Dico sì al governo Monti ma con una strategia tutta politica

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Dico sì al governo Monti ma con una strategia tutta politica

12 Novembre 2011

La scelta di Monti, come ha detto Silvio Berlusconi, è ineludibile perché Monti è stato Commissario Europeo e in questa fase di crisi dell’euro, l’Europa cerca di esprimere una forma embrionale di governance. La moneta unica manca di uno Stato sovrastante e si affida a una forma surrogata di statualità, rappresentata dalla burocrazia di eccellenza delle istituzioni europee. Così in Grecia è toccato al vicepresidente greco della Bce, in Italia all’ex membro della Commissione Europea Mario Monti, e in Francia sarebbe toccato a Strauss Khan e così via.

Per questo, anche se esistono personalità con profilo e competenza prestigiose come quelle di Mario Monti, non ci sono candidati alternativi che abbiano rivestito un ruolo in un qualche sistema di governance delle istituzioni sovranazionali. Ci sarebbe stato, per curriculum, Lorenzo Bini Smaghi, ma la spigolosità del carattere e la difficoltà di relazione con la Banca d’Italia e con il mondo politico lo hanno messo fuori gioco.

Il Capo dello Stato ha forzato la mano avendo ottenuto un affidavit da parte di Mario Draghi. È evidente che la Bce è in grado di influire sull’andamento dello spread Btp–Bund e pertanto può usare quella leva come arma di moral suasion nei confronti del governo ancora in carica. Pensare ad un altro nome porta a una crescita dello spread che finisce per toglierci qualsiasi margine di trattativa.

Dunque occorre dare via libera al governo Monti. Semmai occorre caricarlo politicamente perché il prezzo da pagare in termini politici sia il più possibile distribuito tra tutte le forze politiche che parteciperanno alle prossime elezioni (e dunque non solo alle forze parlamentari attuali).

Il governo Monti deve assumere il profilo di governo di emergenza nazionale al quale è demandato il compito di fronteggiare una tempesta finanziaria paragonabile ad una devastante calamità naturale.

Per ottenere il risultato previsto al punto precedente, è necessario che il premier (e ministro dell’economia) sia espressione europea, mentre ad affiancare Monti dovrebbe esserci un gabinetto (sullo schema di quelli dei governi Craxi) che abbia al suo interno i leader delle forze politiche che sostengono il governo (o i loro uomini di più diretta fiducia politica).

Questo organo politico previsto al punto precedent e dovrebbe dare l’indirizzo politico della Nazione, cosa che di regola è riservato al premier uscito dalle urne. In questo modo il governo si trasformerebbe da tecnico a politico e coinvolgerebbe tutte le forze che concorreranno al voto nel 2013.

Questo schema offre alcuni vantaggi. Primo: impedirebbe a forze politiche esterne al Parlamento di lucrare sulle difficoltà delle forze politiche di governo che attingono agli stessi bacini elettorali; metterebbe anticipatamente fine alla canea che in queste ore si sta svolgendo tra i vari cantori della nota aria di Enzo Jannnacci “Entro anch’io, no tu no”). Costringerebbe le forze politiche a scelte lungimiranti visto che si dovrebbero poi misurare con le elezioni alle quali andrebbero guidate dalle forze selezionate.

Tutte le altre soluzioni sembrano porre una distanza, una riserva tra il governo e i partiti e rovescerebbero i conflitti in Parlamento, mettendo in perenne discussione la realizzabilità del programma. Dobbiamo sacrificare la “purezza” del rapporto con gli elettori alla ineludibile necessità di porre in sicurezza il reddito, il risparmio e il patrimonio delle famiglie. Per questo un governo Monti, con un direttorio che vedesse presenti Berlusconi (o Alfano), Bossi (o Maroni), Casini, Bersani (o Enrico Letta), Di Pietro (o ?), Vendola sarebbe quello più accettabile. Naturalmente tutti gli altri ministri sarebbero tecnici puri.

L’alternativa a questo governo politico non sarebbero le urne, ma il governo elettorale. Il Capo dello Stato, infatti, ha già fatto sapere che non lascerà che sia il governo Berlusconi a gestire le elezioni. E in caso di fallimento dell’ipotesi Monti, convocherebbe un personalità del centro destra come Pisanu o Pera e gli chiederebbe di mettere in piedi un governo destinato a durare sette mesi, fino a giugno, con il seguente programma: prestito forzoso, riforma elettorale, sostituzione CdA Rai con amministratore unico, nuova legge sulla campagna elettorale.