Caro Quagliariello, il ddl va nella direzione giusta ma non basta
20 Giugno 2011
di Mario Sechi
Caro Quagliariello,
ci conosciamo da tanti anni e abbiamo un terreno comune sul quale ci confrontiamo con franchezza: la politica e le idee che la sostengono. Sai che da mesi II Tempo ha aperto un dibattito che ha due obiettivi: 1. non disperdere l’esperienza del berlusconismo, la sua straordinaria storia e importanza; 2. stimolare il Pdl a rinnovarsi, levarsi di dosso le macerie della separazione da Fini, introdurre un serio dibattito sul post-Berlusconi e far uscire lo stesso Cav dalla logica del bunker per (ri) aprire il partito alla vitale energia della società civile.
Grazie a Giuliano Ferrara pochi giorni fa al teatro Capranica insieme ad altri amici e colleghi abbiamo dato vita al primo vero dibattito pubblico nel Pdl dopo la pesante sconfitta elettorale di Milano e Napoli. La nostra proposta è semplice: il Pdl deve tornare ad essere un «partito popolare» e non oligarchico e per farlo c’è una sola via, dettata dalla contemporaneità: fare le elezioni primarie, rimettersi in gioco, introdurre la competizione al posto della cooptazione. La vostra iniziativa dunque va nella direzione giusta, è un bel segnale, ma non basta. Il disegno di legge che avete presentato con Fabrizio Cicchitto per me ha due limiti, di tempo e di sostanza. Incardinare un provvedimento simile significa entrare nella terra di mezzo della «navetta parlamentare»: sai quando cominci, non sai mai quando ne esci. Se ne esci. Nel frattempo le cose accadono, il mondo cambia e una società iperconnessa che discute in real time si fa un’opinione e poi decide, cioè matura un consenso o dissenso. Il rischio concreto è quello di restare impantanati in una discussione parlamentare mentre interi blocchi sociali che in passato votavano per il Pdl passano dall’altra parte o se ne formano di nuovi (i giovani che votano per la prima volta, per esempio) senza che il centrodestra riesca ad intercettarli. Non si tratta di un’ipotesi accademica. Il Pdl ne ha avuto una prova durissima durante le elezioni amministrative e il voto referendario.
A Milano e Napoli molti elettori moderati non sono andati a votare, sono rimasti alla finestra, hanno espresso così la loro contrarietà non solo sui candidati (sbagliati) ma anche sulla politica del governo negli ultimi dodici mesi. In questa occasione il voto dei giovani e delle donne è passato al centrosinistra. Ed è stato decisivo. Sul referendum si è avuta invece la prova che la direzione del Pdl, la sua scelta di dare libertà di coscienza, è stata sbagliata. Caro Quagliariello, erano in discussione leggi del vostro governo, non provvedimenti anonimi. E se si arriva a una battaglia tra un Si e un No, bisogna avere il coraggio di difendere la propria bandiera, non lasciarla abbandonata sperando in un evento meteorologico (il bel tempo) o in un’apatia dell’elettore che non è mai permanente. Il centrodestra ha perso senza combattere. Tutto questo è avvenuto con un elemento di novità ulteriore che deve farvi riflettere: per la prima volta in Italia il voto è stato influenzato in maniera determinante dalla rete, dai social network, dalla discussione online. È un mondo dove il Pdl non esiste e usa formule archeologiche di comunicazione. La gerarchia delle fonti anche in Italia sta subendo una rivoluzione: prima viene internet, poi la televisione e i giornali.
Simone Bressan è un giovane liberal-conservatore, un blogger che da anni anima la rete. La blogosfera è piena di uomini e donne come lui. Parliamo di migliaia di persone, un movimento che attraverso la rete può cambiare tutto. Certo, è un fenomeno ingovernabile, ma il Pdl non ha scelta: o decide di aprirsi a questa realtà o semplicemente ne verrà travolto. Sta succedendo a sinistra, accadrà anche a destra. Che voi lo vogliate o no. Pensate al movimento dei Tea Party negli Stati Uniti. Mentre il Partito Repubblicano si lambiccava sul da farsi dopo la sconfitta di Bush e l’avvento di Obama, i blogger americani organizzavano un movimento parallelo. Oggi eleggono i rappresentanti del Congresso e decideranno le sorti delle primarie presidenziali nel Grand Old Party.
Caro Quagliariello, il vostro è solo un primo passo, sai bene che a questo fenomeno non può sottrarsi nessuno, neppure la leadership del partito. Bisogna scegliere anche il vertice, cioè chi comanda. Perché là fuori sta succedendo qualcosa di inarrestabile. Là fuori c’è Altro.