La Nato non si mette in discussione (ma al suo interno si discute eccome)

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La Nato non si mette in discussione (ma al suo interno si discute eccome)

23 Agosto 2011

Il recente conflitto libico ha fatto tornare a galla la questione della NATO scoprendo le debolezze nel suo funzionamento interno, anche se, in fin dei conti, come si dice in gergo, fino alla fine l’Alleanza ha "tenuto botta".  Le difficoltà recenti però suscitano non pochi interrogativi sul destino dell’Alleanza. Oggigiorno, la NATO conta 28 membri e si estende dal continente americano fino all’Europa Orientale e il Caucaso. Come tutti ricordiamo, dopo il crollo dell’Unione Sovietica la Nato ha faticato non poco a ritrovare la ragione primaria della sua esistenza e a ridefinire i propri obiettivi. Tuttavia, non ci volle molto a capire che in realtà il mondo non stava diventando né più sicuro né tantomeno più prevedibile.

La NATO, come organizzazione militare è una realtà molto complessa, poiché essa racchiude al suo interno Paesi diversi nella loro storia e nel loro passato politico. Come abbiamo precisato anche in precedenza, essa può essere divisa in quattro gruppi al suo interno che sono mossi da interessi multiformi spesso divergenti fra loro. Il primo gruppo è quello più influente ed è rappresentato dai paesi fondatori, tra cui l’Italia. Il secondo gruppo è un insieme di stati Est Europei provenienti dal blocco dell’ex Unione Sovietica e dell’ex Patto di Varsavia. Il terzo gruppo è quello più recente ed è rappresentato dagli stati dell’ex Jugoslavia e dall’Albania. La quarta parte dell’alleanza è composta dalla Turchia, la quale è un fenomeno molto particolare all’interno dell’alleanza nordatlantica e che meriterebbe un capitolo a sé per meglio comprenderne il ruolo nell’Alleanza.

La convivenza tra le sudette "correnti", chiamiamole così, non sempre è pacifica e i differenti approcci al suo interno spesso rischiano di paralizzare la capacità di gestire le emergenze. Nonostante tutto, l’organizzazione deve sempre essere in grado di rispondere alle minacce e dovrebbe essere in grado di sviluppare un consenso comune nelle azioni indispensabili a garanzia della nostra sicurezza.

Considerata la complessa realtà geopolitica attuale, il compito della NATO è da considerarsi insostituibile. Essa deve essere in grado di rispondere alle diverse esigenze e deve essere pronta ad agire da deterrente alle minacce più svariare, in considerazione del fatto che ognuno dei gruppi che abbiamo menzionato possiede una diversa percezione di quali sono i pericoli alla propria sicurezza. Per esempio, i paesi Est Europei considerano la Russia come una seria minaccia generata dalla loro precedente esperienza e dalla loro immediata vicinanza con essa. Per noi occidentali, invece, la minaccia più urgente è rappresentata dal fondamentalismo islamico e dal terrorismo internazionale. Per gli Usa valgono entrambe le minacce a cui si aggiunge il fenomeno nord-coreano e cinese, che è monitorato molto attentamente. Si tratta, in particolare dell’arsenale nucleare della Cina e della sua massiccia presenza militare nel pacifico e nel Sud Est Asiatico. Di conseguenza, la NATO deve essere in grado di gestire tutti questi aspetti coinvolgendo seriamente tutti i suoi membri.

Analizziamo meglio i primi due aspetti con cui l’Alleanza è costretta fare i conti. Gli innumerevoli sforzi politici da parte dell’Occidente (tra cui il nostro paese), di aiutare ad avviare il processo di democratizzazione in Russia e abbattere definitivamente i vecchi pregiudizi storici non riesce a portare i frutti sperati. La Federazione Russa, ancora oggi, continua a percepire l’Occidente, la nostra cultura e la nostra eredità politica, come una possibile minaccia per il proprio sistema politico. Inoltre, ogni più piccolo progetto della NATO volto a fronteggiare le minacce provenienti dal Medio Oriente e in particolare dall’Iran, spaventa e irrita il Cremlino, il quale ci minaccia con una nuova corsa agli armamenti. Come abbiamo visto, lo scudo antimissile in allestimento e orientato verso l’Iran, è divenuto un punto di fortissimo attrito tra Mosca e Washington e a questo si aggiunge la costante irritazione della Federazione Russa verso la politica di allargamento della Nato in direzione dell’Europa Orientale.

La crisi georgiana ne è un esempio chiaro e lampante. La Russia fece di tutto per bloccare (temporaneamente) la corsa di Tbilisi verso la candidatura per l’adesione alla NATO, minando la sua integrità territoriale. Se non fosse stato per la mediazione europea, tra cui quella italiana, il conflitto avrebbe potuto rivelarsi veramente pericoloso e in grado di assumere dimensioni globali. Nostro malgrado, la Russia non è l’unico punto con cui la NATO è costretta a fare i conti. La minaccia proveniente dall’Asia Centrale, Medio Orientale e dal Nord Africana è molto reale per l’Europa.

Il fondamentalismo islamico e il terrorismo internazionale stanno assumendo delle forme sempre più complesse; il nostro coinvolgimento militare in Afghanistan ne è la prova. Inoltre, il processo della "primavera araba" è ancora in corso e mentre la causa dei giovani arabi che genuinamente lottano contro le dittature e le ingiustizie sociali va promossa ed esaltata, tale processo di cambiamento espone comunque a dei rischi giganteschi l’intera regione mediterranea. Gli stati arabi senza governo non sono più in grado di garantire e adempiere i loro doveri internazionali per la lotta contro il terrorismo internazionale, dando così un’opportunità ai gruppi estremisti di approfittare della situazione.

Anche in questo caso la NATO deve essere il garante della nostra sicurezza e deve saper agire in difesa dei propri membri. Purtroppo, gli ultimi summit della Alleanza hanno dato l’impressione di un certo grado di paralisi. Sarebbe necessario che tutti noi cominciassimo a percepire la NATO come un utile mezzo di autodifesa in grado di assicurare la sopravvivenza della civiltà occidentale, un beneficio che avrà sempre bisogno di un contributo unanime da parte di tutti i Paesi membri senza esclusione alcuna. Non possono esistere i membri passivi e disinteressati, con una sorta di "diritto di veto" all’interno dell’organizzazione.