L’ombra dello stalinismo sul Caucaso

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L’ombra dello stalinismo sul Caucaso

05 Febbraio 2013

Il Caucaso sta tornando nelle mani della Federazione Russa e l’Europa presa dai suoi enormi problemi economici e dalla sua incapacità data dal suo forte dislivello strutturale, sta perdendo la sua influenza politica su questa regione chiave.

Purtroppo, il Caucaso è diventato un esempio su cui si è visto il vero declino politico dell’Ue e nel frattempo il ritorno in auge del Cremlino. Fino alla fine del 2008 c’è stata una fortissima competizione per la supremazia nel Caucaso tra la Russia e l’Occidente, che ha portato gli Stati Uniti e l’Unione Europea a tentare di stabilizzare la zona per poter liberare così i paesi caucasici dal ricatto di Mosca, ma la strategia usata non ha funzionato come sperato.

Come ben si sa, la Russia regna sovrana nella zona caucasica attraverso la strategia di "dividi e controlla" sfruttando in questo modo i conflitti regionali locali a suo esclusivo vantaggio. Un conflitto irrisolto tra l’Armenia e l’Azerbaigian è un esempio evidente di tale strategia. Il Cremlino sta giocando il ruolo del principale (finto) pacificatore in questa zona ed è interessato a mantenere lo status quo attuale all’infinito per mantenere la sua influenza il più a lungo possibile. Intrattiene ottimi rapporti con Yerevan e nello stesso tempo coltiva delle relazioni assai ambigue con Baku. Così facendo, Mosca appare assolutamente indispensabile per entrambi i paesi rivali accrescendo così il suo peso politico.

L’Europa e gli Usa hanno fatto numerosi sforzi per risolvere il conflitto di Nagorno Karabakh, ma purtroppo la forte contrapposizione tra l’Armenia e l’Azerbaigian e la posizione ambigua della Russia, ha fatto sì che non si sia mai potuto trovare un compromesso accettabile per entrambi i paesi.
E’ evidente che fino a che il conflitto di Karabakh non si sia risolto, né l’Armenia, ne tanto meno l’Azerbaigian saranno mai realmente indipendenti e padroni del proprio destino.

La situazione Georgiana è molto simile, l’Ue e gli Usa hanno puntato su Tbilisi senza mai riuscire ad ottenere i risultati sperati. Oggi, neppure lo stato georgiano (e il suo nuovo governo) appare del tutto libero di scegliere il proprio cammino a causa dei suoi territori occupati.

Nel 2008, quando l’uscita della Georgia dall’orbita russa sembrava quasi raggiunta, Mosca ha realmente mostrato le unghie… Per evitare di perdere l’influenza sulla Georgia, il Cremlino ha preferito usare la forza bruta occupando militarmente le due regioni separatiste filo-russe di questo paese. Con lo status quo attuale, la Federazione Russa è stata in grado di condizionare permanentemente la politica estera della Georgia, in quanto, nelle relazioni internazionali, senza l’integrità territoriale e la sovranità garantita, non si ottengono durevoli cambiamenti.

C’è un fattore importante da sottolineare, che riguarda direttamente l’epoca di Stalin. Fu proprio il dittatore Joseph Jugashvili, detto Stalin, ad aver pensato la creazione e dove già presente il rafforzamento di grottesche "micro autonomie" all’interno di ogni paese membro dell’URSS, pensando in questo modo di utilizzare queste piccolissime minoranze etniche (molte non indigene) come guinzaglio politico. La creazione di queste piccole "bombe" all’interno dei paesi sovrani, serviva proprio per avere la possibilità di minacciare l’integrità territoriale dei propri sudditi e per poter mantenere su di loro un controllo assoluto! 

Il fatto che queste poche migliaia di minoranze etniche ricevevano in dono lo statuto delle repubbliche autonome all’interno dei vari stati membri dell’URSS, rendevano loro per sempre legati e "grati" a Mosca che li avrebbe manovrati a piacere per il resto del loro futuro.

La Crimea in Ucraina, la Trans-Dnestria in Moldavia, lo statuto autonomo di Nagorno Karagakh degli armeni all’interno dell’Azerbaigian, e numerosi pasticci etnici effettuati all’interno dei paesi dell’Asia Centrale, rendevano Stalin sicuro di poter dare al Cremlino un’arma permanente per il controllo delle aree di propria influenza politica. Stalin, nel caso della Georgia, che fu la sua patria e che conosceva bene lo spirito ribelle della sua gente, ha addirittura creato e rafforzato ben due autonomie locali…

Insomma, siamo di fronte alle vecchie "bombe" che sono esplose a comando del Cremlino per fermare la fuga politica dei suoi ex satelliti.  Finché l’occidente non sarà in grado di promuovere la risoluzione dei conflitti regionali nel Caucaso, in Ucraina (relativa alla Crimea filo-russa) e in Moldavia (secessionisti filo-russi di Trans-Dnestria), esse rimarranno a lungo sotto la pressione della Russia. L’ONU, è estremamente debole e inadatta a risolvere questioni di questo genere.

La Russia, che detiene il diritto di veto nel consiglio di sicurezza, non potrà mai essere costretta a ritirare il proprio supporto al secessionismo all’interno di questi paesi tramite una risoluzione ONU. L’ipotetica soluzione del problema potrebbe arrivare solo mediante un accordo politico tra l’Occidente e la Federazione Russa, dove Mosca s’impegnerà a non interferire negli affari interni dei propri vicini in cambio della loro neutralità militare.  Ovviamente, non sarà per niente facile arrivare a tale accordo, ma non possiamo non riconoscere che alle nostre porte la Russia sta manipolando politicamente una regione intera, e lo fa con i vecchi metodi sovietici e con le regole del gioco più consoni agli anni ’50.