Con il massacro di Denver l’oscurità di Batman cala tragicamente sulla realtà
20 Luglio 2012
Esce oggi sugli schermi italiani “La leggenda del cacciatore di vampiri”. Si tratta di una storia fantastica, che ha per protagonista il padre dell’America moderna, il presidente Abraham Lincoln, nell’improbabile ruolo di cacciatore di vampiri. Lincoln, come è noto, fu ucciso nel 1865, finita la guerra di Secessione. A sparargli a teatro, mentre assisteva ad una commedia musicale, fu un attore sudista, John Booth. Cominciava così, con un evento drammatico quanto spettacolare, una storia tutta americana di gesti violenti. Una storia di omicidi che nel corso del tempo hanno perso il senso delle motivazioni (pur se assurde o ignobili) e aumentato lo spessore della crudeltà.
Con precisa ricorrenza il nemico dell’America si materializza, nei mille travestimenti della morte. Entra in una sala cinematografica, mentre è in corso l’anteprima del nuovo e attesissimo Batman, “The Dark Knight Rises”, cominciata a mezzanotte, all’interno di un centro commerciale di Aurora, sobborgo di Denver, Colorado. E compie un massacro. La notte, come da tradizione per i grandi lanci delle maga-produzioni hollywoodiane, appariva l’ideale scenario della festa. Frotte di adolescenti, genitori, vecchi fans e giovanissimi adepti del culto di Batman, tante t-shirt con il pipistrello stampato. Poi entra il nemico, James Holmes, 24 anni, bianco, armato. Scarica sui presenti, alla cieca, pallottole a volontà, lasciando in terra morti e feriti. Sulla notte, in un batter d’occhio, cala la tragedia. Se il criminale fosse stato il cattivo protagonista di un film di Batman, il pipistrello possente vestito di nero sarebbe arrivato, per mettere tutti al riparo. Ma il cinema non è la realtà.
Il pipistrello resta sullo schermo, e gli uomini in carne ed ossa debbono arrendersi alla follia, e cadere, innocenti, sotto i suoi colpi. È il solito folle che colpisce, indossando una maschera, da molti ritenuta una replica di quella del nuovo cattivo sullo schermo, Bane. Per quale ragione? Nessuna ragione. La ragione sta nella sua mente malata. Poco importa se ce l’ha col mondo, l’America, suo padre, sua madre, il datore di lavoro, i bianchi o i neri, le tasse o gli immigrati. Il guru del mondo contemporaneo, Andy Warhol, il volto mefistofelico nascosto fra le frange della immancabile parrucca argentata, l’aveva detto con naturale grazia: ad ognuno spetta un quarto d’ora di celebrità (mediatica). Il problema è come guadagnarsi il posto al sole della notorietà. Se proprio non ci riesci, è facile: imbraccia il fucile e uccidi un uomo famoso (John Lennon) o fai una strage, come ad Aurora.
L’eroe pipistrello salvatore della città di Gotham da sempre si batte contro la negatività. Così è stato nel fumetto. E così è stato nelle sette trasposizioni cinematografiche. In “Il cavaliere oscuro” il rivale del pipistrello era il criminale Joker, al quale il danaro non interessava: «a me serve per comprare la benzina e la polvere da sparo – dice – e costano pochissimo». Per la prima volta Batman doveva battersi contro un cattivo la cui mente è molto vicina a quella di un terrorista. Il fedele maggiordomo nel film racconta a Batman che in Birmania cercavano un criminale molto simile a Joker: non era mosso da motivazioni razionali. Voleva solo vedere il mondo bruciare.
Adesso il quadro è completo. Non c’è una ragione per uccidere. Si uccide e basta. Per il solo gusto di uccidere. Il gesto del folle di Aurora assesta una coltellata alla gola dello spettacolo, dell’evasione, del divertimento, della festa, del rito collettivo come punto di ritrovo. L’universo cinematografico è entrato in una notte oscura. Dalla quale sarà difficile uscirne. Adesso partirà il solito refrain sulla facilità di acquistare armi, sui siti pericolosi, sui gruppi pericolosi. Vedere Batman sullo schermo voleva dire avere la sicurezza che il mondo comunque qualcuno lo avrebbe salvato. Sarà ancora così dopo l’eccidio di Denver?