Air One esce dalla gara Alitalia e TPS registra l’ennesimo fallimento
18 Luglio 2007
C’è
una strana amarezza quando si ha ragione troppo presto. Sin dalla lettura del
bando per la privatizzazione (peraltro parziale, ma potenzialmente soggetta a
Opa totalitaria da parte del potenziale vincitore) avevamo preconizzato che il beauty
contest (non l’asta di cui ha parlato per mesi il Presidente del
Consiglio Romano Prodi) era votata o al fallimento o a concludersi in un
labirinto di ricorsi che avrebbero portato probabilmente al suo annullamento o
da parte delle autorità antitrust italiane o da parte della Corte di Giustizia
Europea. Non era una profezia ma il frutto di esperienza di
direzione di uffici in Banca Mondiale per circa tre lustri e di esperienza,
quindi, sul campo – ed in copore et cute – di gare
internazionali.
Ora
la stima fatta in gennaio e ribadita su L’Occidentale sin dal primo numero
del nostro quotidiano di orientamento è diventata realtà con il ritiro di
quella Air One (che sembrava a tutti come la compagnia superfavorita anche e
soprattutto dalla politica) dal contesto. E che comunque era rimasta la sola
in gara. A quello che si è dato di comprendere, Air One tira i remi in barca in
quanto i sindacati (e la stazione appaltante – su cui aleggia la sinistra
reazionaria) hanno detto chiaro e tondo che non accettano una riduzione di
organico come quella proposta (circa 2500 unità) per riorganizzare la
compagnia.
Questo ultimo sviluppo del tormentone Alitalia
ha implicazioni sia di politica economica generale sia specifiche al settore ed
all’azienda. Per quanto attiene alla politica economica generale, il titolare
del dicastero dell’Economia e delle Finanze, Tomaso Padoa-Schioppa (TPS) segna
un’altra sconfitta nel suo curriculum di Ministro: ancora una volta – come ha
sottolineato ieri Alberto Alesina su Il Corriere della Sera – avere
seguito comportamenti incoerenti (ove non apertamente contrastanti) con quanto
ha scritto in articoli e libri lo ha reso foglia di fico della sinistra
reazionaria e di interessi particolaristici. Le sue dimissioni – ed il suo
ritorno nella tanto amata Parigi – sarebbero nell’interesse e suo e dell’Italia
dopo questo ulteriore insuccesso che mette a repentaglio la politica
dell’industria e della tecnologia del Paese.
Sotto il profilo dell’azienda le strade
possibili sono due dato che non è fattibile il percorso (di dubbia correttezza
ed ancor più dubbia legittimità) accarezzato nei Palazzi romani nelle ultime
due settimane: fallita la gara, entrare in trattativa con l’unico concorrente
in lizza per una licitazione privata. Tale idea avrebbe danneggiato tutti (pure Air One, che se ne è accorta): si
aprirebbe un complicato contenzioso interno ed internazionale sull’osservanza
delle regole europea e della prassi internazionale (la lex mercatoria non
scritta ma cogente come se lo fosse) che potrebbe aggravare tensioni già
esistenti all’interno del Governo e danneggiare ulteriormente l’immagine
dell’Italia all’estero. Chi più verrebbe ad investire da noi se non c’è
certezza di regole analoghe a quelle seguite nel resto del mondo avanzato? Per
la stessa Air One, una licitazione privata sarebbe una vittoria di Pirro, con
contenziosi dietro la porta ed il ritorno del fantasma della operazione Sme.
Un
percorso consiste nel portare i libri in tribunale ed iniziare una procedura di
fallimento come sostengono da tempo economisti specializzati nel ramo (si pensi
agli scritti di Carlo Scarpa) . Un’altra via possibile è (dietro autorizzazione
dell’Ue) lanciare una nuova gara, ma con tutte le regole e le procedure del
caso. L’Occidentale ha fornito
suggerimenti anche tecnici in materia. Se richiesti siamo pronti a tornare sul
tema.
Per
saperne di più
Carlo
Scarpa Alitalia: un prezzo troppo elevato per il Paese in
www.brunoleoni.it
Francesco Drudi (ed altri), Corporate
Finance in the Euro Area ? Including Background Material” ECB Occasional Paper No. 63
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