
All’Europa mancano le mediazioni di Berlusconi con la Russia

23 Maggio 2012
Dopo aver analizzato le situazioni difficoltose di alcuni paesi Est Europei e Caucasici, e aver compreso meglio lo status quo politico attuale alle porte della NATO, che sembra essere nettamente a favore della Russia, siamo arrivati al momento delle riflessioni, serve capire dove è stato commesso l’errore principale e soprattutto come rimediare.
La politica estera del continente Europeo è sempre stata molto complessa e ricca di piccole sfumature, a volte poco comprensibili per gli stessi giocatori, ma ritengo che durante gli ultimi 7 – 8 anni siano stati commessi svariati errori di calcolo e di strategia da parte dell’Occidente.
Probabilmente la tattica di Berlusconi che riguardava la politica estera del continente Europeo poteva rivelarsi più efficiente per gli interessi occidentali, ma andiamo con ordine. Sulla politica estera di Berlusconi si è detto molto e si è discusso a lungo sulle pagine dei giornali stranieri specializzati.
Ahimè, non sempre la politica estera del Cavaliere è stata compresa a dovere da tutti, incluso dai suoi alleati più vicini, ma (solo) in questo momento diventa chiaro quanto la strada proposta da Silvio (lavorare di più con la Russia per ottenere più benefici) potesse essere più efficace per evitare alcuni avvenimenti che hanno mutato sensibilmente verso il peggio la situazione attuale nell’Est Europa e nel Caucaso. Basti pensare alla situazione politica in Ucraina, il De Facto "smembramento" della Georgia in tre parti avvenuto nel agosto del 2008, la situazione difficile in Trans-Dnestria (Moldavia), ecc. .
Sull’esempio di questi Paesi, di cui la situazione politica è stata già analizzata più volte da "l’Occidentale", possiamo tranquillamente dedurre che la netta contrapposizione con il Cremlino, e l’illusione di alcuni politici occidentali di poter ignorare completamente gli interessi e le richieste della nuova Russia, ha ottenuto un esito infausto.
Anche se tutti conosciamo la vera identità della Federazione Russa, delle sue attitudini negative nel campo del rispetto per i diritti civili, dell’assenza di trasparenza, dell’assenza dello stato di diritto e del mancato rispetto da parte di essa della sovranità dei paesi vicini, è comunque assolutamente impossibile per noi Occidentali ignorare le richieste di Mosca.
Lavorare più da vicino con la Russia non deve voler dire alleggerire il nostro supporto politico verso i paesi dell’Est e del Caucaso che tentano di sfuggire dalle sue influenze. Per quanto riguarda l’Italia, la vicinanza e l’amicizia tra Putin e Berlusconi non ha mai mutato la posizione dell’Italia nei confronti dei nostri alleati della NATO.
Spesso in Ucraina e in Georgia l’opinione pubblica locale ha messo in risalto la vicinanza di Berlusconi con Putin, ma in alcuni casi fu questa vicinanza stessa con il leader russo che si rivelò decisivo per evitare il peggio. Infatti, come si è già detto in qualche altra occasione, secondo il Cavaliere, fu proprio lui con la sua influenza personale a "costringere" Putin a non attaccare il palazzo di Saakashvili a Tbilisi durante la guerra del 2008!
Berlusconi ha sempre potuto appoggiare le posizioni della Nato e dell’EU, quando la Russia era da condannare per le sue azioni. L’Italia, con Berlusconi premier, ha votato e appoggiato numerose dichiarazioni che invitavano e tutt’ora invitano il Cremlino a rispettare certi principi (ad esempio, la condanna netta dell’Italia verso l’occupazione delle regioni georgiane, e molto altro) senza mai entrare in crisi decisionale.
Questo esempio sovra menzionato serve a farci capire che probabilmente tutta la NATO e l’intera UE avrebbe dovuto iniziare a lavorare il più possibile in direzione della Russia stessa, per poter "aiutare" i paesi come la Georgia, l’Ucraina e la Moldavia ad avvicinarsi a noi.
Invece si è lavorato solo ed esclusivamente con dei "paesi aspiranti" che desideravano "scappare" dall’influenza russa e cercavano di rifugiarsi sotto il nostro ombrello di protezione.
Questo tipo di interventismo politico diretto dell’UE era possibile 10 o 15 anni fa, quando la Russia appena post-Eltsin non aveva ancora abbastanza determinazione per lottare o addirittura difendere i propri interessi nazionali con l’uso della forza. Infatti, abbiamo lavorato con i paesi Baltici per la loro democratizzazione e l’integrazione senza il minimo coinvolgimento russo, accogliendo loro nella NATO e successivamente nell’UE nel giro di pochissimi anni.
Nel frattempo la Russia è cambiata e ha definitivamente ritrovato la sua "vera identità nazionale". Quel breve periodo di assoluta libertà, in cui i paesi dell’Europa Orientale erano liberi a scegliere le alleanze è durato meno di dieci anni ed è finito prima ancora di cominciare. E questo era quel piccolo grande particolare che non è stato recepito a dovere dai politici Occidentali, ma soprattutto da quelli americani.
Inoltre, il coinvolgimento americano ed europeo con l’Ucraina e con la Georgia ha anche alimentato le false speranze tra questi governi, che hanno ulteriormente radicato le loro posizioni e hanno iniziato a guardare solamente verso Washington e Bruxelles, ignorando centinaia di chilometri di confine con la Russia. Ma quando la contrapposizione ha raggiunto il culmine e la Russia ha deciso di mostrare tutta la sua determinazione, non siamo più riusciti ad influenzare gli eventi e siamo divenuti dei semplici "osservatori" della rabbia russa che si è riversata sui paesi in questione.
Per finire, dobbiamo comunque ripetere che la democratizzazione di ciascun paese deve partire soprattutto dall’interno e che il vecchio tipo di assistenzialismo attivo (tutoraggio) non sarà più possibile. Noi potremo solo avvantaggiare questo processo con la nostra "mediazione" e il nostro serio lavoro direttamente con la Russia, cercando di convincerla a dare la possibilità a questi paesi di scegliersi da soli il proprio destino.
Mentre sulla carta tutti i paesi indipendenti hanno il diritto di scegliersi le proprie alleanze liberamente, nel mondo reale le cose vanno molto diversamente. Le cose si complicano ulteriormente soprattutto nelle regioni dove i due grossi poteri si incontrano (e si scontrano), e dove ognuno di loro cerca di rafforzare le proprie posizioni.