Il comunismo, i comunisti e il passato che non passa
20 Luglio 2007
“Il terrore, i gulag, le persecuzioni: come è possibile che nessun comunista li volesse vedere?”: ho trovato questo drammatico interrogativo in una intervista rilasciata ad “Avvenire” da Martin Amis, il quarantottenne scrittore inglese, autore, fra l’altro, di Koba, il terribile. Una risata e venti milioni di morti, uno dei libri più intensi e sconvolgenti sulla tragedia del comunismo sovietico e la dittatura di Stalin. Ma – si dirà – ora il velo è stato finalmente sollevato e nessuno può più far finta di non vedere, prova ne sia la visita di Piero Fassino a Levashovo, il cimitero ove riposano cinquantamila vittime delle persecuzioni staliniane, tra cui anche un migliaio di italiani, molti dei quali comunisti riparati in Unione Sovietica nell’illusione di trovarvi asilo e, soprattutto, quella società giusta e fraterna che l’ideologia marxleninista aveva promesso di realizzare. Eppure c’è qualcosa che non torna! C’è qualcosa che suona falso. Qualcosa che ci fa pensare che i conti con il comunismo ancora non siano stati fatti fino in fondo.
Non casualmente Martin Amis sostiene che l’Occidente si è dimostrato troppo indulgente nei confronti di Giuseppe Stalin e – ci permettiamo di aggiungere – del comunismo nel suo complesso. A questo riguardo, opportunamente Martino Cervo su “Libero” ha notato la terribile contraddizione in cui si avvita un uomo come Fausto Bertinotti che, nel mentre condanna gli orrori dello stalinismo, non solo riesce a non collegare esplicitamente tali orrori col comunismo, ma si onora di aver dedicato molta parte della sua vita e del suo impegno al tentativo di rifondare quell’ideologia e quella prassi politica. Ma di simili salti mortali culturali e politici ne abbiamo dovuti vedere sin troppi in questi anni che ci separano dalla caduta del muro di Berlino: si è trattato di uno spettacolo triste e doloroso, che, fra l’altro, ci ha purtroppo indotti a sospettare della sincerità e della buona fede di molti ex, post e neocomunisti prontamente riverniciatisi di democrazia e assurti senza batter ciglio alle più alte cariche politiche e istituzionali.
C’è un aspetto in tutta questa vicenda che potrebbe apparire marginale, ma che a guardar bene risulta rivelatore di quale meccanismo, tanto erroneo quanto pericoloso, sia stato attivato all’indomani del crollo del comunismo affinché le macerie non travolgessero coloro che all’ombra della bandiera rossa avevano costruito la loro carriera politica; un meccanismo – si badi bene – che ha funzionato alla perfezione.
C’è qualcuno in grado di ricordare se, in questi anni, nelle più disparate occasioni, da sinistra siano state mosse critiche chiare e inequivocabili a qualche importante personalità comunista? Eppure, per riprendere l’iniziale riflessione di Martin Amis, tutti questi uomini e donne non potevano non sapere che cosa fosse il comunismo. E’ ormai appurato che Togliatti ha avuto tremende responsabilità nella soppressione di molti comunisti italiani: ma c’è forse qualcuno che ha chiesto di togliere il suo nome dalle tante strade che in città e paesi italiani sono a lui intitolate? Eppure nella mia città la giunta di centrosinistra ha cancellato il nome di una piazzetta dedicata a un movimento cattolico e antigiacobino della fine del Settecento!
Rammento ancora con stupore e amarezza le lodi sperticate che vennero tributate a Nilde Jotti all’indomani della morte che la colse nel 1999, ben dieci anni dopo la caduta del muro di Berlino: certo ella non aveva commesso alcun crimine, ma aveva appassionatamente condiviso per una vita la teoria e la prassi del comunismo. Un po’ più di misura e di silenzio avrebbe certamente giovato! Mai che un leader comunista sia stato apertamente condannato per aver aderito a una delle più nefaste ideologie di tutti i tempi: non certo Berlinguer, né Ingrao, né Amendola, né Natta.
Ma neppure D’Alema o Veltroni, che pure furono comunisti convinti, mentre in URSS si moriva nei gulag. Il paradosso che si è voluto sostenere e sfruttare è stato il seguente: il comunismo è stato cattivo, però i comunisti sono stati buoni. Sembra incredibile, ma in un paese in cui ex terroristi occupano importanti ruoli istituzionali non c’è da meravigliarsi di niente!