Se Monti e Benedetto XVI “lavorano” assieme per salvare l’Europa
03 Settembre 2012
Ha ricevuto poca attenzione la notizia che il Primo Ministro Mario Monti, prima della sua recente visita in Germania, ha avuto due colloqui a Roma. Il primo, piuttosto scontato, con il Presidente Napolitano. Il secondo, forse meno ovvio, con papa Benedetto XVI.
Senz’altro in virtù del fatto che il Pontefice ha più volte manifestato la sua preoccupazione per le sorti dell’Europa, avendo tra l’altro scritto numerose opere sull’Europa stessa lamentando che non vengono quasi mai menzionate le sue radici cristiane.
Credo, tuttavia, che vi siano ulteriori elementi atti a spiegare i motivi – non meramente protocollari – dell’incontro anzidetto. Tali motivi risiedono nella visione profondamente unitaria che Joseph Ratzinger ha del nostro continente. Uomo molto colto, non solo pastore ma anche teologo, filosofo e docente universitario di fama, l’ex arcivescovo di Monaco di Baviera ha sempre considerato l’Italia come suo secondo Paese d’adozione, pur sentendosi in primo luogo tedesco (com’è naturale).
Nonostante la riservatezza della diplomazia vaticana, è noto che il papa, dopo l’esplosione della crisi economico-finanziaria che rischia tuttora di affondare la UE, si è adoperato più volte per placare le tensioni tra i Paesi membri. E lo ha fatto in particolare – entro i limiti che gli vengono imposti dal suo ruolo – quando ha iniziato a salire la polemica antitedesca in Italia, immediatamente seguita da polemiche di segno opposto in Germania.
Certo il papa non ha strumenti che gli consentano di intervenire in modo diretto nelle controversie riguardanti il debito italiano, l’ormai celebre spread tra i nostri buoni del tesoro e i bund tedeschi e le strategie da mettere in atto per diminuire i grandi pericoli che la crisi comporta. E’ la suprema autorità della Chiesa cattolica e, in quanto tale, ha compiti di guida spirituale. Può tuttavia, facendo leva sull’ottima conoscenza delle due nazioni – la natia e quella adottiva – esercitare una “moral suasion” che alla lunga potrebbe rivelarsi efficace considerato anche il prestigio di cui gode sia a Berlino sia Roma.
Ma un altro elemento essenziale dev’essere preso in considerazione. Il papa non ha mai cessato di far notare, a volte destando qualche piccola polemica sul suolo tedesco, di sentire un profondo attaccamento per la sua regione (“Land”) d’origine, la Baviera. E’ il territorio più meridionale della federazione tedesca, ma anche uno dei più ricchi. In Germania il Sud è sviluppato e dalla Baviera, tra l’altro, provengono prodotti che agli italiani piacciono molto. Basti citare alcune marche di automobili.
Non solo. A differenza di altri “Lander” tedeschi la Baviera è a larghissima maggioranza cattolica. E’ sempre stata governata dalla CSU (Unione Cristiano-Sociale) che è federata con la CDU di Angela Merkel, partito presente invece sull’intero territorio tedesco, ma mantiene rispetto a quest’ultima una notevole autonomia.
La mediazione del papa potrebbe rivelarsi alla lunga importante proprio perché nella CSU bavarese prevalgono in questo periodo – anche per motivi elettorali – i “falchi” favorevoli a un rigore estremo e poco propensi a fare concessioni a Paesi non virtuosi economicamente come il nostro.
Credo sia plausibile pensare che, visto il contesto territoriale di cui stiamo parlando, Joseph Ratzinger possa esercitare una notevole influenza per smussare gli angoli di un dibattito divenuto troppo aspro. Non spetta ovviamente alla Chiesa e al papa risolvere i problemi dell’Unione Europea e, in particolare le tensioni italo-tedesche. Ma la storia insegna che, a volte, le esortazioni e i consigli di un’autorità spirituale possono essere efficaci anche quando i problemi sono di carattere economico e politico.