Cosa avrebbe detto Chesterton sul governo Monti
20 Novembre 2011
di Luca Negri
Benedetti inglesi. Le ha cantate chiare Nigel Farage, parlamentare europeo dei britanni euroscettici: il nuovo governo italiano è stato imposto dall’Unione e dalla Germania. Intanto il collega tedesco Schulz, quello a cui il Cavaliere consigliò la carriera nel mondo dello spettacolo, rideva.
Mica solo Farage, però, ha detto certe cose. I giornali inglesi, a differenza dei nostri, non si sono concentrati sulla “sobrietà” dei ministri appena nominati. Anche perché, consentiteci la battuta, ci mancava solo che si presentassero ubriachi, dopo i festeggiamenti per la conquista di un ministero senza elezione popolare. Insomma, la stampa d’oltremanica ha preferito far luce su altri aspetti della vicenda e Il Foglio ha pubblicato per noi una bella sintesi.
Partiamo dall’Economist, quello che per anni ci ha ricordato quanto Berlusconi fosse “unfit”, inadatto, a governare l’Italia. Oggi avverte che la laurea non basta per far politica ed aggiunge che “i tecnocrati saranno bravi a dire quanto debba soffrire un paese, come rendere sostenibile il debito o risolvere una crisi finanziaria, ma non saranno bravi a distribuire il dolore. Questa è una questione politica”. Certo, non gli va mai bene niente di quello che succede nello Stivale a quelli dell’Economist. Son prevenuti.
Ma gli altri? Il conservatore Daily Telegraph, ricorda che “gli architetti dell’Unione europea non hanno mai voluto essere una democrazia” e che “Mario Monti è stato nove anni commissario europeo e il suo indirizzo postale era Rue de la Charité, Bruxelles. Questo non è il tempo dei tecnocrati e dei francofortesi” (che detta così spaventa proprio).
Lo Spectator attacca “l’Eurozona che ha creato un apparato mostruoso affidato sostanzialmente a un manipolo di individui”, addirittura evoca il golpe della Old Opera House di Francoforte, dove il mese scorso la Merkel e Sarkozy hanno incontrato l’élite burocratica dell’Unione per costruire una cupoletta sopra il continente. New Statesman, settimanale di sinistra, fondato da George Bernard Shaw, ha scritto che in Grecia e in Italia la democrazia è stata soppiantata dal “dominio dei tecnocrati”.
Dunque i nemici principali, ci ricordano gli alleati inglesi, sono ancora una volta i crucchi, i signori che stanno a Francoforte e scaricano su di noi le loro colpe. Intanto Angela e Nicholas, li abbiamo visti tutti, ridono. Benedetti inglesi, dicevamo, che possono risvegliare in noi un briciolo di spirito patriottico.
Il più benedetto di tutti, al punto che c’è chi lo vorrebbe santo, è Gilbert Keith Chesterton. Per caso abbiamo letto ultimamente un suo pamphlet poco noto: I delitti dell’Inghilterra (Raffaelli editore). Lo scrisse nel 1916, in pieno primo confitto mondiale. Proprio perché si trattava di un testo patriottico, un intervento di sostegno allo sforzo bellico britannico, divulga le colpe della madrepatria. Quelle più recenti, posteriori alla condanna a morte inflitta da Enrico VIII a San Tommaso Moro (giustamente proclamato da Giovanni Paolo II protettore di statisti e uomini politici).
I delitti dell’Inghilterra di cui scrive Chesterton, guarda caso, sono legati alla Germania, o meglio alla Prussia. In sintesi, gli inglesi sbagliarono quando permisero “le piraterie imperiose di Federico il Grande”, combatterono con tenacia quel “democratico di ferro” (fatto passare per “despota di ferro”) di Bonaparte a fianco di una putrefatta Alleanza prussianizzata, non alzarono un dito mentre “il brigante di nome Bismarck” si pappava Danimarca e una fetta di Francia (causando così grossi guai a quel galantuomo di Napoleone III, e di conseguenza al Vaticano sbrecciato a Porta Pia).
Addirittura i prussiani avrebbero fatto scuola in terra d’Albione per quanto riguarda la soppressione e l’oppressione degli irlandesi. Peggio ancora avrebbero inquinato i celti del Nord, ancora un po’ mediterranei e shakespeariani, con dosi massicce di durezza vichinga e teutonica. Perfino gli squilibri della rivoluzione industriale, gli inferni metropolitani descritti da Dickens e letti da Marx, devono molto alla Germania, al suo spirito di militarizzazione del lavoro e della società. Enrico VIII non fu mai un vero luterano e la Chiesa Anglicana rimase a lungo abbastanza cattolica. Poi incontrò il protestantesimo tedesco, per partorire il peggior puritanesimo.
Chesterton morì nel 1936, prima che quel rapporto particolare fra Germania e Gran Bretagna si consumasse tragicamente nella Battaglia d’Inghilterra e nel massacro di Dresda Sarebbe interessante avere un suo parere sulla nostra situazione. Sarebbe d’accordo con i suoi compatrioti giornalisti di oggi? Dunque, Francia e Germania ci hanno fatto un brutto tiro? Ha ragione Nigel Farage? La risposta di Chesterton, direttamente dal 1916: “Gli Inglesi possono essere snob, plutocrati, ipocriti, ma non sono di fatto cospiratori”.