Con “To Rome with Love” Woody Allen è riuscito a fare un film brutto, inutile e noioso
22 Aprile 2012
Era difficile realizzare un film così brutto, inutile e noioso. E invece Woody Allen ci è riuscito. Nulla di grave, sin qui. Un film americano usa e getta. La questione però è un tantino più complicata, poiché “To Rome with Love” è tutt’altro fuorché un film americano. È un film italiano. Nel senso che italiani sono buona parte degli attori. Italiane le maestranze. Italiana l’ambientazione nella città di Roma. Italiani parecchi capitali investiti.
Woody Allen da qualche anno lavora in Europa. Ha girato vari film a Londra, poi a Barcellona e Parigi. Adesso è il turno della Città Eterna. A Roma però ha rifilato l’opera peggiore. Sciatta, scritta con i piedi, zeppa di situazioni e personaggi privi di credibilità, banale e stiracchiata. Il settantasettenne regista (non dimentichiamolo, fra i maggiori talenti del cinema americano contemporaneo), ha così confezionato l’ennesimo film per evitare il lettino dello psicanalista, e tenere lontani i pensieri sulla morte. Eppure questo pastrocchio inspiegabile e sconsiderato, richiamerà in Italia, e in Europa (difficilmente lo stesso potrà accadere negli Stati Uniti), un pubblico numeroso (forse persino troppo numeroso) e festante.
Stavolta la critica ha sparato a zero sul film. Così come aveva straveduto per il precedente “Midnight in Paris” (opera onesta e divertente, sulla quale era però difficile lasciarsi andare a giudizi entusiastici), adesso il coro ha cambiato decisamente registro, e in negativo. Dal sole splendente si è passati al temporale, all’acquazzone, alla tempesta.
Ormai Allen fa film decadenti per un’Europa decadente, la sola che riesca ad apprezzarli sino in fondo. Gli americani delle sue lagne tra l’ennesima paura di volare, l’ennesima citazione di Freud e l’ennesima battuta di Marx (naturalmente i comici fratelli Marx, non il filosofo tedesco), ne hanno le scatole piene. Gli europei, invece, hanno deciso di adottare Woody Allen, finanziandolo, incoronandolo artista e affollando le sale alla programmazione dei suoi film.
In “To Rome with Love”, nel tentativo di cavarsela, interseca storie diverse ambientate a Roma. Ci sono i tormenti amorosi di una coppia di studenti americani. Il ragazzo, Jack (Jesse Eisenberg), resta stregato dal fascino di un’amica della fidanzata, attrice volubile e seduttrice irrefrenabile, che prima gli promette amore eterno, poi, sul più bello, lo pianta in asso per girare un film. C’è un famoso architetto (Alec Baldwin), ben remunerato costruttore di sofisticati centri commerciali. Da giovane passò un periodo a Roma, e quando casualmente incontra Jack, rivede se stesso spensierato a passeggio nelle stradine di Trastevere. Prova a dissuadere il ragazzo: sta correndo appresso alle gonne della donna sbagliata. Ma con poca fortuna. Ci sono una giovane americana, innamorata persa di un giovane italiano. Il padre del ragazzo ha un’impresa di pompe funebri e una voce da non temere confronti con quella di Pavarotti, che riesce però a sprigionare alla massima potenza solo sotto la doccia. Il padre della ragazza (Woody Allen) è un impresario e regista di opere liriche in pensione, sposato con una psicoanalista. C’è una coppia di giovani sposi provenienti da Pordenone, provinciali un po’ imbranati, stritolati e storditi dalla città. E, infine, c’è Leopoldo Pisanello (Roberto Benigni), anonimo impiegato che diventa, senza alcun motivo, una celebrità. Nel cast trovano spazio anche Penélope Cruz e Ellen Page, oltre a tanti, tantissimi attori italiani, giovani e meno giovani, da Riccardo Scamarcio a Ornella Muti, da Antonio Albanese a Giuliano Gemma. Solo una conclusiva considerazione. Benigni nella mani di Woody Allen è la più totale delusione. Un talento esplosivo ingabbiato in un ruolo fiacco. Ma ne valeva la pena?