De Albertis è il nuovo presidente della Triennale e a Milano è già polemica

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De Albertis è il nuovo presidente della Triennale e a Milano è già polemica

12 Febbraio 2012

Si chiude l’era di Davide Rampello alla Triennale di Milano, una stagione quasi decennale che ha rilanciato l’immagine e l’attività di un’istituzione nata nel 1933 e appannatasi alla fine degli anni Novanta sulla scia dello sconquasso politico e istituzionale di Mani Pulite.

Rampello, che aveva già raggiunto i limiti di due mandati e ottenuto per due volte il rinnovo grazie ad appositi provvedimenti assunti negli ultimi decreti mille proroghe, non poteva più essere rinnovato senza una forte volontà politica, mancata per il contestuale avvicendamento del governo nazionale e della giunta municipale.

Se da un lato Rampello ha risollevato le sorti della Triennale con grandi, importanti mostre e la realizzazione di attività permanenti che rendono lo storico edificio di viale Alemagna progettato da Muzio una tappa obbligata delle movida milanese, troppa enfasi è stata data alla proiezione internazionale con progetti ambiziosi arenatisi per mancanza di risorse.

La Triennale di Tokyo, nata nel 2002 e chiusa pochi anni dopo, la Triennale di Incheon, 6000 mq di spazi espositivi inaugurati nel 2009 e mal sfruttati, e la Triennale di New York, che non ha mai visto la luce per la mancanza di approvazione da parte del consiglio d’amministrazione, hanno distolto risorse e energie da quella che poteva essere la vera missione del secondo mandato di Rampello.

Dopo aver riaffermato al mondo che la Triennale è viva e vegeta, egli avrebbe dovuto concentrarsi sul recuperare la missione istituzionale della fondazione. Unica realtà espositiva riconosciuta dal Bureau International des Expositions, l’organizzazione che sovrintende alle assegnazioni delle Expo universali, la Triennale non organizza più dal 1996 la rassegna di design  e arte applicata all’industria cui deve il nome. Il 23 aprile di quell’anno chiude la XIX edizione intitolata Identità e differenza, Integrazione e pluralità nelle forme del nostro tempo, Le culture tra effimero e duraturo e da allora, lentamente, il Palazzo dell’Arte si trasforma progressivamente in museo. In questo senso ricorda un po’ la Biennale degli anni Settanta, tramortita dalle contestazioni del 1968, paralizzata dai veti politico sindacali e incapace per oltre un decennio di organizzare la Mostra del Cinema e l’Esposizione Internazionale d’Arte.

Il nuovo presidente, Claudio De Albertis, è stato nominato con qualche attrito in seno alla giunta Pisapia. Come appare ormai una costante, l’assessore alla cultura Stefano Boeri ha manifestato il proprio disaccordo sull’indicazione di De Albertis, immobiliarista e vice presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili al quale avrebbe preferito l’architetto Carlotta de Bevilacqua, espressione del mondo del design. Ma si dice che il sindaco avrebbe preferito De Albertis anche perché necessita del sostegno dell’Ance nel momento in cui si sta ridiscutendo il piano regolatore varato in extremis dalla giunta Moratti. Forse un retro pensiero troppo complottista, ma sicuramente una rottura in seno alla giunta arancione è sempre più evidente.