Alemanno e Polverini scelgono Mueller, uno di sinistra, per il Festival di Roma
18 Marzo 2012
di Carlo Zasio
“Non potrei essere più felice, perché dopo 22 anni torno nella mia città per lavorare a un progetto entusiasmante”. Con queste parole Marco Mueller ha accolto la sua incoronazione a ottavo re dei Roma da parte del Consiglio di amministrazione della Festa del Cinema. Il neo direttore artistico della Festa del Cinema, che da mesi attendeva la nomina dopo il brusco termine della sua esperienza veneziana, arriva così a guidare il festival voluto da Veltroni e Bettini proprio per contrastare e, sul lungo periodo, soppiantare la gloriosa e vetusta Mostra del Lido e accentrare nella capitale i tre momenti principali dell’industria cinematografica: produzione, vetrina e mercato.
L’esigenza, fortemente sentita a Cinecittà e dintorni, esplose prepotentemente dopo l’eclissi nel 2005 del MiFED di Milano, fra le più importanti fiere mondiali del cinema presto destinata a soccombere quando il concorrente mercato di Los Angeles spostò le sue date in autunno andando a sovrapporsi a quelle dell’evento milanese. Proprio la guerra di date fu la prima in cui Venezia e Roma si videro contrapposte, con Mueller all’epoca dall’altra parte della barricata.
Molti ricordano le frasi con cui sprezzantemente, presentando la 63. Mostra d’Arte Cinematografica nel 2006, liquidò Roma, affermando che avrebbe preso gli scarti di Venezia. All’allora Presidente della Biennale Croff non fu perdonato l’esser entrato nel comitato d’onore della Festa di Roma, mentre Mueller riuscì a sopravvivergli anche grazie a questa forte presa di posizione, di cui però ora nessuno sembra ricordarsi. Del resto il personaggio è contraddittorio, come suggerisce anche l’imbarazzo con cui si vide costretto nel 2004 a ritirare dal sito Carmilla la sua firma all’appello pro Battisti: “La mia immediata adesione all’appello per la scarcerazione di Cesare Battisti – si può leggere ancora oggi sul sito – scaturiva sia da una stima culturale per il suo lavoro di scrittore e storico che da quanto sapevo del suo caso … Ciò premesso, la mia è stata una reazione telefonica “ a caldo” alla notizia. Non avevo letto il testo dell’appello in calce al quale la mia firma è stata poi apposta. Testo nel quale non posso riconoscermi. Ho dunque chiesto ai promotori dell’appello di togliere la mia firma dalla petizione”.
Curioso che un protagonista di quella che una volta si sarebbe definita gauche caviar abbia incontrato la fiducia della destra capitolina del duo Polverini-Alemanno. O forse è la dimostrazione – se mai ce ne fosse stato bisogno – di quanto confusionaria sia la loro gestione del governo di Roma.