La visita rivelatrice
01 Luglio 2011
Ribadisco l’impressione che ebbi di lei: una donna di grandissima eleganza e fascino.
Da quando mi vide entrare fece di tutto per farmi sentire subito a mio agio. Tutti quelli che mi presentò li conoscevo almeno di vista: Bari è un paesone, ed è diviso per ceti, gli appartenenti ad una stessa cerchia, si conoscono tutti, almeno di vista. Poi, dulcis in fundo, il signor amante: uomo ben piazzato, barba e capelli castano scuro con le tempie sale e pepe.
Portava un maglione a dolcevita, giacca con le toppe e pantaloni di flanella. In complesso un uomo che si portava molto bene gli anni e che aveva ancora un certo fascino. Mi salutò molto cordialmente e mi disse con garbo:
– Giuliana mi ha detto che le ha fatto una intervista molto interessante.
– Beh, la signora ha cose molto interessanti da raccontare.
– Inoltre il signor Sglen ha molto buon gusto per quanto riguarda i fiori — disse lei.
– Credo che il buon gusto per i fiori sia simile a quello per i quadri.
– Sono d’accordo — disse l’uomo — le piace la pittura?
– Decisamente. Mi piace la pittura contemporanea.
– Anche a me piacciono molto i quadri del novecento: Mondrian, De Chirico, Magritte.
– Io ho una grande passione per Magritte: è un autore straordinario.
Il resto del tempo lo passai chiacchierando di pittura con quell’uomo tanto affascinante. Poi la conversazione si spostò su argomenti personali:
– E di cosa si occupa?
– Questa è una domanda difficile — disse sorridendo.
– Addirittura…
– La vita riserva molte sorprese: oggi lavori qui, poi succede qualcosa e lavori lì. Non si può mai pianificare nulla.
– Sì, certo. Ma attualmente di cosa si interessa?
Rimase qualche istante in silenzio e poi si decise a parlare:
– Beh, ultimamente sto facendo il fotografo presso una rivista di modadelle mie parti.
– Interessate. Quali sono le sue ambientazioni preferite?
– Scorci di città, persone in atteggiamenti buffi o paesaggi surreali.
– È una bella città la sua? Non riesco a capire da dove venga: non ha accento.
– Io vengo da Roma.
– Adoro Roma. Ci vengo spesso.
– La conosce bene?
– Diciamo di sì. La conosco per zone.
– La sua preferita?
– Vado sul classico: piazza di Spagna.
– Io abito lì vicino, a via Margutta.
A questo punto arrivò Giuliana Calcagni che mi domandò con una voce stranamente più stridula del solito se mi stessi annoiando. Io risposi che il signor Dazi — tale era il nome del fotografo — mi stava intrattenendo magnificamente.
Dopo una mezz’ora, non volendomi fermare oltre, anche perché Dazi non mi dedicava più attenzione, me ne andai.
Quella visita mi aveva aperto uno spiraglio luminoso, mi sarei dovuto di nuovo rivolgere a Rita per alcune informazioni.
La serata era fresca e piacevolissima. Gli spruzzi del mare giungevano fino alla strada e vedere quella distesa nera e sconfinata dava una sensazione di sgomento che si traduceva in paura insensata.
Adesso, da solo, con l’aria marina che mi sferzava e risvegliava, riuscivo a pensare con maggiore chiarezza: adesso mi era perfettamente chiaro il significato di quella citazione che avevo fatto la notte prima. Qualcuno era andato contro Cesare perché si era esso in testa di comandare. “Chi, infatti, si fa re, va contro Cesare”. Mendo aveva fatto proprio questo: era andato contro Calcagni (alias Cesare) perché voleva arraffare tutto il malloppo (alias si voleva fare re). Mi diedi dello stupido per non esserci arrivato prima. Era ovvio. Ovvio.
Rientrato a casa, mi colse la solita veduta serale: i miei coinquilini sul divano a guardare la tv. Classica immagine al rientro la sera: tutti stanchi, con le zampe poggiate su una sedia per uno, a guardare qualche programma mediocre.
(Fine capitolo 12)