Il fantasma di Abu Omar e il loquace Winants
21 Settembre 2012
Ora che certe anticipazioni "minimizzanti" (volevano lasciar credere che l’ annosa vicenda del sequestro, avvenuto a Milano nel 2003, dell’ egiziano Usama Mostafa Hassan Nasr, noto come Abu Omar, finisse in una bolla di sapone) si sono rivelate farlocche, mentre Nicolò Pollari e Marco Mancini, in quegli anni ai vertici del servizio segreto militare, limano le strategie giudiziarie coi loro legali in vista del nuovo processo programmato alla Corte d’ Appello di Milano, Palazzo Chigi e la Casa Bianca cercano una difficile via d’uscita per i ventitré agenti della Cia a cui è stata inflitta una condanna definitiva dalla Cassazione.
Dal punto di vista politico, qualche giorno fa abbiamo assistito alla caduta, forse definitiva, del potere "protettivo" conferito al segreto di Stato riguardo operazioni dell’ Intelligence, italiana e di Paesi alleati, sul territorio nazionale, confortando la storica tesi del magistrato Armando Spataro, secondo cui "segreto non vuol dire impunità". Oltre che complicare i rapporti con Washington, la decisione della Suprema Corte, in attesa che le motivazioni ne chiariscano meglio i contorni, pone un notevole limite d’ azione per i nostri 007, d’ ora innanzi destinati, più di quanto avvenisse in passato, a soppesare il loro modus operandi, allungando inevitabilmente i tempi di decisione rispetto a situazioni che non di rado richiederebbero invece prontezza assoluta. Sia alcuni agenti di Langley condannati che il generale Pollari pongono poi, con diversi accenti, il problema dei governi che ordinano agli 007 d’ intervenire e successivamente rispettare l’ apposizione del segreto di Stato, limitando quindi i propri diritti difensivi in tribunale.
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Negli uffici delle principali agenzie spionistiche europee, ha destato un misto di sorpresa e dispetto la recente sortita del capo del controspionaggio belga, Alain Winants, che oltre a definire Bruxelles "capitale mondiale delle spie", giudizio invero piuttosto opinabile, si è anche esercitato in un’ ampia analisi su "finti diplomatici, studenti e lobbisti" e "l’ ingenuità di pensare che solo Russia, Cina e Iran si diano da fare in Belgio".La regola numero uno per un uomo al vertice dell’ Intelligence non dovrebbe essere il silenzio, specie per quanto avviene nei dintorni su cui è chiamato a vigilare?Nei prossimi incontri "conviviali", tra cioccolatini, cavolini e birre artigianali, qualche collega chiederà conto a Winants della sua originale loquacità.