Proposta di un ‘Fondo per la garanzia e il riscatto del debito pubblico’
31 Maggio 2012
Ciò che propongo è una operazione di finanza straordinaria per dare luogo a un ‘Fondo per la garanzia e il riscatto del debito pubblico’ presso la presidenza del Consiglio alimentato con varie risorse.
L’impostazione che il ministro dell’Economia ha dato della manovra di finanza pubblica si rileva sempre più miope, perché accanto al problema del deficit esiste, un problema del debito, che non si risolve solo accettando maggiori tassi di interesse. Anche se l’onere per interessi è sostenibile, l’aumento di tasso e di spread riduce il valore patrimoniale dei titoli pubblici generando una riduzione negli attivi delle banche e quindi dei loro valori patrimoniali. Ciò innesca due effetti negativi:
1) La tendenza delle banche a vendere i vecchi titoli, sul mercato secondario generando un deprezzamento del loro valore che si ripercuote sulle nuove emissioni e sul valore degli attivi delle banche.
2) La restrizione del credito dovuta al fatto che i parametri delle banche sono indeboliti, con caduta dei loro titoli in borsa e in genere dei valori finanziari, generano un ulteriore effetto depressivo sull’economia (nell’economia neo classica non keynesiana si chiama effetto Pigou – Patinkin)
Le nostre banche detengono una quota rilevante del debito pubblico italiano
Tavola 1
Debito pubblico italiano Capitale proprio Debito/capitale
Intesa San Paolo 60 32 187,5
Unicredit 49 35 140,0
Monte dei Paschi 32 7 457,1
Banco Popolare 11,8 3,6 327,7
Ubi banca 11,8 7,2 163,9
Totale 164,6 84,8 194,1
Situazione molto delicata per Monte dei Paschi e Banco Popolare, ma delicata anche per le due maggiori banche.
Di qui l’esigenza di una ‘manovra biennale di 400-500 miliardi’ sul debito italiano, pari al 30% circa del Pil, che non ha bisogno di 400-500 miliardi liquidi, ne bastano 200-250 per operare sia con l’acquisto di debiti sul mercato secondario, e sia con la ‘collateralizzazione’ dei titoli pubblici a medio e lungo termine mediante una garanzia reale del 20% del loro valore facciale, su beni pubblici. 80 miliardi consentono di collateralizzarne 400 per il 25% del Pil mentre altri 120, pari al 7,5% del Pil possono toglierne dal mercato il 7,5%. Va notato che se si suppone di ricomprare i titoli al prezzo di mercato con 120 miliardi se ne possono comprare molti di più, evitando di difendere una loro parità al valore nominale. In un’ipotesi di portata di 400 miliardi ne possono bastare 130, di cui 70 per collateralizzare 350 pari al 22% del Pil miliardi di titoli e 80 per riscattarne il 5% del Pil. O qualcosa di più, non comprandoli al valore nominale. Considerando che la Bce ne ha acquistati almeno 80, pari al 5% del Pil, in totale il problema del nostro rapporto debito/Pil sul mercato si ridurrebbe di una percentuale del 37,5%-30% .
Il debito pubblico dello Stato italiano sul mercato va distinto dal debito pubblico complessivo che l’Italia ha per Eurostat.
Tavola 2
DEBITO DEL SETTORE STATALE
(dati a fine 2010)
Debito totale 1688
Titoli di stato 1446
Dettaglio
Bot 140
CTZ 165
CCT 163
BTP 906
BTP Es 102
Titoli Esteri 60
FS estero 9
Altri debiti (conto Tesoreria ,cc. postali,
buoni postali,prestiti domestici ed esteri ) 242
Fonte, F. Forte ‘Saggio su crescita e stabilizzazione finanziaria’, in Ircocervo, N.3 ,2011.
Sui titoli di Stato – 1446 miliardi a fine 2010 – la quota a breve termine è di 305 miliardi circa. Togliendo il debito ferroviario sullo estero, cioè altri 9, che possono essere rafforzati dalle Ferrovie dello Stato e i 60 miliardi posseduti da Banca d’Italia, si arriva a 374 miliardi. Dunque, il debito dello Stato a medio e lungo termine sul mercato è, a fine 2010, 1072 miliardi, ossia il 67% del Pil. L’operazione con due rami qui descritta pari a 500-400 miliardi e la quota della Bce di 80 insieme sommate, ne sterilizzerebbero o metterebbero al sicuro 500-600, sicché ne rimarrebbero sul mercato senza garanzia solo 520-620 che avrebbero un più alto rendimento e, comunque, il compito del Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria di assistenza all’Italia si ridurrebbe di molto. Va anche tenuto presente che entro il 2014 il rapporto debito/Pil, dovrebbe essere sceso al 14,5% del Pil.
Conviene ora esaminare ancora la distribuzione del nostro debito globale fra Italia ed estero e fra banche e altri operatori per capire dove andrebbe prioritariamente indirizzata la collateralizzazione,
Tavola 3
DISTRIBUZIONE FRA SOGGETTI ITALIANI ED ESTERI DEI TITOLI DI STATO
Banche italiane 15,6
Assicurazioni italiane 11,9
Fondi d’ investimento Italiani 5,7
Privati italiani 15,0
Fondi italiani gestiti all’estero 6,2
Totale soggetti italiani 54,4
Banche estere 12,8
Assicurazioni e fondi esteri 15,2
Investitori asiatici 6,2
Altri 11,4
Totale soggetti esteri 45,6
Fonte F. Forte, ‘Saggio su crescita e stabilizzazione finanziaria’, in Ircocervo, N.3, 2011
Come si nota il 15% del nostro debito pubblico è detenuto da famiglie italiane presumibilmente più interessate al rendimento che alla collateralizzazione. Un 28% è di banche per 450 miliardi circa e non tutto costituito da debito a medio e lungo termine.
Ora, però, ci si domanderà da dove si possono trarre i 200-120 miliardi necessarie per il Fondo di garanzia. Ciò è illustrato nella
TAVOLA 6
DOTAZIONE DEL FONDO PER IL RISCATTO E LA GARANZIA DEL DEBITO PUBBLICO
Miliardi
Provento dell’alienazione di immobili strumentali dello stato 15
Provento della cessione di crediti dello stato 10
Patrimonio immobiliare pubblico 34
Valore capitalizzato delle frequenze UMTS 18
Provento della disponibilità di quote di spa pubbliche 21
Cessione del 49,9 di una Società per le concessione demaniali 25
Convenzione con la Svizzera per i capitali italiani 12
Condono edilizio per immobili ampliati o con nuova destinazione
di uso ed edifici nuovi sanabili 20
Prestito forzoso sui grandi patrimoni 20
Concordato di massa amministrativo e nel contenzioso 25
Totale 200
Fonte F. Forte, Edoardo Reviglio, Valutazione del Patrimonio Pubblico, Mef, Renato Brunetta, ‘Saggio su crescita e stabilizzazione finanziaria’, in Ircocervo.
Ossia:
– Il provento della vendita di beni strumentali della Pubblica Amministrazione statale, costituiti da immobili che essa utilizza e per i quali stipulerebbe dei contratti di affitto di per un importo che è stato stimato in 30 miliardi in una valutazione di medio termine
– Il provento della cartolarizzazione e cessione di crediti fiscali, di crediti per anticipazioni e di crediti non classificabili della Pubblica Amministrazione statale che Edoardo Reviglio, Capo dell’Ufficio Studi della Cassa Depositi e Prestiti stima in 22 miliardi ed è qui ridotto a 10 assumendo che una parte siano, nel frattempo, pagati con vari sistemi o lasciati da riscuotere
– Il patrimonio immobiliare pubblico, che rende appena lo 0,1% del suo valore, è stimato,(prudenzialmente), da Edoardo Reviglio in 72 miliardi
– Il valore capitalizzato delle frequenze già date in concessione che Edoardo Reviglio stima in 18 miliardi
– Una quota delle società per azioni pubbliche di cui lo stato detiene quote eccessive, come Enel o la totalità, per un importo di 21 miliardi, dalle concessioni demaniali statali, che Edoardo Reviglio valuta abbiano un valore di 50 miliardi e rendono solo 250 milioni, pari allo 0,5 %, al netto del demanio marittimo, si possono ricavare 25 miliardi costituendo una società per le Concessioni demaniali e cedendone una quota attorno al 55% alla Cassa Depositi e Prestiti, all’Anas e ad altri operatori istituzionali non rientranti nel perimetro del settore pubblico, secondo la definizione di Maastricht.
– Una convenzione con la Svizzera riguardante la tassazione dei capitali italiani che ivi sono rifugiati, che comporta anche la vigilanza sui futuri capitali che volessero scegliere occultamente questa destinazione: secondo le stime de Il Sole 24 Ore, questa convenzione,a cui si è sino ad ora opposto il ministro dell’Economia, comporterebbe un introito massimo una tantum di 9 miliardi per la sanatoria sulle imposte arretrate, insieme a una cedolare secca del 27% sui circa 150 miliardi di euro, di capitali italiani che si stima siano attualmente rifugiati in Svizzera, con un gettito ulteriore di 1,6 miliardi annui, che per i prossimi due anni sarebbero 3,2 miliardi. Sicché è ragionevole l’ipotesi di un introito di 13 miliardi.
Per quanto riguarda i proventi delle privatizzazioni, da Enel, di cui lo stato possiede il 31%, e di cui si potrebbero ricavare 8,2 miliardi, passando al Fondo per il riscatto e la garanzia del debito pubblico (Frgd). Da Finmeccanica si potrebbero ricavare 800 milioni riducendo la quota statale al 15%. Dalle società da società non quotate, mantenendone la maggioranza assoluta si dovrebbero ricavare 12 miliardi così ripartiti: per Poste Italiane che ha un patrimonio di 4,350 miliardi, la quota disponibile è 2,2 miliardi; per Fintecna, che ha un patrimonio di 2,6 miliardi, 1,2 miliardi; per SACE che ha un patrimonio di 6,3 miliardi, ricavare 3,1 miliardi, per Cassa Depositi e Prestiti 1,8 miliardi, per Istituto Poligrafico 300 milioni; per Enav 500 milioni, per Invitalia 700 milioni, per Anas che ufficialmente ha un patrimonio netto di soli 2,360 miliardi almeno 1,2 miliardi e da Ferrovie dello stato 1 miliardo.
Una parte dei valori della Tavola 4 è più liquida e un’altra meno liquida, una più immediata e l’altra meno. C’è abbastanza in cui pescare una quota di 80 miliardi da accantonare per far luogo a collaterali per nuove emissioni e riconversioni per massimo 400 miliardi. Quindi, non a vere alienazioni, mentre il resto verrebbe utilizzato, in un biennio, per riscatto di debito pubblico. E’ un programma ‘massimo’, però fattibile, che mira anche e in primo luogo a valorizzare il patrimonio pubblico senza svenderlo e a sottoporre le varie imprese statali che sono spa al 100% dello Stato alla sfida del mercato e, in primo luogo, a una gestione più trasparente, con tempi diversi, ma in un quadro globale. Il prestito forzoso sui grandi patrimoni e la nobile destinazione dei mezzi di questo fondo di finanza straordinaria giustificherebbero anche i condoni. Quello edilizio, comunque, comporterà il recupero di una consistente base imponibile di Ici e di altre imposte, l’accordo con la Svizzera darà un introito permanente sui capitali così legalizzati e il concordato di massa aprirà la strada al redditometro di massa.