospitare la salma. Annunciano vendetta, come nelle Filippine, dove si teme una rappresaglia del gruppo "Abu Sayyaf". Ma le intenzioni americane sono chiare: non offrire alcuna traccia ai fedelissimi; il rischio che la tomba di Bin Laden possa diventare luogo di pellegrinaggio spaventa quanto la sua latitanza. Bisogna fare attenzione.
L’eterogeneità delle reazioni arabe e musulmane evidenzia soprattutto le principali tendenze di un’area sempre più divisa al suo interno: l’effetto più evidente della morte di Bin Laden è quello sulle relazioni nei territori palestinesi. Le dichiarazioni tra l’Anp di Abu Mazen ed Hamas sono contrastanti: il portavoce della Anp, Ghassan Khatib, commentando la notizia alle telecamere della tv araba al-Jazeera, dichiara: “La morte di Bin Laden rappresenta un fatto importante per il processo di pace in Medio Oriente e per tutto il mondo”. E spiega: “Ora bisogna avere la meglio sui metodi violenti che lo stesso Bin Laden ha insegnato agli altri”. Dalla Striscia di Gaza, gli fa eco Ismail Haniyeh che considera un crimine l’uccisione di Osama Bin Laden, definendo il leader di Al-Qaeda “un combattente della guerra santa musulmana”. Il tutto a pochi giorni da una dubbia riconciliazione.
Vicino alle posizioni di Hamas non può che essere l’Iran rivoluzionario, il suo maggiore sponsor nella regione. Teheran nega in un primo momento l’accaduto, poi rilancia: tutta la guerra al terrore è una banale montatura innescata dagli Stati Uniti per giustificare l’occupazione di Kabul. Se lo sceicco fosse davvero morto allora non avranno più scuse e dovranno andare via. Sulla stessa linea si muovono i Fratelli Musulmani: l’Occidente non ha più motivo di combattere in Medio Oriente. Il blocco sciita-iraniano si scontra con la posizione dei Paesi arabi moderati e della Lega Araba che si oppongono da sempre al terrorismo. La Turchia commenta, per bocca del presidente Gul, di essere "soddisfatta" dall’accaduto e che la morte dello sceicco è un monito contro il terrorismo internazionale. Interessante anche la posizione dell’Arabia Saudita, patria di Osama Bin Laden. Anche Riyad si dice soddisfatta dell’operazione americana, facendo attenzione a non dare risalto ai rapporti che la legano al movimento talebano in Afghanistan come principale forma di opposizione sunnita alle pressioni di Teheran. Soddisfazione, infine, dei ribelli libici: “Siamo contenti e aspettiamo il prossimo passo. Vogliamo che gli americani facciano lo stesso con Gheddafi”.