Un governo “tecnico” con Monti non è serio e uccide la Seconda Repubblica
09 Novembre 2011
Il chiarimento politico, che riguarda le operazioni di risanamento finanziario e pro crescita che ci chiede l’Unione europea, assieme al Fondo Monetario, è rinviato alla prossima settimana. Dopodiché il premier Berlusconi si dimetterà, a causa delle divisioni interne alla maggioranza, divisioni nemmeno equiparabili a quelle di un’opposizione che ha quasi rinunciato ad una funzione politica, e anziché presentarsi a votare il rendiconto finanziario proponendo una modifica al testo della maggioranza, in modo da sfidarla nella conta dei voti, ha preferito non presentarsi.
Questo comportamento delle opposizioni ha dato luogo al fatto che la non partecipazione al voto da parte di 5 membri della maggioranza ha avuto un significato ambiguo. Da un lato può essere interpretato come un segnale di insoddisfazione e di protesta, che rientrerebbe con le dimissioni di Berlusconi o la formazione di un nuovo governo da lui sponsorizzato; dall’altro lato come l’indicazione di un vero dissenso. Così tutto è rinviato alla mozione di fiducia sul programma europeo contenuto nel maxi emendamento alla legge finanziaria, che il premier intende chiedere e che ci si augura chieda ed ottenga al più presto, per la maggioranza che egli guida e a cui passerà presto il testimone. Dopo di che, se Berlusconi non avrà la fiducia, si aprono tre strade, quella del voto anticipato a gennaio, con l’attuale coalizione e un nuovo premier in carica per la votazione della legge di stabilità e per indire le elezioni, quella di un governo con una maggioranza più ampia di quella attuale, favorito dal ritiro del premier che ne sarebbe lo sponsor e quella del cosiddetto governo tecnico, da parte dell’attuale opposizione divenuta maggioranza. Delle tre opzioni in questione, la prima e la seconda, la cui strada non è affatto spianata, sono serie, la terza non lo è. Ma è sostenuta da seri ambienti finanziari e mediatici. Il mio parere personale è che, data la situazione di incertezza che si è creata, la seconda soluzione sarebbe seria solo se ben pilotata dal premier con una maggioranza coesa e consistente, che per ora proprio non si intravede. Diversamente, è meglio andare ad elezioni anticipate perché solo con il supporto di Berlusconi è possibile realizzare una continuità, un ampliamento e rafforzamento della linea che lui ha storicamente sostenuto e che è omogenea a ciò che ci chiede l’Unione europea, compreso l’aumento dell’età di pensione, che la Lega Nord non ha voluto accettare e che la Francia sta attuando.
La terza soluzione che viene proposta dal leader del PD Bersani e da una parte delle altre forze politiche dell’opposizione, ma soprattutto da importanti ambienti mediatici facenti capo al gruppo Rizzoli, a Repubblica e a TV 7 e Sky e da cospicui centri finanziari e imprenditoriali, invece, rappresenta il modo inglorioso con cui la cosiddetta seconda Repubblica avrebbe deciso di suicidarsi: il governo tecnico, appunto. Esso sarebbe una pallida riedizione del secondo governo Prodi, che nonostante le rilevanti qualità del suo leader dal punto di vista della saldezza dei valori e della competenza economica e politica, è caduto per implosione. Ciò quando nel Pd vi era maggiore coesione che ora fra le diverse anime e quando le scelte erano meno ardue. Ora tale governo dovrebbe attuare un programma di centro destra, mediante una coalizione di moderati, di sinistra migliorista, di sinistra populista e di sinistra sindacale. Questo governo dovrebbe essere presieduto da una personalità esterna, una sorta di papa straniero, gradito a guelfi e ghibellini. E il candidato sembra essere il professor Monti, che, secondo un articolo che ho letto ne “Il Correre della Sera” avrebbe il pregio di non essere classificabile né di destra, né di sinistra. E presumo quindi neanche di essere classificabile come moderata figura di centro, quale probabilmente in realtà è. Insomma l’opposizione per risolvere le proprie difficoltà interne, propone un governo che dovrebbe essere guidato da un premier che avrebbe il beneficio di non avere un indirizzo politico e di politica economica, essendo un puro tecnico. Ciò è, ovviamente, privo di senso perché la politica economica non è un puro fatto tecnico, a differenza della politica aziendale di una impresa alimentare o chimica o siderurgica o di un supermarket. Lo dimostrano in modo chiaro le divisioni sulla questione della modifica non licenziabilità per riduzione del personale nei contratti a tempo indeterminato riguardanti le imprese a cui si applica l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, così come interpretato dalla giurisprudenza. Nella attuale maggioranza non esistono, invece, preclusioni di principio su questo fondamentale tema, ma si è alla ricerca di modi per attuare tale obbiettivo con gradualità e con adeguate garanzie per chi potrebbe perdere il posto di lavoro.
Comunque, Silvio Berlusconi ha firmato una lettera di impegni con la Bce e l’Unione Europea, con un preciso programma, che essa ha approvato e che costituisce la condizione per la sua assistenza finanziaria. Non è affatto chiaro che cosa farebbe, invece, il governo tecnico in questione, dato che alcuni autorevoli esponenti dei partiti che ne dovrebbero far parte si sono espressi contro le richieste europee della Bce e del cosiddetto “direttorio” franco-tedesco per conto del Consiglio europeo. Dunque quanto durerebbe questa riedizione dell’esperimento Prodi e con quali risultati? Non è meglio scegliere una via chiara al più presto? La peggior sciagura sarebbe quella che la dilazione tramite il governo tecnico consenta di tornare a un sistema elettorale che consenta le coalizioni a geometria variabile. La cosi detta “Seconda repubblica” – non lo si dimentichi – è sorta dalla esigenza popolare di modificare il sistema elettorale per attuare una democrazia competitiva in luogo di quella consociativa. Per troppi anni questa legittima aspettativa è stata tradita. Non è proprio il caso e il momento di tradirla di nuovo.